La percezione iniziale di quel posto non fu poi molto entusiasmante per Berenice. Dholiam, infatti, le ricordava più un bosco sperduto nel nulla, privo di qualsiasi segnò di civiltà o anche di un modesto servizio igienico, anziché un'isola al di là dei confini della Terra conosciuta, con creature mistiche di altri mondi. Berenice, non solo si sentiva stanca, impaurita e dolorante, ma era anche tremendamente infastidita da tutto ciò che la circondava in quel momento. Oltre che trovarsi ogni secondo un albero tra i piedi, questi sembravano addirittura essere in grado di muoversi e, per giunta, divertirsi nel farla cadere a terra come un sacco di patate.
Erano atterrati nel bel mezzo di un bosco, per l'esattezza in un punto piuttosto lontano dal loro luogo d'arrivo. Gaston aveva armeggiato per una buona mezz'ora con una cartina indecifrabile, maledicendo e imprecando contro Otto per aver non solo sbagliato punto di atterraggio, ma anche, e soprattutto, per aver distrutto una carrozza di inestimabile valore.
«Sei sicuro sia la strada giusta?» domandò Berenice per l'ennesima volta. Non le sembrava proprio possibile che vagare nel bel mezzo del nulla, tra gli alberi e sinistri animali, potesse realmente condurli da qualche parte. Vedeva solo una fitta vegetazione di alberi all'orizzonte, il che non sarebbe stato un problema se non fosse stato per le strane ombre che sembravano nascondersi e osservarli proprio dietro quella coltre verde. Per giunta, Berenice faticava a distinguere il terreno sotto i suoi piedi. Gli alberi fitti e alti si incurvavano su di loro, nascondendo il cielo e rabbuiando il percorso; solo alcuni spiragli di sole riuscivano a filtrare tra le foglie, riproducendo dei bagliori dorati tutt'intorno.
«Sei sicuro poi che questo luogo sia sicuro?» chiese l'istante dopo «Non vedo come nasconderci in un bosco possa impedire a quelle due malate mentali di trovarci.»
«Certo che è sicuro, betulla cara» si intromise Otto, senza lasciare a Gaston il tempo di replicare. Stava camminando qualche metro di distanza più avanti e dal suo sorriso sornione sembrava esser l'unico contento di quell'escursione fuori programma. Oltretutto, da una buona mezz'ora a quella parte, aveva assunto i panni di una guida turistica o di un esperto in botanica. Ad ogni albero che incontravano, ne descriveva puntiglioso le caratteristiche, gli anni di vita, quali animali ci abitavano e quanto sarebbe stato bello potersene portare a casa un pezzo. Insomma, tutte informazioni molto interessanti, se non fosse stato che Berenice era talmente irritata da quello sconosciuto e dal suo modo di fare che avrebbe preferito di gran lunga trangugiare un intero peperone piuttosto che sentirlo parlare ancora. E lei odiava i peperoni.
«Come mi ha ormai preceduto gentilmente Otto...» prese a dire Gaston sarcastico «Questo posto è più che sicuro. C'è una barriera che nasconde Dholiam al resto dell'umanità» aggiunse «Ed è anche una barriera protettiva. Puoi stare tranquilla, la signora Gold e Mortizia qui non ti daranno alcun fastidio.»
«Darmi fastidio» ripeté Berenice borbottando. Fece un salto per scavalcare una radice e per poco le gambe non le cedettero quando toccò il suolo «Mi da fastidio sentire suor Pina cantare alle quattro di mattina, mi da fastidio quando mi fai cadere il colore delle tempere sui miei disegni... mi danno fastidio i conati, gli attacchi d'ansia e gli incubi... quelle due non mi danno alcun fastidio Gaston. Mi terrorizzano, che è ben diverso. Infondo ne ho il diritto, no? Visto che hanno cercato di uccidermi.»
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La sguattera
Fantasy1º libro della saga dei Regales La sedicenne Berenice è sempre stata una ragazza normale, con una vita monotona e terribilmente noiosa. O almeno se così si può definire essere orfana, vivere in un convento di suore, con un gatto parlante come unico...