29 TESSA

25 1 0
                                    

VADO in bagno a struccarmi e darmi una sistemata. L'acqua tiepida lava via i residui della mattinata difficile che ho passato. A dirla tutta sono contenta di essere qui: nonostante quello che è successo tra
me e Hardin, sono felice di sapere che posso ancora rifugiarmi da lui. È l'unica costante della mia vita; ricordo che una volta me l'ha detto. Mi chiedo se lo pensasse sul serio; in ogni caso, so che lo pensa ora. Vorrei solo che mi parlasse di più dei suoi sentimenti. Da quando lo conosco non l'avevo mai visto esprimere tante emozioni come quando ha pianto ieri. Vorrei tanto sentire le parole che stanno
dietro quelle lacrime.
Torno in camera e lo trovo intento a posare a terra le mie borse.
«Sono sceso di sotto a prendere le tue cose.»
«Grazie, spero proprio di non disturbare», gli dico tirando fuori una maglietta e un paio di pantaloni della tuta. Non vedo l'ora di togliermi questo vestito.
«Ti voglio qui con me, lo sai, vero?» mormora. Alzo le spalle e lui si rabbuia. «Ormai dovresti saperlo, Tess.»
«Sì, ma... c'è anche tua madre, e io mi presento qui in lacrime, con tutti i miei problemi...»
«Mia madre è felice che tu sia qui, e anch'io.»
È bello sentirselo dire, ma cambio argomento. «Avete progetti per oggi?»
«Penso che mia madre volesse andare al centro commerciale. Ma possiamo andarci domani.»
«Andate pure, troverò qualcosa da fare.» Non vede sua madre da più di un anno, non voglio rovinare i loro piani.
«No, non preoccuparti. Non è bene che tu resti sola.»
«Starò benissimo.»
«Tessa, cosa ti ho appena detto?» ringhia. Alzo gli occhi su di lui.
A quanto pare ha dimenticato che non può decidere al posto mio.
Nessuno può più farlo.
Si corregge: «Scusa... tu resta qui, io vado a fare shopping con lei».
«Così va meglio», rispondo accennando un sorriso.
Sto per cambiarmi, e proprio mentre mi tolgo il vestito lui bussa alla porta. «Tess?»
«Sì?»
Un istante di silenzio, e poi: «Ti trovo qui quando torniamo?»
Sbuffo in una risata. «Sì, tanto non saprei dove altro andare.»
«Okay. Se hai bisogno di qualcosa chiamami.»
Pochi minuti dopo sento chiudersi la porta di casa ed esco dalla stanza. Avrei fatto meglio ad andare con loro, così non sarei rimasta sola con i miei pensieri. Vedo la televisione per un'ora e mi assale la noia. Ogni tanto sento vibrare il telefono e il nome di mia madre appare sul display. Non rispondo. Mi metto a leggere un ebook per passare il tempo, ma non riesco a smettere di guardare l'orologio.
Vorrei scrivere a Hardin per sapere quando tornerà, invece decido di preparare la cena per ingannare l'attesa. Qualcosa di semplice ma che richieda un po' di tempo... ecco, le lasagne.
Ben presto arrivano le otto, poi le otto e mezzo, e alle nove medito nuovamente di scrivergli.
Ma cosa mi prende? È bastato un litigio con mia madre per farmi tornare tra le braccia di Hardin? Tuttavia, se devo essere sincera con me stessa, non mi sento pronta per una vita senza di lui. Non voglio
niente di serio con lui, però sono stanca di lottare contro me stessa.
Mi ha fatto soffrire molto, eppure senza di lui sto ancora peggio di come stavo quando ho scoperto della scommessa. Questa mia debolezza mi irrita e al tempo stesso mi rende confusa; ho bisogno ancora di un po' di tempo per riflettere, per vedere come stiamo insieme.
Le nove e un quarto. Ho finito di apparecchiare e di ripulire la cucina, e sono solo le nove e un quarto. Gli scriverò un breve messaggio, solo un saluto. Nevica, quindi voglio solo controllare che stia bene, per stare sul sicuro.
Ma proprio mentre prendo il telefono, la porta si apre. Poso il cellulare senza farmi vedere mentre Hardin entra con sua madre.
«Allora, com'è andato lo shopping?» gli chiedo nello stesso istante in cui lui esclama: «Hai preparato la cena?»
«Prima tu!» ribattiamo in coro, e scoppiamo a ridere.
Alzo una mano e dico a lui e a Trish: «Sì, ho cucinato. Ma se avete già mangiato fa lo stesso».
«Che buon profumino!» fa sua madre osservando la tavola imbandita. Posa subito i sacchetti, va a lavarsi le mani e si siede a tavola. «Grazie, cara. Il centro commerciale era un inferno, pieno di gente per gli ultimi acquisti prima di Natale. Chi è il pazzo che aspetta gli ultimi giorni prima di Natale per comprare i regali?»
«Be', tu», ribatte Hardin, versandosi un bicchiere d'acqua.
«Oh, sta' zitto», lo rimprovera lei, addentando un grissino.
Hardin si siede accanto alla madre e io prendo il posto davanti a lei. Durante la cena Trish mi racconta che hanno visto un uomo che veniva fermato dalla sicurezza per aver tentato di rubare un vestito da Macy's. Devo ammettere che la cena che ho preparato è più buona del solito, e in tre mangiamo quasi tutta la teglia di lasagne.
Anch'io faccio il bis: non devo più arrivare a cena con lo stomaco vuoto.
«Ah, abbiamo comprato un albero di Natale», dice a un tratto la madre di Hardin. «È piccolo, ma dovete per forza averne uno, soprattutto visto che sarà il vostro primo Natale insieme!»
Anche prima che andasse tutto a rotoli, io e Hardin non avevamo mai parlato dell'eventualità di fare l'albero. Ero così distratta dal trasloco, e da Hardin in generale, che mi ero quasi dimenticata che fossimo sotto le feste. Nessuno dei due era interessato al Ringraziamento – lui perché non è americano, e io perché non volevo passarlo nella chiesa di mia madre – e quindi avevamo ordinato una pizza ed eravamo rimasti al mio dormitorio.
«Non è un problema, vero?» mi chiede Trish.
Mi rendo conto che non le ho risposto. «No, certo che no», faccio poi. Guardo Hardin e vedo che sta fissando il piatto vuoto.
Trish cambia argomento, per fortuna. Dopo qualche minuto annuncia: «Be', mi piacerebbe fare le ore piccole con voi giovani, ma ho bisogno di riposare». Mi ringrazia di nuovo, lascia il piatto sporco
nel lavello, ci dà la buonanotte e bacia Hardin sulla guancia; lui si ritrae irritato, ma lei sembra contenta di quel breve contatto. Poi viene da me, posa le mani sulle mie spalle e mi bacia sulla fronte.
Hardin la guarda storto e io gli sferro un calcio sotto il tavolo. Dopo che lei se n'è andata mi alzo per sparecchiare.
«Grazie di aver preparato la cena, non dovevi», mi dice Hardin, poi andiamo in camera.
«Stavolta posso dormire io sul pavimento, dato che la scorsa notte ci hai dormito tu», mi offro, anche se so che non me lo permetterebbe mai.
«No, non preoccuparti, non è poi così male», replica come avevo previsto.
Mi siedo sul letto mentre Hardin stende le coperte a terra. Gli lancio due cuscini, lui mi fa un sorrisetto e inizia a sbottonarsi i jeans.
Devo assolutamente distogliere lo sguardo. Preferirei di no, ma so che devo. Vedendo guizzare i suoi muscoli sull'addome tatuato mentre si china per sfilarsi i pantaloni ricordo quanto sono attratta da
lui, nonostante la rabbia. Indossa un paio di boxer neri aderenti. Alza la testa per guardarmi.
«Scusa», mormoro arrossendo.
«Scusa tu. È l'abitudine», risponde con noncuranza, e va a prendere il pigiama.
Tengo gli occhi fissi sul muro finché lui, in tono beffardo, fa: «Buonanotte, Tess», e spegne la luce.

