8 TESSA

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«UN motel, non riesco a crederci.» Si passa le mani nei capelli.
«Già, neanch'io.»
«Puoi restare nell'appartamento, io tornerò alla confraternita.»
«No.» Non succederà.
«Per favore, non fare la difficile», dice massaggiandosi la fronte.
«La difficile? Ma tu scherzi! Non dovrei neppure rivolgerti la parola!»
«Ti vuoi calmare? E mi spieghi cos'ha la tua macchina? E perché quel tizio era al motel?»
«Non so cos'abbia la mia macchina», rispondo in un lamento.
Quanto a Trevor, non sono affari suoi.
«Le darò un'occhiata.»
«No, chiamo qualcuno. Vattene.»
«Ti seguo fino al motel.»
«Smettila», ringhio. «È un gioco, per te? Vuoi vedere fino a che punto puoi torturarmi?»
Fa un passo indietro come se l'avessi spintonato. Trevor mi aspetta ancora in macchina.
«No, niente del genere. Come puoi pensarlo, dopo tutto quello che ho fatto?»
«Esattamente. Lo penso proprio a causa di tutto quello che hai fatto», dico, e quasi mi viene da ridere.
«Voglio solo che mi parli. So che possiamo risolvere questo problema.» Ha fatto così tanti giochetti con me, fin dall'inizio, che non capisco più cos'è vero e cosa no. «So che anche tu senti la mia mancanza», continua, e si appoggia alla macchina.
«È questo che vuoi sentirti dire? Che mi manchi? Certo che mi manchi, ma sai una cosa? Non sei tu a mancarmi, è la persona che credevo tu fossi, e ora che so chi sei davvero non voglio avere niente a che fare con te!» grido.
«Hai sempre saputo chi ero davvero! Sono sempre stato me stesso, fin dal primo giorno, e lo sai!» sbraita. Perché non riusciamo mai a parlare senza strillarci in faccia? Perché mi fa diventare matta, ecco perché.
«No, non lo so. Se lo sapessi...» Mi fermo prima di ammettere che vorrei perdonarlo. Quello che voglio e quello che devo fare sono due cose molto diverse.
«Cosa?»
«Niente, ora te ne devi andare.»
«Tess, non sai quanto sono stato male in questi giorni. Non riesco a dormire, non vivo più senza di te. Devo sapere che c'è una possibilità di...»
Lo interrompo subito: «Quanto sei stato male?! Tu?» Come può essere così egoista? «E come pensi sia stata io, Hardin? Immagina come ci si sente a vedersi distruggere la vita nel giro di poche ore!
Ad amare profondamente una persona e donarle tutta te stessa, e poi scoprire che era solo un gioco, una scommessa! Come pensi che ci si senta?» Faccio un passo verso di lui, minacciosa. «Come pensi che mi sia sentita a rovinare il rapporto con mia madre, per colpa di una persona a cui non frega un cazzo di me? Come pensi che si stia nella camera di un maledetto motel? Credi che sia facile tentare di lasciarsi alle spalle tutta questa storia, quando tu salti fuori ogni momento? Non capisci quando è ora di smettere!»
Non risponde, perciò continuo la sfuriata. Una parte di me teme di essere troppo dura con lui, ma so che se lo merita, perché il suo tradimento è stato orribile.
«Quindi non venirmi a dire che hai sofferto tanto, perché è tutta colpa tua! Sei stato tu a rovinare tutto, come sempre! Perciò non mi dispiace per te... Anzi, sì: mi dispiace per te perché non sarai mai
felice. Resterai solo per tutta la vita. Io riuscirò a dimenticarti, troverò un bravo ragazzo che mi tratterà come avresti dovuto trattarmi tu, ci
sposeremo e avremo dei figli. Sarò felice.»
Non ho più fiato. Hardin mi guarda attonito; ha gli occhi rossi.
«E sai qual è la cosa peggiore, in tutta questa storia? Che avevi avvertito che mi avresti rovinata, e io non ho ascoltato nessuno.»
Cerco disperatamente di fermare le lacrime, ma non ci riesco. Mi scorrono senza pietà sulle guance, il mascara cola e mi brucia gli occhi. «Mi... mi dispiace. Ora vado», mormora lui. L'ho sconfitto, proprio come volevo, ma non provo la soddisfazione che speravo.
Forse avrei potuto perdonarlo, all'inizio, se mi avesse raccontato la verità, anche dopo essere andati a letto insieme. Invece me l'ha nascosto, ha comprato il silenzio di altre persone e ha cercato di intrappolarmi facendomi firmare il contratto d'affitto. I miei primi momenti di intimità sono un'esperienza che non dimenticherò mai, e lui me l'ha rovinata.
Corro alla macchina di Trevor. Il riscaldamento è acceso, mi investe il viso mescolandosi alle lacrime. Trevor resta in silenzio mentre torniamo al motel, e gliene sono grata.
Al tramonto mi costringo a fare una doccia calda, molto calda. Ho ancora negli occhi l'espressione di Hardin mentre indietreggia da me e sale in macchina. Vedo il suo viso ogni volta che li chiudo.
Il mio telefono non ha più squillato. Ingenuamente pensavo che potesse funzionare, che nonostante le differenze tra noi e il suo brutto carattere... be', il brutto carattere di entrambi... saremmo riusciti a stare insieme. Non so come, ma alla fine riesco a
addormentarmi.

La mattina seguente sono un po' nervosa all'idea del mio primo viaggio di lavoro. E per di più ho dimenticato di telefonare al meccanico. Cerco il più vicino e lo chiamo. Probabilmente dovrò pagare un extra perché mi tengano la macchina nel weekend, ma al momento è l'ultimo dei miei problemi.
Mi preparo, arriccio i capelli e mi trucco più del solito. Scelgo un abito blu scuro che non ho mai messo, e che ho comprato perché sapevo che sarebbe piaciuto a Hardin. Arriva fin sotto al ginocchio e ha le maniche a tre quarti, ma è aderente e mi dona molto.
È terribile come ogni particolare mi faccia pensare a lui.
Guardandomi allo specchio immagino cosa ne penserebbe lui di questo vestito, il modo in cui si prenderebbe il piercing tra i denti, come si dilaterebbero le sue pupille...
Qualcuno bussa alla porta, riportandomi alla realtà.
«Miss Young?» chiede un uomo in tuta da meccanico non appena apro.
«Sono io», rispondo, e vado a prendere le chiavi in borsa. «Ecco, è la Corolla bianca.»
«Corolla bianca?» chiede confuso, guardando alle proprie spalle.
Esco. La mia macchina è... sparita.
«Ma cosa... Okay, aspetti, chiamo la reception per sentire se l'ha portata via il carro attrezzi.» Che splendido modo di iniziare la giornata.
«Pronto? Sono Tessa Young, stanza trentasei», dico al telefono.
«Per caso mi avete fatto portar via la macchina?» Cerco di essere cortese, ma sono molto irritata.
«No», risponde l'uomo.
Mi gira la testa. «Okay, be', allora chi è stato?...» Sono nei guai fino al collo. Tra poco devo partire per andare in ufficio.
«È venuto a prenderla il suo amico stamattina.»
«Il mio amico?»
«Sì, quello con... tutti quei tatuaggi.» Parla a bassa voce, come se temesse che Hardin possa sentirlo.
«Cosa?!» esclamo inorridita.
«Sì, è venuto con un carro attrezzi, un paio d'ore fa. Scusi, pensavo che lo sapesse...»
«Grazie», concludo riagganciando. Mi giro verso l'uomo che mi aspetta sulla porta e gli dico: «Mi scusi. A quanto pare qualcuno ha già fatto portare la macchina da un altro meccanico. Non lo sapevo;
mi dispiace di averle fatto perdere tempo».
Sorride e mi assicura che non c'è problema.
Dopo il litigio di ieri con Hardin, avevo dimenticato che stamattina avrei avuto bisogno di un passaggio. Chiamo Trevor, che mi dice di aver già chiesto a Mr Vance e Kimberly di passare a prendermi. Lo ringrazio, riaggancio e scosto le tende alla finestra. Un'auto nera entra nel parcheggio e si ferma davanti alla mia stanza. Il finestrino si abbassa e vedo i capelli biondi di Kimberly.
«Buongiorno! Siamo venuti a salvarti!» annuncia con una risata quando apro la porta. Trevor è così premuroso, così brillante.
L'autista scende, mi saluta accennando a togliersi il cappello, mette la mia borsa nel portabagagli e mi apre la portiera. Kimberly mi fa cenno di sedermi accanto a lei; Mr Vance e Trevor mi guardano divertiti.
«Pronta per il weekend fuori porta?» mi chiede Trevor con un gran sorriso.
«Non sai quanto», rispondo, e salgo in macchina.

After un cuore a mille pezziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora