Paride irruppe nella stanza della sguattera, aspettandosi di trovarla rannicchiata in un angolo a piangere. Controllò persino sotto il letto, giusto per sicurezza. Ma la stanza era vuota. Quando era andato a cercarla, non era certo che si sarebbe andata a nascondere proprio lì; dopotutto, quello era esattamente il primo posto dove la sorvegliante avrebbe cercato. Tuttavia, non trovandola, iniziò a pensare che forse era più sveglia di quanto lasciasse intendere. In realtà, Paride già lo sapeva, ma avrebbe continuato a negarlo fino alla morte pur di non ammetterlo a sé stesso.
Al suo posto, zampettò verso di lui la leoncina albina che imprudentemente si era scelta una sguattera come padrona. Ma quando la cucciola si rese conto che non si trattava di lei, ma di Paride, spalancò gli occhi rossi e tentò di scappare sotto il letto. Paride fu ovviamente più veloce: la afferrò per il collo, con i suoi piagnucoli isterici di sottofondo, e la sollevò ad un centimetro dal suo volto per osservarla meglio.
Era proprio una leoncina albina, una creatura tanto rara quanto delicata. Tremava convulsamente, al ché Paride si ritrovò a pensare che non dovesse essere molto potente. Forse era soltanto piccola; magari crescendo sarebbe diventata più forte... Ma con quella sguattera per padrona, Paride sapeva bene che non sarebbe vissuta più di qualche settimana, forse qualche mese se fosse stata fortunata. Inoltre, aveva un carattere fin troppo docile per la sua razza. Tremava come un agnellino tra le sue mani, il cuore le batteva furiosamente contro il suo palmo. Sarebbe morta, e non solo per quel carattere docile, ma per essersi scelta una padrona del tutto sprovveduta. Il fatto stesso che Nice la tenesse nella sua stanza, illegalmente per di più, visto che era proibito avvicinarsi al collegio con quelle creature, lasciava supporre che non sarebbe durata a lungo.
Un vero spreco di potenziale, pensò Paride con una smorfia. Senza contare che era inaudito che un leone si legasse a una sguattera. Se i sacerdoti avessero saputo di questo legame, avrebbero fatto di tutto pur di spezzarlo. A quel pensiero non riuscì a trattenere una smorfia, sapendo bene quanto potessero essere spietati quando qualcosa si frapponeva tra loro e i loro desideri. Un leone albino era un tesoro inestimabile, troppo prezioso per sfuggire alla loro brama.
Si sedette sul letto sfatto, trascinandosi sulle ginocchia la leoncina che non aveva ancora smesso di dimenarsi. Lo sguardo gli scivolò lentamente sul caos che regnava nella stanza, un vero affronto ai suoi occhi: divise sparse per terra, coperte aggrovigliate in un angolo, persino bicchieri d'acqua rovesciati sulla scrivania. Sembrava che un uragano fosse passato di lì. Lui, così maniaco dell'ordine e della perfezione, detestava tutto ciò che era contrario alle sue abitudini. Prese un profondo respiro, cercando di dominare l'impulso di iniziare a riordinare tutto immediatamente. Ma presto l'irritazione venne sopraffatta da un'altra sensazione, ben più profonda. L'odore di Nice, un misto inspiegabile di gelo pungente e dolcezza calda, lo avvolse come una nebbia. Percepì una scarica elettrica riscuoterlo. Era un profumo che gli ricordava il fresco respiro dell'inverno e il calore dei campi coltivati. Tanto contrastante ed intenso da lasciarlo senza fiato.
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La sguattera
Fantasy1º libro della saga dei Regales La sedicenne Berenice è sempre stata una ragazza normale, con una vita monotona e terribilmente noiosa. O almeno se così si può definire essere orfana, vivere in un convento di suore, con un gatto parlante come unico...