29. VULNERABILE

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«Si sta svegliando! Si sta svegliando!»

Berenice riconobbe la voce all'istante. Era di Otis, lo sguattero conosciuto nelle cucine. Cosa ci faceva lì? Sentiva anche che c'era qualcun altro attorno a lei. Percepiva una strana sensazione di calore sulle braccia e alla bocca dello stomaco. Era dolore. Ma sembrava lontano, come se stesse guardando una scena orribile e lei ne fosse soltanto una spettatrice.

Quando aprì gli occhi una luce accecante le ferì le palpebre, fu costretta a chiuderli subito. Tentò di portarsi un braccio al volto, ma fu come cercare di sollevare un macigno.

«Non ti muovere» ordinò la sorvegliante, al ché Berenice sentì ogni più piccola particella del proprio essere irrigidirsi.

«Cosa succede?» riuscì a biascicare con voce rauca. Non voleva che la sorvegliante fosse lì, soprattutto considerando le sue attuali condizioni in cui non poteva minimamente difendersi.

Una voce maschile e rugosa le risuonò nelle orecchie. Una voce longeva che le fece venir voglia inspiegabilmente di grattarsi i polsi. «Sei affogata cara ragazza, abbiamo un bel discorsetto da fare noi due.» Quella voce a lei sconosciuta la incuriosì a tal punto da farle aprire gli occhi nonostante l'intensità della luce nella stanza. Ma stavolta tenne le palpebre ben aperte.

All'inizio credette di trovarsi in quella che doveva essere una biblioteca. Ma poi si rese conto che la biblioteca in cui era stata lei con Artemisia era molto più grande. Questa era più intima, fatta prevalentemente in legno scuro, con le pareti ricoperte di libri e una moltitudine di altri oggetti variegati. Mappe, boccette con dentro intrugli fumanti, persino un telescopio enorme abbellivano la stanza facendola sembrare più di una biblioteca, quasi un laboratorio o una stanza confusionaria, dove si accatastavano tante cose insieme. L'odore invece era fresco e al tempo stesso legnoso come quello di un albero bagnato dalla pioggia in piena estate. La stanza si ergeva su due livelli, separati da una robusta ringhiera in legno; entrambi culminavano su un soffitto alto e decorato con degli affreschi. La brillantezza dei colori e la precisione dei dettagli per un attimo trasportarono Berenice in un'altra epoca, ben lontana da quella in cui si trovava ora. Ma quelli non erano semplici affreschi: capì che qualcosa di magico doveva esser stato fatto al soffitto. Vide alcune nuvole fluttuare da una parte all'altra della parete. Gli affreschi delle divinità, seppur magnifici, indirizzavano lo sguardo nella stanza a loro piacimento, e si muovevano davanti ai suoi occhi come se fossero su quel soffitto in carne ed ossa.

Berenice abbassò subito lo sguardo, non aveva il tempo per far fronte a quelle stranezze in quel momento. Si rese conto di esser sdraiata su un letto bianco singolo, accanto un'altra fila di letti uguali disposti tutti sul piano ribassato rispetto al resto della stanza. Non c'era nulla su quel piano se non i letti e vari carrelli con sopra una varietà infinita di fiale e boccette.

«È bello sapere che ti sei già svegliata» disse Otis con un sorriso timido e impacciato «Dafni mi ha chiesto di venire, lei era troppo indaffarata e quindi...»

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