Capitolo 33

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"Ma sono così dolci gli strali d'amore,
il suo ardore e il suo vincolo tanto lievi,
che mille inflessibili e mortali dolori
non valgono un piacere che si riceve.
Anzi, l'anima beve il conosciuto veleno,
pur ignara dei suoi mali
e il cuore cerca una prigionia volontaria
in quegli occhi dove si trova il suo dolore"

- Adone, Canto primo.

🌕

Il sole domina alto nel cielo, con una potenza che disarma, quasi

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Il sole domina alto nel cielo, con una potenza che disarma, quasi.

Le strade di Napoli sono affollate, colme di turisti curiosi, ed io tento di non rimanere intrappolata nella folla. Sono le 10:30 del mattino, la giornata è ancora lunga; ed io sto raggiungendo l'università. Non per seguire le lezioni, bensì per trascorrere del tempo con le mie migliori amiche. Mi stanno aspettando nella sede di Porta di Massa, ormai luogo di ritrovo più comune degli studenti della Federico II.

I minuti trascorrono veloci, accompagnati dalla musica che sovrasta il mio campo uditivo, allontanandomi dai rumori esterni, dal rombare dei motorini nei vicoli, e dal vociare delle persone impegnate in conversazioni intricate.

La strada si accorcia a mano a mano, e via Mezzocannone appare finalmente dinanzi ai miei occhi, con le varie sedi dell'università alla mia sinistra. Rallento il passo, e i nervi si distendono in un improvviso moto di tranquillità, forse dettato da una canzone che amo, e che amerò per sempre: Ancora, di Eduardo de Crescenzo. La mia preferita fra tutte.

La sua melodia mi ha sempre trasportata, fin da bambina. Delicata, dolce, dolente e rammaricata, in un pathos colmo di ricordi felici e amore incondizionato. Mia madre me la fece ascoltare in un giorno d'estate. Avevo otto anni, ed eravamo entrambe sedute, in attesa delle pizze, mentre mia nonna sistemava una tovaglia sul tavolo in terrazzo.

Amai ogni nota di questa canzone; ogni intervallo temporale, congiunto alle parole poetiche che la rendevano semplicemente perfetta.

E ancora la amo. E la amerò per sempre.

Mi accorgo di essere giunta all'incrocio non prima di aver notato lo sfrecciare furente delle auto, che appaiono quasi invisibili, talmente la loro velocità sfori il contachilometri. Attendo semplicemente che il semaforo mi conceda di passare.

«Vin, siamo qui!» Emilia mi regala un cenno della mano, che ricambio, un piccolo sorriso a contornarmi le labbra. Eseguo gli ultimi passi, fino all'ingresso della scala C, e mi accomodò sul muretto, liberandomi dello zaino.

«Ti ostini a portare questo cazzo di coso.» Rossana sbuffa. Scrollo le spalle «Mia madre non sa che non seguo, quindi sono costretta a portarlo.» apro lo zaino, estraendo un pacchetto di sigarette «Volete?» porgo la mano verso le due donne. Emilia accetta volentieri.

Riesco a rilassarmi del tutto, soprattutto quando aspiro il primo tiro di sigaretta. Non fumo spesso, ma a volte ho bisogno di scaricare la tensione. È una concezione psicologica il fumo, ne sono consapevole. Com'era consapevole Zeno Cosini.

Black Swan [Bruno Bucciarati]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora