46 TESSA

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PROVO a lisciarmi i capelli, ma l'effetto mi sembra strano e quindi li arriccio di nuovo. Ci sto mettendo troppo tempo a prepararmi, sarà quasi ora di uscire. Forse sto indugiando per ritardare quel momento, perché ho paura di come andrà la giornata.
Spero che Hardin si sforzi di comportarsi bene.
Mi trucco poco: solo un po' di fondotinta, eyeliner e mascara.
Volevo mettere anche l'ombretto, ma ho dovuto cancellare e rifare tre volte la riga di eyeliner prima che venisse dritta.
«Sei ancora viva?» chiama Hardin fuori dalla porta.
«Sì, ho quasi finito», rispondo. Mi lavo i denti un'altra volta.
«Faccio la doccia, ma poi dobbiamo andare se non vogliamo arrivare in ritardo», fa lui quando apro la porta.
«Va bene, va bene, mi vesto mentre tu fai la doccia.»
Vado a prendere l'abito verde scuro senza maniche che ho comprato apposta. È in tessuto pesante e poco scollato, con un grande fiocco in vita che sembrava più piccolo quando l'ho provato in camerino, comunque lo coprirò con un cardigan. Prendo dal comò il braccialetto e rileggo la bellissima frase incisa sul ciondolo.
Non so che scarpe mettermi; con i tacchi rischio di essere troppo elegante. Scelgo un paio di scarpe nere basse. Mi sto infilando il cardigan bianco quando Hardin apre la porta, con solo un asciugamano legato in vita.
Resto ancora senza fiato ogni volta che lo vedo mezzo nudo. Non riesco a capire come sia possibile che i tatuaggi non mi piacessero fino a poco tempo fa.
«Porca miseria», esclama lui, guardandomi.
«Che c'è? Cosa succede?» Mi squadro per capire dove ho sbagliato.
«Hai un'aria... molto innocente.»
«Aspetta, è un bene o un male? È Natale, non volevo essere indecente.» All'improvviso temo di aver sbagliato vestito.
«No, va bene. Va molto bene.» Si lecca le labbra, e solo allora capisco, e arrossisco. «Grazie, tu cosa ti metti?»
«Quello che metto sempre.»
«Ah.»
«Non mi metto in ghingheri per andare a casa di mio padre.»
«Lo so, ma... potresti indossare la camicia che ti ha regalato tua madre...» So già che non lo farà.
«Neanche morto», risponde scoppiando a ridere.
Mentre lascia cadere a terra l'asciugamano, cercando di non guardarlo dico: «Vado di là da tua madre».
Trish indossa un abito rosso e scarpe nere con il tacco: una bella differenza rispetto alla solita tuta.
«Stai benissimo!» esclamo.
«Sicura? Non è eccessivo, con il trucco e tutto?» chiede nervosa.
«Non che me ne importi, ma non voglio fare brutta figura con il mio ex marito dopo tutti questi anni.»
«Credimi, non farai brutta figura», la rassicuro, e lei sorride.
«Siete pronte?» domanda Hardin entrando in salotto. Ha ancora i capelli bagnati, ma è perfetto lo stesso. È vestito di nero da capo a piedi, comprese le Converse che aveva a Seattle e che adoro.
Sua madre non sembra farci caso, probabilmente perché è ancora concentrata sul proprio aspetto. Quando entriamo in ascensore, Hardin squadra la madre come se la vedesse per la prima volta.
«Perché sei vestita così bene?»
Lei arrossisce. «È una festa, perché non dovrei?»
«Mi sembra strano, tutto qui.»
Lo interrompo prima che rovini la giornata a sua madre. «Sta benissimo, Hardin. E io sono elegante quanto lei.»
In macchina restiamo in silenzio. Capisco che Trish è ansiosa, e chi non lo sarebbe? Anch'io mi sento sempre più nervosa man mano che ci avviciniamo a casa di Ken.
Quando ci fermiamo davanti alla villa, Trish sussulta. «È questa?»
«Sì, te l'ho detto che era grande», risponde Hardin spegnendo il motore.
«Non me l'aspettavo così grande», mormora lei.
Hardin va ad aprirle la portiera, perché è paralizzata dallo stupore.
