capitolo 111 - Tra baci interrotti e nuove certezze

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Sophia's Pov


È notte fonda, ma il sonno proprio non arriva. Mi rigiro nel letto, cercando di ignorare l'inquietudine che mi stringe il petto. Nonostante il calore delle coperte, mi sento gelida, fragile... quasi in frantumi. La stanza di Lucas è accogliente, ordinata, ma non riesco a togliermi dalla testa che sto vivendo nella casa di qualcun altro.

Decido di alzarmi. Forse un bicchiere d'acqua mi aiuterà.

Scosto le coperte e mi metto in piedi, cercando di non fare rumore. La casa è avvolta nel silenzio, interrotto solo dal ticchettio dell'orologio appeso in cucina. Cammino a piccoli passi, ma non appena arrivo nel corridoio, le immagini mi colpiscono.

Mia madre. Le sue urla. Il modo in cui la sua mano si alzava verso di me, fredda, violenta, come un riflesso automatico.

Mi fermo. Mi manca il respiro. Mi appoggio al muro, cercando di scacciare i ricordi che si insinuano prepotenti nella mia mente. Non pensare, Sophia. Non pensare.

Arrivo in cucina, ma prima di riuscire ad afferrare il bicchiere, le gambe mi cedono. Il mio fianco sbatte contro il tavolo, facendo un rumore sordo che risuona nella stanza vuota. Mi stringo le braccia intorno al petto, come se potessi proteggermi da qualcosa che, in realtà, è già dentro di me.

Non ce la faccio. Devo andare da Lucas.

Mi trascino verso la sua stanza, le ginocchia deboli e il respiro corto. Mi appoggio allo stipite della porta, bussando piano. "Lucas..." La mia voce è un sussurro. "Non mi sento bene."

Faccio appena in tempo a dirlo che le forze mi abbandonano del tutto. Mi accascio a terra, la vista che si annebbia.

"Sophia!" La voce di Lucas mi raggiunge come un'eco lontana.

Lo sento inginocchiarsi accanto a me, le sue mani calde che mi afferrano le spalle. "Ehi, stai con me. Apri gli occhi."

Non riesco a rispondere. Le palpebre sono pesanti, ma sento che si allontana per un attimo. Quando torna, mi sfiora le labbra con qualcosa di freddo e umido. È acqua.

"Bevi, Sophia. Ti prego."

Con uno sforzo enorme, deglutisco. Il liquido scivola lungo la gola, ma la sensazione di oppressione non mi abbandona. Continuo a tremare.

Lucas mi prende il viso tra le mani, il suo tocco fermo ma rassicurante. "Respira con me, ok? Inspira... e ora espira. Piano. Fallo con me."

Lo guardo negli occhi, cercando di imitare il ritmo del suo respiro. L'aria finalmente entra nei miei polmoni, lenta e regolare. La pressione sul petto si allenta, e il panico inizia a scemare.

"Va meglio?" mi chiede, senza staccare le mani dal mio viso.

Faccio un piccolo cenno con la testa.

"Non muoverti. Ti porto sul letto."

Cerco di protestare, ma non riesco a dire una parola. Lucas mi solleva con delicatezza, come se fossi di cristallo. Mi adagia sul suo letto e mi avvolge con il lenzuolo, poi si sdraia accanto a me, tenendomi stretta.

"Sei al sicuro, Sophia," mormora, il suo respiro caldo contro i miei capelli.

E per la prima volta in quella notte, mi addormentai davvero, con Lucas che mi abbracciava.


Quando mi sveglio, la stanza è inondata di luce. Lucas è già in piedi, intento a infilarsi una felpa. Nonostante l'aria assonnata, mi sorride.

"Come ti senti?"

"Meglio," rispondo, stiracchiandomi.

Andiamo a scuola insieme, e il viaggio in macchina è più silenzioso del solito. Lucas sembra preoccupato, ma non dice nulla, e io non insisto.

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