"Non è difficile diventare padre. Essere un padre: questo è difficile".
- Wilhelm Busch
🌕
Il silenzio si spande delicatamente nel salone di casa mia. Mi avvolge il corpo in un movimento lento e ben calcolato, permettendo ai miei muscoli di rilassarsi; o forse è solo l'ennesimo tiro di sigaretta a soggiogarmi, forte di essere almeno la terza nel giro di un paio d'ore.
Non fumo molto, ma esistono giorni nei quali preferirei trasformami in cenere, così da poter sparire con un semplice colpo di vento; non lascerei tracce di me.
Solo un ricordo, o forse nemmeno quello.
Ho sempre pensato che fosse semplice dimenticarmi; perché la mente tenta di accantonare le persone negative, i loro gesti, qualsiasi cosa che gli appartiene.
Ed io sono l'esatta incarnazione di un reietto.
A chi mancherebbe un uomo che fa la malavita, con omicidi sulle spalle che nemmeno Dio riesce più a quantificare?
Non mancherei a nessuno, e questa verità ho imparato ad accettarla da tempo, dipingendola prima sulla pelle, e poi l'ho iniettata direttamente nelle mie vene; in una sorta di veleno che mi consuma col trascorrere incessante dei giorni.
Mi lede senza procurarmi dolore, ma sono consapevole di quanto sarà devastante.
Com'è stato Natale quest'anno.
Un vero disastro devastante.
Troppe informazioni da incanalare tutte insieme, troppe emozioni che avevo ripudiato anni addietro, o che non credevo di poter provare; proiettili che mi hanno squarciato l'anima, fino a farla sanguinare della sua stessa pece.
E le lacrime.
È quando ho iniziato a piangere che ho avvertito i detriti del fondo, la profondità infinita del burrone nel quale mi sono gettato a capofitto.
Ho pianto.
Ed erano anni che non accadeva. Non avrei mai creduto che avessi potuto rifarlo, nemmeno se fosse arrivato Dio dall'alto dei cieli e me l'avesse confessato in una notte tranquilla di primavera; anche perché con me la primavera diventa automaticamente inverno. Dovunque io metta piede, la morte scivola sulle pareti, dilagando silenziosa, fino ad inglobare tutto, tutti.
«Come ti senti?» la voce di Venere mi distrae dai pensieri. La noto al mio fianco, che si accomoda sul divano, proprio di fronte a me. Sorride lieve, prima di raccogliere la mia mano fra le sue minuscole. Le accarezza con calma. Scrollo le spalle «Non lo so.» parlo con la sincerità dipinta in volto.
Dopo Natale ho avuto la febbre; e tutto ciò che ho scoperto non ha fatto altro che peggiorare i miei giorni, rendendoli un'agonia pura.
Lorenzo è il mio vero padre.
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Black Swan [Bruno Bucciarati]
Fanfiction«Quindi lavori qui, dopo l'università?» «Ti dispiace?» «Al momento no.» 🌕 «Hai degli occhi tremendamente belli, per essere così vuoti.» «Che ne sai tu? Non conosci niente di me.» «Non ho bisogno di conoscerti per capire quanto tu sia cresciuta in f...