Vedo l'apprensione sul volto di Hardin mentre ci avviciniamo alla porta d'ingresso. Lo prendo per mano per rassicurarlo, e lui accenna un sorriso. Non suona il campanello, entra direttamente.
Karen ci accoglie in salotto con un sorriso così contagioso da farmi sentire subito un po' meglio. Hardin attraversa l'ingresso con sua madre, e io lo seguo senza lasciargli la mano.
«Grazie per essere venuti», ci accoglie Karen andando direttamente da Trish, perché è risaputo che Hardin non è il tipo che fa le presentazioni. «Ciao Trish, io sono Karen», dice porgendole la
mano. «Sono molto felice di conoscerti. Sei stata davvero gentile a venire.» Sembra calmissima mentre parla, ma ormai la conosco abbastanza bene da sapere che non è così.
«Ciao Karen, piacere mio», risponde Trish stringendole la mano.
In quel momento Ken entra nella stanza, e fissa attonito l'ex moglie. Spero che Landon lo abbia avvisato che saremmo venuti.
«Ciao, Ken», lo saluta Trish con voce sorprendentemente salda.
«Trish... Accidenti... Ciao», balbetta lui.
Trish pare felice di quella reazione: «Sei... cambiato».
Ho provato a immaginare Ken come doveva apparire a quell'epoca – gli occhi iniettati di sangue a causa dell'alcol, la fronte sudata, il pallore – ma non ci riesco.
«Sì... anche tu», dice lui.
La tensione mi fa girare la testa, quindi sono sollevata quando Karen esclama: «Landon!» e lui ci raggiunge. Karen è palesemente confortata dalla vista del figlio, che indossa pantaloni blu, una camicia bianca e una cravatta nera.
«Stai benissimo», si complimenta con me Landon venendo ad abbracciarmi.
Hardin mi stringe più forte la mano ma io riesco a liberarla e ricambio l'abbraccio di Landon. «Anche tu sei molto elegante», gli dico.
Hardin mi cinge in vita e mi tira a sé, più vicina di prima. Landon lo guarda storto e poi si rivolge a Trish. «Buongiorno, signora. Sono Landon, il figlio di Karen. È un piacere conoscerla, finalmente.»
«Oh, non chiamarmi signora, per favore», ride Trish. «Ma è un grande piacere anche per me. Tessa mi ha parlato molto di te.»
Lui sorride. «Solo cose belle, spero.»
«Quasi tutte», scherza lei.
Il savoir-faire di Landon allenta un po' la tensione, e Karen interviene: «Be', siete arrivati giusto in tempo. L'anatra sarà cotta fra due minuti!» Ken ci conduce in sala da pranzo, mentre Karen torna in cucina.
Non mi stupisco di trovare la tavola perfettamente apparecchiata con il loro servizio di piatti migliore, l'argenteria lucidata ed eleganti portatovaglioli di legno. Diversi vassoi colmi sono già sul tavolo. La
portata principale è un'anatra intera circondata da fettine d'arancia e guarnita con bacche rosse. È tutto così elegante, e il profumo mi fa venire l'acquolina in bocca. Davanti a me c'è un piatto di patate arrosto: l'aroma di aglio e rosmarino riempie l'aria. C'è un grande centrotavola pieno di fiori e addobbi negli stessi colori della guarnizione dell'anatra, rosso e arancio. Karen è un'eccellente padrona di casa.
«Bevete qualcosa? C'è un ottimo vino rosso», propone, ma un istante dopo diventa paonazza: con questi ospiti l'alcol è un argomento delicato.
Trish sorride. «Volentieri.»
Karen esce dalla stanza e restiamo tutti così in silenzio che la sentiamo stappare la bottiglia in cucina. Vorrei chiederle un po' di vino per placare l'ansia, ma decido che è meglio di no. Ci sediamo:
Ken a capotavola, Karen, Landon e Trish da un lato, io e Hardin dall'altro. Dopo aver fatto i complimenti alla cuoca per la presentazione impeccabile, ci serviamo in silenzio.
Dopo qualche forchettata Landon incrocia il mio sguardo. Capisco che si sta chiedendo se parlare o no. Gli rispondo con un cenno del capo: non voglio essere io a spezzare il silenzio. Hardin posa una mano sulla mia coscia.
Landon si pulisce la bocca con il tovagliolo e si rivolge a Trish.
«Allora, Mrs Daniels, che gliene pare dell'America? È la prima volta che viene?»
«Sì, è la prima volta. Mi piace. Non ci vivrei, ma mi piace», dice lei. Poi, gli domanda: «Pensi di restare nello Stato di Washington dopo la laurea?» Guarda Ken come se lo stesse chiedendo a lui anziché a Landon.
«Non lo so ancora; la mia ragazza si trasferisce a New York il mese prossimo, perciò dipenderà da cosa vuol fare lei.»
Egoisticamente, spero che Landon non se ne vada.
«Be', sarò contenta quando Hardin avrà finito di studiare e potrà tornare a casa», fa Trish.
La forchetta mi cade sul piatto. Tutti si girano a guardarmi. Faccio un sorriso di scuse e la raccolgo.
«Torni in Inghilterra dopo la laurea?» chiede Landon a Hardin.
«Sì, certo», risponde lui, brusco.
«Oh», fa Landon, spostando lo sguardo su di me. Io e Hardin non abbiamo fatto progetti per dopo il college, ma non mi era mai venuto in mente che potesse tornare in Inghilterra. Dovremo parlarne, ma non ora davanti a tutti.
«E tu... Ti trovi bene in America, Ken? Pensi di stabilirti qui definitivamente?» si informa Trish.
«Sì, mi piace molto. Sicuramente resterò.»
Trish sorride e beve lentamente un sorso di vino. «Hai sempre odiato l'America.»
«Sì, la odiavo», ribatte con un mezzo sorriso.
Karen e Hardin si agitano sulla sedia e io mi concentro sulla patata che sto masticando.
«Possiamo cambiare argomento?» sbotta Hardin. Gli sferro un calcio sotto il tavolo, ma lui non dà cenno di averlo sentito.
Karen interviene prontamente domandandomi: «Com'è andato il viaggio a Seattle?»
Inizio a raccontare del convegno e del mio lavoro. Se non altro arriviamo sani e salvi alla fine del pranzo: tutti mi riempiono di domande nel chiaro intento di restare su questo terreno sicuro.
«Ti va un altro bicchiere di vino, Trish?» chiede Karen quando ci spostiamo tutti in salotto, alla fine del pranzo. Io, Hardin e Trish ci sediamo su uno dei divani, Landon in poltrona e Karen e Ken sull'altro divano davanti a noi. Sembriamo divisi in squadre, con Landon come arbitro.
«Sì, grazie, è molto buono», accetta Trish porgendole il bicchiere.
«Grazie, l'abbiamo preso in Grecia quest'estate; è stata una bellissima...» Si interrompe a metà frase, tace per un momento e poi riprende: «Un posto bellissimo», e restituisce a Trish il bicchiere pieno.
Trish sorride e fa un gesto con la mano come a scacciare un pensiero. «Be', il vino è squisito.»
All'inizio quell'imbarazzo mi lascia confusa, ma poi capisco che Karen ha un Ken che Trish non ha mai avuto. Il suo Ken la porta in vacanza in Grecia, le ha dato una grande casa, macchine nuove e soprattutto un marito affettuoso e sobrio. Ammiro molto la mamma di Hardin per la sua forza e la capacità di perdonare. Si sta sforzando moltissimo di essere garbata, date le circostanze.
«Qualcun altro? Tessa, vuoi un po' di vino?» chiede Karen mentre lo versa a Landon. Sposto lo sguardo su Trish e Hardin.
«Solo un bicchiere, perché è Natale», insiste Karen.
Mi arrendo. «Sì, grazie.» Avrò bisogno di bere qualcosa, se la giornata va avanti così.
Mentre Karen mi versa il vino, Hardin annuisce ripetutamente, poi dice: «E tu, papà? Lo vuoi un bicchiere di vino?»
Tutti lo guardano attoniti. Gli stringo forte la mano per zittirlo.
Ma lui continua, con un sorrisetto malevolo. «Eh? No? Dai, scommetto che lo vuoi. So che ti manca.»

After un cuore a mille pezziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora