11. L'ULTIMO SALUTO

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Scendere dalle scale della torre era come calarsi nel bel mezzo delle tenebre. Nonostante fosse pieno giorno non sbucava nemmeno uno spiraglio di luce lì dentro e Berenice dovette strisciare lungo la parete pur di non rischiare di precipitare giù. Ogni volta che appoggiava un piede su uno scalino, aveva come la brutta sensazione che questo non avrebbe retto il suo peso. Quando raggiunse la porta d'uscita e toccò con i piedi scalzi l'erba non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo. Alzò il capo incrociando lo sguardo di Gaston appollaiato sul balconcino.

«È dietro quella quercia, la vedi?» le disse in un sussurro indicando davanti a sé. Berenice individuò la quercia annuendo. Alle sue spalle vi trovò il cosiddetto bagno floreale, come l'aveva chiamato Otto.

«È un bagno speciale» le aveva detto Otto per incoraggiarla ad usarlo «In pochi possono vantarsi di averlo utilizzato.»

E Berenice poté capire il perché. Nascosto tra gli alberi della foresta, Berenice vide una fontana di pietra, grande quanto una vasca di piccole dimensioni con accanto un secchio scuro. L'albero in quercia, invece, era stato tagliato al centro e utilizzato come ripiano per appoggiare un pettine ricolmo di piccoli riccioli, una saponetta e uno spazzolino usato. Non c'era nient'altro.

Alla faccia del bagno. Pensò Berenice, ripensando poi alla maestosità del castello. Se Otto è il guardiano di questo posto, perché vive in un luogo così putrido nel bel mezzo della foresta se a poche miglia di distanza c'è un castello così grande?

Berenice non riusciva a comprendere un mucchio di cose, ma le sembrava che più facesse domande e meno fosse in grado di capire quello che stava succedendo.

Aprì il rubinetto della fontanella per riempire d'acqua la vasca di pietra. Poi si guardò intorno e si tolse i vestiti sudici di dosso, adagiando quelli puliti sull'erba. Nella vasca, iniziò a strofinare via lo sporco con la saponetta, intorpidendo l'acqua di un colore scuro. Non era mai stata così sporca in tutta la sua vita. Vide lividi e ferite colorarle tutto il corpo. Alcune sembravano già in via di guarigione, mentre altre, al solo leggero tocco, bruciavano così tanto e apparivano così profonde che probabilmente non sarebbero mai più scomparse.

Mentre si strofinava con la saponetta non poté far a meno di ripensare a tutte le cose che le aveva detto Gaston. Secondo il suo racconto, lei non era umana. Ma questo cosa significava realmente? Berenice non ne aveva la minima idea e una parte di lei non era per niente interessata a scoprirlo. Aveva sempre vissuto sulla Terra in convento; Gaston l'aveva protetta ma al tempo stesso, pensò Berenice con una punta d'ira, le aveva mentito facendola vivere in una bolla di vetro. Sua madre aveva rubato un oggetto potente quando lei non era ancora nata e lo aveva nascosto chissà dove per "salvare l'universo". Berenice si chiese perché sua madre fosse così ostinata a salvare il suo popolo se quelle persone non avrebbero fatto altro che perseguitarla per le sue azioni. Tornando al presente, una strega pazza era convinta che lei avesse il corno d'oro e la perseguitava per questo. Spiegarle che non era così non aveva alcun senso, semplicemente perché Mortizia non le avrebbe creduto e, con ogni probabilità, l'avrebbe uccisa. Cosa poteva fare se non nascondersi lì con Gaston e Otto, mentre Thessalia, una sconosciuta di cui solo poche ora ignorava persino l'esistenza, si occupava di risolvere la situazione?

La sguatteraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora