36. NON SONO Più AL SICURO

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L'istante in cui uscirono dall'ufficio, si fece avanti la principessa degli Oscuros. Sebbene si fosse già lavata dai rimasugli di torta, sul volto traspariva ancora una certa rabbia repressa. Si diresse con passo deciso verso la preside Viperna, con un'aria a dir poco furiosa.

«Signora preside, il mio medaglione mi è stato rubato da...»

«Signorina Grinvald, non è proprio il momento,» le interruppe la preside superandola, lasciando Vine a bocca aperta. Berenice la vide pestare un piede per terra, qualcosa nel modo di fare le ricordò Artemisia, ma per la sua incolumità pensò che sarebbe stato meglio tenersi quel commento per sé. Non riuscì a non domandarsi però, se forse le principesse, per il modo in cui erano state educate, fossero ben più simili di quanto pensassero.

Ma non poté pensarci oltre visto che Vine si voltò verso di lei, inchiodandola al pavimento con i suoi occhi scuri.

«Tu sei sua complice» la accusò con estrema sicurezza, il dito puntato contro mentre si avvicinava. «Ne sono certa, te lo leggo negli occhi e su queste cose io non sbaglio mai...»

«Non ho la minima idea di quello di cui stai parlando» affermò all'istante Berenice facendo spallucce.

Fece per andarsene ma Vine le si piantò davanti. Era più alta di lei, con i tacchi poi, la superava di una decina di centimetri. La guardò priva di espressione e per un attimo Berenice le parve di sprofondare nell'abisso di quegli occhi così scuri.

Riuscì a distogliere lo sguardo solo nell'istante in cui sentì una presenza alle sue spalle.

«Vine dobbiamo parlare» disse Dorias a denti stretti. Berenice si ritrovò nel bel mezzo di due montagne. Sarebbe rimasta lì impalata probabilmente se non si fosse sentita tirare per un polso. Guardò la mano che l'aveva afferrata, era piena di calli e tagli, un anello famigliare sull'indice grosso quanto un suo dito con sopra incisa una corona. Alzò lo sguardo e vide che a trascinarla era proprio Paride.

«Che c'è?» scattò Berenice sul fondo del corridoio, staccandosi dalla sua presa. Non aveva nessuna voglia di parlare con lui. Preferiva di gran lunga quando la ignorava, esattamente come aveva fatto nelle ultime settimane a quella parte. Paride le lanciò uno sguardo veloce, sembrava aver perso ogni briciolo di presunzione per quella sera.

In quel momento, Berenice iniziò a sentire una moltitudine di voci, come un coro soffocato che si diffonde nell'aria. Si chiese se, in seguito a un evento catastrofico come quello avvenuto quella sera, ci fosse altro oltre al dolore e alla confusione.

«Dobbiamo parlare» le disse soltanto, continuando a camminare. Berenice lo seguì con un sospiro, capendo che se non lo avesse fatto, Paride l'avrebbe obbligata di forza e non aveva nessuna intenzione di esser presa in spalle come a villa Tramortine. Lo vide svoltare un corridoio e aspettarla fino a quando non lo raggiunse a sua volta.

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