capitolo 105 - Una giornata imprevedibile

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Il suono della sveglia rompe il silenzio della stanza, strappandomi dal sonno in modo brutale. Un'occhiata veloce al telefono mi ricorda che è martedì. Sollevo un braccio per spegnere la sveglia, lasciandomi cadere indietro sul letto con un lungo sospiro. Perché il weekend finisce sempre troppo in fretta?

Mi passo una mano tra i capelli scompigliati, fissando il soffitto per qualche secondo. La mia testa è già affollata di pensieri: il compito di fisica, la lunga giornata che mi aspetta, e – come se non bastasse – l'incontro inevitabile con persone che preferirei evitare.

Finalmente mi alzo, trascinando i piedi verso il bagno. Mi lavo il viso con acqua fredda, sperando che mi aiuti a svegliarmi del tutto. Funziona solo a metà. Prendo lo spazzolino e inizio a lavarmi i denti, fissandomi nello specchio. Devo sopravvivere a questa giornata.

Rovisto nel mio armadio e scelgo un outfit semplice: jeans neri, un maglione beige morbido e le mie Converse bianche. Lascio i capelli sciolti, anche se so che finiranno per darmi fastidio.

In cucina, prendo al volo un pacchetto di biscotti. Mamma è già uscita, come sempre. Mangio mentre preparo lo zaino, assicurandomi di avere tutto: quaderno di fisica, calcolatrice, penne. Infine, prendo le chiavi e mi avvio verso la scuola.


Arrivata in classe, mi siedo al mio solito posto vicino alla finestra. La luce del mattino entra a fatica, velata da nuvole grigie.

La prima ora passa senza troppe sorprese. Storia. Prendo appunti distrattamente, ascoltando a metà le parole del professore.

Quando arriva la seconda ora, il cuore mi batte un po' più forte. Fisica. Il compito. Ce la farò? Mi passo una mano sui capelli e tiro fuori il materiale.

Il professor Moretti entra in classe con il solito sorriso calmo e un mazzo di fogli in mano. "Buongiorno a tutti. Come sapete, oggi faremo il compito sulla legge di Coulomb. Spero che abbiate studiato."

Distribuisce i fogli uno alla volta, e quando arriva al mio banco mi fa un cenno d'incoraggiamento. "Buona fortuna, Emily."

Grazie, ma spero di non averne bisogno.

Il foglio è davanti a me. Le domande sono chiare, e per fortuna riconosco tutto. Inizio a scrivere, cercando di rimanere concentrata. Le formule scorrono fluide nella mia mente, e mi sorprendo di quanto sia preparata.

Dopo venti minuti, poso la penna e rileggo tutto con attenzione. Va bene così. Mi alzo e porto il compito al professore.

"Finito già?" chiede, alzando un sopracciglio.

Annuisco. "Sì, credo di aver fatto tutto correttamente."

"Molto bene," dice, prendendo il foglio.

"Posso andare in bagno?" chiedo al Professore.

Lui annuisce.

Gli sorrido appena. "Grazie."


Nel corridoio il silenzio è quasi surreale. Mi avvio verso il bagno, i passi che risuonano leggermente sul pavimento lucido. Ma appena giro l'angolo, ecco chi incontro.

Rebecca.

Ovviamente.

Sta davanti allo specchio, controllandosi i capelli castani perfettamente ricci .Indossa una minigonna nera, un maglione aderente color crema e stivali alti. Sembra appena uscita da una rivista. Appena mi vede, il suo sguardo si fa tagliente.

"Emily," dice, pronunciando il mio nome come se fosse un insulto.

"Rebecca," rispondo, cercando di mantenere la calma. Non ho voglia di litigare con lei, ma so già come andrà a finire.

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