Un rumore mi sveglia. Resto a guardare il buio. Poi lo sento ancora. È la voce di Hardin. «No! Per favore!» piagnucola.
Oh merda, un altro dei suoi incubi. Salto giù dal letto e mi inginocchio accanto a lui.
Si dimena nel sonno e strilla ancora più forte: «No!»
«Hardin! Hardin, svegliati!» gli sussurro all'orecchio scuotendolo per le spalle.
Ha la maglietta madida di sudore e i lineamenti distorti. Apre gli occhi e si tira a sedere di scatto. «Tess...» ansima, e mi abbraccia.
Gli accarezzo la schiena. «Va tutto bene», lo rassicuro, e lui mi stringe più forte. «Vieni a letto.» Mi alzo, lui si aggrappa alla mia maglietta e mi segue.
«Ti senti bene?» gli chiedo quando si sdraia.
«Sì. Puoi prendermi un po' d'acqua?»
«Certo. Torno subito.»
Accendo la lampada e scendo di nuovo dal letto, cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare Trish. Ma quando arrivo in cucina la trovo in piedi.
«Sta bene?» mi chiede.
«Sì, adesso sì. Sono venuta a prendergli un po' d'acqua», le spiego riempiendo un bicchiere. Quando mi giro lei mi abbraccia e mi bacia sulla guancia.
«Domani possiamo parlare?» mi domanda.
Annuisco. Lei sorride, ma la sento tirare su con il naso mentre mi allontano.
Hardin sembra un po' sollevato quando mi vede tornare. Mi ringrazia e svuota il bicchiere in un sorso solo. Mi rendo conto che il suo disagio non è dovuto solo all'incubo, ma in parte anche a me.
«Vieni qui», gli dico, e vedo il sollievo nei suoi occhi mentre scorre verso di me. Lo abbraccio e appoggio la testa sul suo petto. È confortante per me come immagino lo sia per lui. Nonostante tutto quello che mi ha fatto, mi sento a casa tra le sue braccia.
«Non lasciarmi, Tess», bisbiglia lui, e chiude gli occhi.

After un cuore a mille pezziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora