Con il vassoio della cena in mano, Berenice si fermò davanti alla porta della stanza della principessa, in attesa del consenso delle guardie per entrare. La porta era socchiusa e, prima di varcare la soglia, gettò un'occhiata all'interno. Artemisia era seduta sulla sua sedia a rotelle, già in camicia da notte. Quando Berenice vide quello che stava facendo, un moto di angoscia la percosse. Aveva una bambola tra le mani, le stava acconciando i capelli in una treccia mentre le parlava dolcemente a bassa voce, come se stesse confidando un segreto.
È una ragazza molto sola Berenice, le parole di Otto le rimbombarono nella mente, tu dovresti capirla più di chiunque altro.
Berenice cercò di scacciare via quei pensieri, ricordando perfettamente come la principessa non avesse esitato un solo instante a incolparla per una cosa di cui era stata lei stessa responsabile. Quelle pustole bianche sulle braccia, frutto di una delle tante punizioni inferte dalla sorvegliante, le servivano da monito costante nel ricordarle di non fidarsi di nessuno in quel luogo.
Il giorno precedente, era stata costretta a pulire delle piante ricoperte di spine acuminate, nascoste nel punto più remoto del giardino su un piano ribassato della scogliera. E soltanto a lavoro ultimato Berenice aveva compreso il motivo di quella particolare posizione: la pianta era velenosa, ma le spine in sé non rappresentavano un pericolo; al contrario, fungevano da protezione per gli altri, in quanto era la pianta stessa, con i suoi meravigliosi petali color alba, a contenere particelle nocive che giustificavano appieno il suo nome: Trucidina. La cosa peggiore era che gli effetti si erano manifestati soltanto a lavoro concluso, quando Berenice aveva iniziato a grattarsi come una forsennata e le erano comparsi quei bubboni bianchi su tutta la pelle. Non poteva provare compassione per gli altri lì dentro, o sarebbe andata a finire male per lei. Ma a quanto pare non poteva fidarsi nemmeno di Otto. Berenice non poté fare a meno di chiedersi quale sarebbe stata la sua prossima punizione per aver saltato una giornata di lavoro. Immergersi nell'oceano con gli squali? Buttarsi da un dirupo dritta sugli scogli?
Per quanto Berenice avesse sperato il contrario, la sua assenza di quel giorno non era passata inosservata e se per quella sera era riuscita ad eludere la sorvegliante piuttosto bene, sapeva anche che non avrebbe potuto farlo per sempre.
Dopo essersi assicurata che la macchia di vomito sulla divisa fosse ben nascosta dal grembiule, (appena aperto il cesto di vimini nella sua stanza quel pomeriggio, la leoncina aveva rigettato tutto quello che aveva nello stomaco su di lei), bussò leggermente alla porta. Le guardie la fissarono circospette in silenzio. Per un istante, Berenice temette che potessero vederle attraverso il grembiule; sentiva il tessuto inzuppato di vomito pulsare contro la sua pelle. Ma poi distolsero lo sguardo e Berenice entrò nella stanza, sbattendo con il vassoio contro la porta per la foga.
Artemisia era immobile sulla sedia a rotelle. Della bambola nessuna traccia, probabilmente nascosta da qualche parte.
«Sei in ritardo» la accusò senza esitare, come sempre, nonostante entrambe sapessero che non era vero.
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La sguattera
Fantasy1º libro della saga dei Regales La sedicenne Berenice è sempre stata una ragazza normale, con una vita monotona e terribilmente noiosa. O almeno se così si può definire essere orfana, vivere in un convento di suore, con un gatto parlante come unico...