Nel prossimo capitolo del mio libro, vi troverete di fronte a una scena di violenza. La violenza è purtroppo una realtà presente in molte storie, anche nella nostra. Non volevo edulcorare la realtà o nascondere gli aspetti più crudi del mondo che ho creato. Credo che sia importante affrontare questi temi, anche se difficili, per poterli comprendere meglio e, si spera, superarli.
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«Allora biscottino, ti stai trovando bene al castello?»
Berenice sentì i nervi tendersi dalla rabbia. Odiava quei soprannomi sdolcinati, le facevano venire il latte alle ginocchia. Per qualche strana ragione, però, non diede voce alla sua rabbia e per qualche altra strana ragione non raccontò nemmeno di tutto quello successo la sera precedente, e di come avesse rischiato di esser scoperta a meno di due ore dal suo arrivo. C'era qualcosa nel suo incontro con Paride che non riusciva a dire ad alta voce. Anche se avrebbe dovuto farlo visto il rischio che correva con lui in giro per il collegio. Su una cosa però Berenice era certa: se Paride avesse voluta denunciarla, l'avrebbe già fatto. Quindi, per ora, sotto quel punto di vista si considerava salva. Per ora.Si portò il te offertolo da Otto alle labbra e soffiò lentamente dentro la tazza mentre il fumo caldo le inebriava le narici.
«Quando me ne posso andare?» chiese all'improvviso, guardando Otto con la coda dell'occhio. Lo vide bloccarsi su quello che stava facendo.
«Ma sei appena arrivata!» esclamò «Vuoi già andartene?»
«Lo dici come se qui fossi in vacanza,» guardò l'interno della tazza con perplessità nell'accorgersi che il fondo era sporco. «Credo di non essere totalmente al sicuro in questo posto.»
Ripensò allo sguardo affilato della sorvegliante, o al ghigno felino di Paride o a tutti quegli studenti con il mento alzato e le armi sempre appresso. Sentì la sedia di Otto cigolare e lo vide girarsi verso di lei, per guardarla negli occhi. «So qual è il problema qui» disse il guardiano.
«Davvero?» Berenice era stupida, Otto sembrava sempre perso nel suo mondo.
«Certo che lo so» ridisse «Ti manca quel simpaticone di Gaston.» Berenice si ingobbì su sé stessa delusa «Anche a me manca sai?» continuò Otto. «Non può non mancare quel gatto ciccione peloso.»
«Ma non è questo» replicò Berenice cambiando discorso «Non voglio stare lì. Sono tutti così... così...» ma non le vennero le parole. Si scrollò di dosso quella fastidiosa sensazione di inquietudine.
«Tesoruccio è solo il primo giorno, vedrai che ti troverai bene» insistette Otto «Infondo sono la tua gente, sarebbe stato strano se ti fossi trovata bene sulla Terra.»
«Ma è tutto così diverso. Ogni volta che apro bocca ho paura di dire qualcosa di sbagliato, io credevo che avrei avuto a che fare con gli altri solo raramente e invece mi ritrovo sempre qualcuno tra i piedi» si schiarì la voce, cercando di nascondere l'ansia «Inoltre, come se non bastasse, devo pure occuparmi dei pasti di una ragazza... come si chiama...» Berenice ci pensò su con una smorfia «Artemisia ecco.»
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La sguattera
Fantasy1º libro della saga dei Regales La sedicenne Berenice è sempre stata una ragazza normale, con una vita monotona e terribilmente noiosa. O almeno se così si può definire essere orfana, vivere in un convento di suore, con un gatto parlante come unico...