Erano rimasti soli nella sala del trono. Alyah osservava il Re perso nel suo dolore, non riusciva ad accettare quanto detto poco prima. Non era più l'Oracolo ma non si sentiva nemmeno una principessa. Chi era dunque?
«Figlia mia» la voce roca di Atamante la fece sussultare.
Non si sentiva degna di quell'appellativo. Non sapeva come rispondere "dimmi padre" oppure "sua Maestà dica"? Restò dunque in silenzio pregando che proseguisse.
Re Atamante si alzò quasi barcollando dal trono, aveva appena perso una figlia e ora doveva mandare la più piccola verso l'ignoto in una missione suicida. Era un guerriero, era consapevole che quella fragile creatura non era forte abbastanza per il viaggio che l'attendeva.
Cosa doveva fare? Aveva già perso così tanto.
«Avvicinati» disse scendendo i tre gradini.
Alyah obbediente si posizionò davanti a lui. Aveva gli occhi lucidi il suo Re, profonde occhiaie e nuove rughe sul volto.
L'abbracciò e con voce rotta iniziò a ripetere «mi dispiace mi dispiace» per poi scoppiare in un pianto.
Le emozioni si attorcigliavano attorno al cuore così strette che Alyah faticava a respirare.
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Altea uscì dal palazzo in preda a diversi sentimenti contrastanti. Rabbia nei confronti dei sacerdoti, e di tutti quelli che avevano sostenuto quest'idea ridicola della leggenda, sconforto nel vedere il suo Re così abbattuto e incredulità nello scoprire che quella ragazzina fosse la principessa. Ora doveva ritrovare lo stato d'animo adatto per mettere insieme un piano strategico che permettesse a tutti di sopravvivere a questa missione suicida.
Avvicinandosi alla caserma scorse uno dei suoi sottoposti.
«Michael» disse affrettando il passo «avvisa tutti di venire nella sala delle riunioni»
Lui alzò sul suo capitano uno sguardo preoccupato «Sì, Altea» ma non aggiunse altro.
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Poche ore prima dell'alba Alyah venne accompagnata da un messo alla caserma. Indossava ancora gli abiti da sacerdotessa e sulle spalle portava il mantello di Teti. Era terrorizzata all'idea di entrare e finire ancora sotto gli occhi di tutti. Sperò che Teti fosse presente, almeno poteva contare su un volto amico.
Entrò nella Grande Sala e cercò di concentrare la propria attenzione sull'aspetto del luogo che sui presenti, in modo da ridurre il più possibile l'impatto emotivo derivante dai loro sguardi curiosi e giudicanti. Fino a poche ore prima non era altro che una creatura illusoria, un essere interposto tra gli Dei e gli umani. Adesso, improvvisamente, era diventata una persona in carne ed ossa, pari agli altri. La sua presenza aveva distrutto parte di un culto. Sentiva sulle spalle tutto quel peso.
Fece un bel respiro e si guardò intorno: al centro della sala vi era situato un grande tavolo in noce dove erano seduti i guerrieri che discutevano. Nessuno si era accorto della sua presenza. Dietro alla sedia di Altea vi era una carta geografica rappresentante i regni conosciuti. Appesi sui muri vi erano spade e scudi di valorosi guerrieri morti in battaglia. Accanto alla porta d'ingresso un'armatura, forgiata in oricalco, incastonata di pietre preziose e con incisi in oro i simboli del regno, era l'armatura di Re Atamante.
«Principessa» Altea aveva alzato lo sguardo dalla mappa che stava leggendo notando la sua presenza.
Ad Alyah si gelò il sangue sentendosi chiamare in quel modo. Il messo che l'aveva accompagna si congedò con un inchino abbandonandola agli sguardi dei presenti. Una figura a lei familiare si alzò avvicinandosi.
«Stai bene?» chiese con un sussurro Teti.
Sentire che quel suo modo familiare di interloquire non fosse minimamente cambiato, nonostante gli ultimi eventi, scaldò il cuore ad Alyah.
Il comandante riprese a parlare «Loro sono i guerrieri che ci accompagneranno: Aron, Michael , Kahel, Araxe, Tmolus» e li indicò «Si sono offerte come volontarie anche Danae e Demetra, e Teti si occuperà della vostra sicurezza»
Teti non voleva rinunciare al compito di proteggerla, lo aveva fatto per tutti questi anni. Voleva bene ad Alyah come se fosse la sua sorellina, non l'avrebbe mai abbandonata. Non le importava che lei fosse l'Oracolo o la principessa, conosceva la persona che si celava dietro a quegli stupidi appellativi e solo lei contava.
«Sedetevi» Teti la fece accomodare al suo posto e rimase in piedi dietro di lei incoraggiandola con una mano posata sulla spalla.
«La nostra speranza è di penetrare nelle mura avversarie di sorpresa» Altea stava riassumendo quanto deciso «Siamo in pochi e senza appoggi, se ci trovano per noi è la fine. Sinceramente questa missione è un massacro. Non vi assicuro di tornare vivi. Non sappiamo cosa sta succedendo in quei territori, ormai sono mesi che non riceviamo più missive dai castelli» si fermò trafiggendo con lo sguardo Alyah «Siete sicura di voler venire con noi?»
«Si» Alyah non aveva più voce, avrebbe voluto dire tante cose: che non era una sua scelta, era un obbligo verso un uomo che sosteneva di essere suo padre e verso una sorella che neppure conosceva, che in realtà non sapeva cosa volesse davvero ma si sentiva travolta dagli eventi e non aveva possibilità di fuggire. Stava vivendo in un incubo, tutto accadeva troppo in fretta. Non riusciva a pensare lucidamente.
«Va bene. Partiremo alle prime luci dell'alba. Andate a prepararvi, ormai manca molto poco» Altea temeva la presenza della fanciulla, aveva paura che risultasse solo d'intralcio alla delicata missione. Era meglio che partissero solo guerrieri ben addestrati, come quelli che aveva scelto, ma ad un ordine di Sua Maestà non avrebbe disubbidito. Sapeva di non poterla difendere in territorio nemico, come poteva farla tornare sana e salva ?
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Muir
FantasiMuir in celtico significa "Nata dal mare" Questo racconto nasce in un giorno di pioggia tanti anni fa. E oggi, in un giorno di pioggia, ve ne faccio dono. Due sorelle separate dalla nascita. Un'avventura che trascende il tempo e ci riporta in luoghi...