55 TESSA

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ASPETTO trepidante, mentre Hardin tira su il tessuto pesante della mia gonna.
«Rilassati, Tess. Smetti di pensare. Non sarà diverso dal solito», promette.
Tento di mascherare l'imbarazzo mentre lui entra in me.
Effettivamente non sembra diverso dal solito. Anzi, semmai è meglio. Più trasgressivo. Più eccitante. L'umore di Hardin è totalmente cambiato: da come mi guardava quando sono uscita dall'ascensore, mi aspettavo che facesse una scenata ben peggiore.
«Tutto a posto?» mi chiede, e io annuisco.
Mi tiene ferma con una mano sul fianco e l'altra fra i capelli. «Mi fai stare così bene, piccola», mormora con voce tirata mentre entra ed esce da me.
Mi fa scendere una mano sul seno e scosta la camicia. Trova il capezzolo e lo stuzzica tra due dita. Getto la testa all'indietro e ansimo, ma poi mi tappo la bocca. Siamo nel mio ufficio, ma non sono preoccupata come lo sarei di solito. I miei pensieri iniziano con Hardin e finiscono con il piacere. La realtà e i tabù non mi interessano, al momento.
«È bello, vero, piccola? Te l'ho detto, niente di diverso... Be', non in negativo, almeno.» Mi cinge in vita e mi fa sdraiare a pancia in su sulla scrivania. «Quanto ti amo, lo sai vero?» mi ansima all'orecchio.
Faccio cenno di sì, ma so che ha bisogno di altro.
«Dillo», insiste.
«So che mi ami», lo rassicuro. Sento i miei muscoli irrigidirsi. Lui si tira in piedi e mi accarezza il clitoride. Cerco di sollevare la testa per guardare le sue dita che compiono la loro magia sul mio corpo, ma la sensazione è troppo intensa.
«Dai, piccola, vieni», dice accelerando il ritmo e sollevandomi una gamba.
Afferro le sue braccia e stringo forte le labbra per non gridare il suo nome mentre vengo. Il suo orgasmo è scomposto più del mio: si getta sopra di me e affonda la testa nel mio collo, dice il mio nome e poi preme le labbra sulla mia pelle per zittirsi.
Esce da me e mi posa un bacio sull'orecchio. Mi alzo e mi sistemo i vestiti; dovrò andare subito in bagno. Dio, com'è strano. Non posso negare che mi sia piaciuto, ma è difficile liberarmi da una convinzione così radicata.
«Pronta?» mi chiede.
«Per cosa?» Ho ancora il fiatone.
«Per andare a casa.»
«Non posso andare a casa, sono solo le due», gli faccio notare indicando l'orologio alla parete.
«Chiama Vance mentre usciamo. Vieni a casa con me.» Prende la mia borsa dalla scrivania. «Forse però vorrai rimetterti il tappo prima che ce ne andiamo.» Tira fuori un assorbente dalla borsa e me lo picchietta sul naso.
Gli do una pacca sul braccio. «Smettila di chiamarlo così!»

Quattro giorni dopo, sto aspettando pazientemente che Hardin venga a prendermi. Guardo fuori dalle grandi vetrate dell'atrio, felice che non nevichi più.
Con mio grande disappunto, ha insistito per accompagnarmi al lavoro ogni giorno da quando abbiamo discusso per Trevor. Mi stupisco ancora di essere riuscita a calmarlo. Non so cosa avrei fatto se lo avesse aggredito in ufficio; Kimberly avrebbe chiamato la sicurezza, lo avrebbero arrestato.
Doveva essere qui alle quattro e mezzo, e sono le cinque e un quarto. Quasi tutti se ne sono già andati, e diverse persone mi hanno offerto un passaggio a casa, compreso Trevor, che però mi ha parlato da cinque metri di distanza. Vorrei che potessimo essere ancora amici, nonostante gli «ordini» di Hardin.
Finalmente vedo entrare la sua macchina nel parcheggio ed esco nel vento gelido. C'è il sole e fa meno freddo dei giorni scorsi, ma non è abbastanza. «Scusa il ritardo, mi sono addormentato», mi dice
mentre salgo nella macchina calda.
«Non fa niente», gli rispondo guardando fuori dal finestrino.
Sono un po' nervosa per stasera, perché è l'ultimo dell'anno, quindi non voglio litigare con lui. Non abbiamo ancora deciso cosa faremo, e questo mi inquieta perché vorrei pianificare la serata nei minimi dettagli.
Non so se rispondere agli sms che Steph mi ha mandato un paio di giorni fa. Da un lato vorrei vederla, per dimostrare a lei e a tutti gli altri che non mi hanno spezzata – anche se mi hanno umiliata,
questo sì – e che sono più forte di quanto pensino. Ma d'altra parte sarebbe molto imbarazzante rivedere gli amici di Hardin. Mi considereranno stupida perché mi sono rimessa con lui.
Non saprò come comportarmi, e sinceramente ho paura che sarà tutto diverso quando io e Hardin non saremo più da soli nella nostra piccola bolla. E se mi ignorasse per l'intera serata? E se c'è Molly?
Mi viene la rabbia al solo pensiero.
«Dove ti va di andare?» mi chiede, dato che gli avevo detto che dovevo comprare un vestito.
«Al centro commerciale. Dobbiamo decidere dove passeremo la serata, così saprò cosa prendere.»
«Davvero vuoi uscire con gli altri? O noi due da soli? Io voto ancora per restare a casa.»
«Stiamo a casa tutte le sere.» Sorrido. Adoro la nostra quotidianità, ma un tempo Hardin usciva ogni sera, e ho paura che se lo tengo troppo chiuso in casa si stuferà di me.
Arrivati a destinazione, mi fa scendere davanti all'ingresso di Macy's. Quando mi raggiunge ho già tre vestiti appoggiati al braccio.
«Cos'è questo?» mi chiede con una smorfia guardando l'abito giallo canarino posato sopra gli altri. «Il colore è orribile.»
«Tu trovi orribile ogni colore a parte il nero.»
Non replica, perché sa che ho ragione, e passa un dito sul tessuto dorato di un altro. «Questo mi piace.»
«Davvero? È quello su cui ero incerta. Non voglio essere troppo vistosa.»
«E vestita di giallo non lo saresti?»
Non ha tutti i torti. Riappendo il vestito giallo e gliene mostro uno bianco, senza spalline. «Che ne dici di questo?»
«Dovresti provarteli», suggerisce con un sorriso malizioso.
«Pervertito.»
«Sempre.» Fa un sorrisetto e mi segue fino ai camerini.
«Qui non puoi entrare», lo avverto chiudendomi dentro.
Con il broncio, va a sedersi sul divanetto poco distante. «Voglio vederli tutti», annuncia.
«Sta' zitto.»
Lo sento ridacchiare; vorrei riaprire la porta solo per guardarlo sorridere, ma decido di non farlo. Mi provo per primo il vestitino bianco senza spalline, ma è così stretto che fatico a tirare su la lampo sulla schiena. Ed è troppo corto. Finalmente riesco a
chiuderlo, e lo tiro giù sulle cosce prima di aprire la porta.
«Hardin?» bisbiglio.
«Cazzo!» esclama.
«È corto», commento arrossendo.
«Già, questo non lo prendi», dice squadrandomi.
«Se voglio lo prendo», preciso, per ricordargli che non decide lui come mi vesto.
Mi lancia un'occhiataccia. «Lo so... dicevo solo che non dovresti.
È troppo corto per i tuoi gusti.»
«Sì, è quello che pensavo», confermo guardandomi di nuovo allo specchio.
Noto che Hardin mi sta fissando il sedere. «Però è estremamente sexy.»
«Il prossimo», dico, e rientro in camerino.
L'abito dorato mi scivola leggero sulla pelle. È tempestato di paillettes, mi arriva a metà coscia e ha le maniche corte. È molto più adatto a me, solo un po' più azzardato del normale. Le maniche danno l'illusione che il vestito sia più castigato, ma il modo in cui il tessuto aderisce al corpo, e la lunghezza risicata, dicono il contrario.
«Tess», mi implora impaziente Hardin da fuori. Apro la porta e la sua reazione mi dà un tuffo al cuore.
«Wow.»
«Ti piace?» Mi sento sicura di me in questo vestito, tanto più vedendo il modo in cui Hardin mi guarda.
«Molto.»
È una cosa così normale da fare per una coppia, provarsi i vestiti da Macy's, che fatta da noi mi sembra strana e confortante allo stesso tempo. Pochi giorni fa, quando ha scoperto che ero stata a cena con Trevor a Seattle, ero terrorizzata.
«Allora prendo questo», annuncio.
Dopo aver scelto un paio di décolletée nere, dal tacco grosso ma spaventosamente alto, andiamo alla cassa. Hardin tenta di pagare, ma stavolta vinco io.
«Hai ragione, dovresti comprare qualcosa per me... sai, per compensare il mancato regalo di Natale», mi canzona mentre usciamo dal centro commerciale. Mi prende per mano e mi conduce verso la macchina. Tenersi per mano in pubblico, non l'avevamo mai
fatto... Appena l'ho pensato, lui sembra accorgersi del suo gesto e mi lascia la mano. Già, un passo per volta.

Quando torniamo all'appartamento, e dopo avergli ripetuto per l'ottava volta che sì, voglio uscire con i suoi amici, inizio a sentirmi davvero nervosa: immagino tutte le cose che potrebbero andare storte. Ma non possiamo restare nascosti per sempre. Il modo in cui Hardin si comporta con i suoi amici mi dimostrerà cosa prova davvero per me.
Sotto la doccia mi depilo le gambe con cura. Uscendo, chiedo a Hardin: «Cos'ha detto Nate, per stasera?» Non so che risposta vorrei.
«Mi ha scritto di andare a casa... la mia vecchia casa. Alle nove. Fanno una grande festa, a quanto pare.»
Guardo l'orologio: sono già le sette. «Okay, sarò pronta.»
Mi asciugo rapidamente i capelli e mi trucco. Tiro indietro i capelli con le forcine come al solito. Sono... carina...Noiosa. Noiosa. Come sempre. Per il mio gran ritorno, devo essere più bella che mai. Devo dimostrare a tutti che non hanno vinto loro. Se c'è anche Molly, si sarà sicuramente vestita per attirare
l'attenzione di tutti, compreso Hardin. E anche se la odio, e nonostante i capelli rosa, non posso negare che è molto bella.
Traccio una spessa linea di eyeliner sulla palpebra: per fortuna stavolta mi viene dritta. Ripasso anche il contorno inferiore dell'occhio e aggiungo altro fard; poi mi tolgo la forcina dai capelli e la butto nel cestino.
Un istante dopo la ripesco. Okay, forse non sono ancora pronta a buttarla via, ma stasera non la metto. Pettino con le dita i riccioli stretti, stando a testa in giù. Il mio riflesso allo specchio mi sconcerta. Ho un'aria selvaggia e... sexy, perfino. Non mi agghindavo così tanto da quella volta che mi sono lasciata truccare da Steph, e Hardin mi ha presa in giro. Stavolta sono ancora più bella.
«Sono le otto e mezzo, Tess!» mi chiama lui dal salotto.
Mi guardo allo specchio per l'ultima volta e faccio un respiro profondo. Corro a vestirmi prima che Hardin possa vedermi. E se pensa che questo trucco mi stia male? L'ultima volta non gli è piaciuto il mio nuovo look. Scaccio i dubbi e mi infilo vestito e scarpe.
Forse dovrei mettere le calze? No. Devo calmarmi e smettere di pensare.
«Tessa, dobbiamo proprio...» esclama entrando nella stanza, ma si interrompe bruscamente.
«Sono...»
«Sì, cazzo. Sì.»
«Non ti sembra troppo, con tutto questo trucco?»
«No, è... ehm, bello. Cioè... stai bene», balbetta.
Mi sforzo di non ridere: non gli succede mai di essere così a corto di parole. «Andiamo... dobbiamo uscire adesso, o non usciremo più da questo appartamento.»
La sua reazione ha fatto un gran bene alla mia autostima. Lui è impeccabile come al solito, con una semplice maglietta nera e jeans neri attillati. Le Converse dello stesso colore a cui ormai sono affezionata completano il perfetto «look alla Hardin.»

After un cuore a mille pezziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora