Capitolo 26

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"Perduto è tutto il tempo, che in amar non si spende".

-Aminta,
Torquato Tasso

🌕

Ho ancora le parole di Venere che rimbalzano nel cervello, le urla intrise di disperazione; e quei maledetti occhi che tentano in ogni modo di penetrare nel mio intimo, con la curiosità gioviale di chi non si arrende di fronte a nessuna difficoltà

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Ho ancora le parole di Venere che rimbalzano nel cervello, le urla intrise di disperazione; e quei maledetti occhi che tentano in ogni modo di penetrare nel mio intimo, con la curiosità gioviale di chi non si arrende di fronte a nessuna difficoltà.

E non avrei mai immaginato, nemmeno nei meandri più oscuri dei miei pensieri, che lei avesse subito ciò.

È stata stuprata, violentata, con cattiveria e senza pentimento; sicuramente da un ragazzo di cui lei si fidava ciecamente, e a cui ha dato anima e cuore, come lei stessa ha confessato. Sono stordito, lo ammetto.

E l'ira ammonta sovrana, ancora una volta, perché vorrei semplicemente conoscere questo stronzo, e ridurlo all'ombra di se stesso; come lui ha fatto con Venere.

Perché lei fatica a distinguere le emozioni, o forse se n'è privata completamente, perché dopo un evento simile è già tanto che lei sia ancora in piedi, tremante, in procinto di raccogliere forse la sua anima in cocci, distribuita in pezzetti di vetro taglienti; e lei resta in silenzio, cullata dal suo stesso dolore, chiedendone di nuovo ogni giorno, semplicemente perché non conosce altro modo di vivere.

E prenderne consapevolezza, per me, è una batosta dolente. Per me, che ho sempre diffidato persino della mia ombra, e che mi ostino a ledere i corpi altrui, a far soffrire le persone, è una batosta dolente.

Lei vive d'indifferenza.

E le sue iridi ne sono la prova concreta.

Profonde, che t'inchiodano in un attimo di meraviglia, perché l'azzurro che le contraddistingue non passa inosservato, non a me. Eppure sono tremendamente vuote, spennellate di detriti, e proprio di quell'indifferenza, soprattutto verso se stessa. Non le importa di soffrire, di precipitare verso il fondo, e affronta la vita senza alcuna aspettativa.

Proprio come me.

Siamo entrambi un cumulo di cenere, col peso di una vita sregolata sulle spalle, e i peccati consapevoli a ledere copiosamente ogni cardine dei nostri corpi.

Eppure, ne sono certo, io sono la creazione più riuscita del Demonio, meschino, calcolatore, narcisista, megalomane, privo di sensi di colpa.

Ma lei no.

Lei è una creazione celestiale di Dio, un angelo caduto, a cui il Demonio si è divertito a spezzare le ali. Perché lei è bella, bellissima. Ha la sensualità dipinta nell'indole, la delicatezza che le veste benignamente il corpo da modella. E non deve minimamente sforzarsi, a differenza delle altre donne, false e stereotipate.

Black Swan [Bruno Bucciarati]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora