30༄"Nulla, è che sei davvero stupido."

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Il fatidico giorno arrivò fin troppo velocemente e, nonostante Minho avesse preparato tutto nei minimi dettagli, - studiando perfino altri tre piani aggiuntivi - si sentiva estremamente in ansia.

E se non riesco ad aiutarlo? E se si fa male? E se non riesce a controllarsi? E se per lui è troppo forte il potere della luna piena?  Domande su domande gli tartassavano la testa, tanto che spesso si ritrovava con le iridi infuocate dal nervoso o a volte finiva addirittura per doversi sedere un attimo a causa degli svarioni improvvisi causati dal sovraccarico di pensieri e preoccupazioni.

Ora era uno di quei momenti. Aveva la testa pesante premuta tra i suoi palmi e qualche ciuffo corvino finiva per essere tirato tra le sue dita, in una tentata valvola di sfogo che tuttavia non gli dava pace.

«Min? Tutto bene?»

La voce di Jeongin giunse ovattata alle sue orecchie e non rispose, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento della sua camera.

Non udì nessun'altra parola, ma intravide i piedi del minore avvicinarsi a lui e successivamente il letto su cui era seduto sprofondare al suo fianco.

Poi un tocco delicato si adagiò sulla sua spalla come segno di conforto, un "se vuoi parlare ci sono", che non aveva bisogno di essere specificato a voce.

Minho gliene fu grato, non se la sentiva di esporre ciò che provava, perché sapeva che se avesse aperto bocca avrebbe iniziato a delirare e imprecare come un dannato.

Rimasero avvolti dal silenzio per un'altra manciata di minuti e solo allora Jeongin decise di prendere parola «so che non sei nel tuo periodo migliore e so che sei preoccupato per lui, ma ora ha bisogno di te, Minho.»

Quella frase pronunciata con un lento sussurro gentile fece calmare il maggiore e si costrinse ad alzare il capo una volta per tutte, incontrando il sorriso genuino dell'amico.

«È rinchiuso nella sua stanza da ormai tre ore e non c'è verso di farlo uscire. Noi non lo conosciamo bene quanto te, anzi, non lo conosciamo affatto, eppure quello di cui siamo tutti certi è che ha bisogno di te al suo fianco. Ora più che mai necessita della tua protezione come suo custode e, per quanto tu possa essere agitato da tutto questo casino, lui lo sta vivendo in prima persona e si starà distruggendo dall'ansia, rinchiuso nel suo mondo in cui è convinto di dover stare pur di non ferire le persone attorno a lui. Forse ti sembrerò esagerato, ma fidati, capisco quello che prova e non auguro a nessuno quello che ho passato e da cui ora sta venendo risucchiato Jisung.» nonostante il dolore vissuto sulla sua stessa pelle, il sorriso non vacillò mai sul suo volto angelico, al contrario, aumentò, e questo lo doveva a tutti i suoi amici e soprattutto a Chan, il ragazzo che fin dal loro primo incontro gli aveva stravolto la vita in meglio.

Minho venne colpito più di quanto si aspettasse da quel discorso, non tanto per il fatto che fosse Jeongin, quanto il modo in cui l'aveva pronunciato.

L'aveva sempre visto solare e allegro e anche ora, con tutta la sofferenza traspirabile da sentimenti lontani, continuava a sorridere.

Questo spinse il corvino a ricambiare e scompigliargli affettuosamente la chioma bionda «grazie Yena, ci penso io a lui, tu torna dal tuo fidanzatino prima che mi denunci per rapimento.»

Il minore rise e, accompagnato da un ultimo cenno della mano, ritornò in soggiorno dagli altri, lasciando aperta la porta della camera da letto.

Per la prima volta dopo giorni, Minho svuotò la mente e senza tanti ripensamenti seguì le tracce del maknae, fermandosi nel corridoio e picchiettando due volte le nocche sulla porta dietro la quale sapeva si trovasse il suo obbiettivo.

Non ottenne risposta, così - pensando a quante volte avevano cercato di entrare anche gli altri - decise di presentarsi «Jis, sono Minho, posso entrare o hai intenzione di rimanere chiuso lì dentro per sempre?»

Reliance on INFERNO~MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora