Sophia's Pov
Non era la prima volta che rincasavo tardi senza avvisare. Ma stasera, sentivo che qualcosa di diverso sarebbe successo. Forse era il modo in cui il vento mi soffiava contro mentre camminavo verso casa, o forse era quel nodo allo stomaco che non mi lasciava.
Mi fermai un secondo davanti alla porta di casa, inspirando profondamente. Coraggio, Sophia. Coraggio. Aprii lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, ma non appena chiusi la porta alle mie spalle, vidi mia madre nel corridoio, con le braccia incrociate e lo sguardo gelido.
"Sei tornata finalmente," disse con una voce che già tremava di rabbia.
Provai a mantenere un tono calmo. "Ciao, mamma."
Ma prima che potessi aggiungere altro, lei si avvicinò rapidamente, puntandomi un dito contro. "Come mai così tardi? Dove sei stata? Voglio sapere perché cavolo arrivi sempre tardi!" La sua voce era già alzata, e io sentii il panico salire.
"Mamma, posso spiegare, ero..."
Non riuscii a finire la frase. Uno schiaffo in pieno volto. La testa mi girò leggermente per l'impatto, e per un secondo rimasi immobile, incapace di reagire.
"Passi pochissimo tempo a studiare! Dovresti rendertene conto! Devi studiare, Sophia! Non andare in giro a chissà fare cosa!" continuò, urlando a pochi centimetri dalla mia faccia.
"Mamma, ti prego, ascolta..." provai a dire, ma lei mi spinse con forza. Sentii il mio corpo perdere l'equilibrio, e caddi a terra.
"Dico io, ma cosa devo fare con te? Sei inutile, Sophia. Inutile!" gridò.
Sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi, ma mi rifiutai di lasciarle scendere. Dovevo restare forte. Dovevo restare forte.
"Prendi le tue cose e vattene," disse, con un tono così freddo che mi congelò il sangue.
La guardai incredula, cercando di elaborare le sue parole. "Mamma, io..."
Non feci in tempo a finire la frase che lei mi diede un calcio sulla gamba, facendomi sussultare dal dolore. "Non lo ripeto un'altra volta!"
Senza pensarci troppo, mi alzai di scatto e corsi verso la mia camera, chiudendo la porta a chiave dietro di me. Il cuore mi batteva così forte che temevo potesse esplodere. Appoggiandomi alla porta, lasciai finalmente che le lacrime uscissero.
Non era la prima volta. Ricordavo ancora la prima volta che mi aveva toccata così. Avevo solo undici anni e avevo preso un voto basso in italiano. Lei era tornata a casa stanca, e quando vide il mio quaderno con quel brutto voto, esplose. Uno schiaffo, una spinta contro il muro, e poi mi urlò contro per ore. Da allora, era diventato sempre più frequente. Ogni errore, ogni voto basso, ogni volta che non rispettavo le sue aspettative, c'era sempre una punizione fisica.
Mi asciugai le lacrime e mi avvicinai allo specchio. I miei capelli biondi erano spettinati, così li sistemai velocemente, legandoli in una coda. Mi tolsi la felpa e notai un livido viola sulla spalla, dove mi aveva spinto. Mi abbassai i pantaloni per controllare la gamba e, come immaginavo, c'era un altro livido lì.
Non potevo restare. Non più.
Presi tre borse dal mio armadio e iniziai a riempirle con tutto ciò che potevo. Vestiti, libri, il mio diario. Controllai ogni angolo della stanza per assicurarmi di non dimenticare nulla. Quando fui pronta, mi guardai un'ultima volta attorno. Era tutto ciò che avevo conosciuto, ma non era più casa mia.
Aprii la porta e uscii con le borse in mano. Mia madre era ancora lì, in piedi nel soggiorno, con uno sguardo duro. "Non farti più vedere," disse fredda.
Non potei trattenermi. Mi voltai verso di lei e dissi: "Vaffanculo, mamma."
La sua espressione cambiò in un istante. Afferrò un coltello che aveva tra le mani e lo lanciò verso di me. Mi abbassai appena in tempo. Il coltello si conficcò nel muro dietro di me. Per un attimo rimasi immobile, paralizzata. Poi mi girai e corsi fuori di casa, il cuore che batteva all'impazzata.
Camminai senza una meta, stringendo le borse e cercando di calmarmi. Ero completamente sola. Ma mentre attraversavo una strada, notai due figure in lontananza. Lucas ed Ethan. Stavano parlando, ma non volevo farmi vedere. Cambiai direzione, abbassando lo sguardo, ma Lucas mi notò.
"Sof?"
Non risposi, ma lui corse verso di me. "Sof, che fai qua?"
Prima che potessi dire qualcosa, mi tolse una delle borse di mano per aiutarmi. "Perché hai tre borsoni?"
Non riuscivo a guardarlo negli occhi. "Io... sono stata cacciata di casa."
Il suo sguardo si fece serio. La sua mano sfiorò la mia guancia, dove lo schiaffo aveva lasciato un leggero rossore. "Perché rossa?" chiese con voce preoccupata.
Scossi la testa, cercando di trattenere le lacrime. Non volevo rispondere, ma lui non mollò. Mi prese delicatamente per il braccio e disse con decisione: "Da oggi in poi vivrai a casa mia."
"No, no, no e no!" risposi, scuotendo la testa.
Lucas non mi diede ascolto. "Sta' zitta e vieni," disse, trascinandomi con sé.
Mi portò a casa sua, e una volta dentro, mi condusse in una stanza. Posò le borse a terra e si girò verso di me. "Siediti," ordinò, ma non mi mossi. Lui sospirò, alzando la manica della mia felpa. Quando vide il livido sulla spalla, si fermò. Poi abbassò il mio pantalone per controllare la gamba. La sua faccia era sconvolta.
"No, no, no... cazzo," mormorò, passando una mano tra i capelli. Si alzò di scatto, colpendo il comodino con il piede. "Chi cazzo è stato a toccarti?"
Abbassai lo sguardo. "M-mia... madre," risposi a bassa voce.
Lucas rimase immobile per un attimo, poi si lasciò cadere sul letto, fissando il soffitto. "Non ci credo," disse, quasi parlando a sé stesso.
Mi sedetti accanto a lui e iniziai a raccontargli tutto.
"Ricordo la prima volta che mi ha toccata così... Avevo undici anni. Ero tornata a casa con un brutto voto in italiano, un quattro. Pensavo che mi avrebbe solo sgridata, come sempre, ma quella volta... era diversa. Era furiosa, fuori controllo. Mi urlava contro, diceva che ero una delusione, che non avrei mai combinato niente nella vita. Poi è arrivato lo schiaffo. Forte, così forte che sono caduta all'indietro e ho sbattuto contro il muro. Non mi aspettavo che continuasse. Invece mi ha afferrata per un braccio, stringendolo così forte che mi ha lasciato i lividi per giorni. Io non riuscivo nemmeno a piangere, ero troppo spaventata. Da allora... ogni volta che sbagliavo, ogni volta che qualcosa non era abbastanza per lei, succedeva di nuovo."
Decisi di guardarlo negli occhi, e notai i suoi occhi lucidi.
"Abbracciami, per favore," sussurrai.
Lucas si avvicinò e mi strinse forte, lasciandomi piangere contro il suo petto. Sentii il suo cuore battere forte, quasi quanto il mio.
Dopo un po', mi staccai leggermente e alzai lo sguardo verso di lui. La sua espressione era così piena di preoccupazione e affetto che non potei far altro che portare una mano sulla sua guancia. Senza pensarci troppo, mi avvicinai e lo baciai.
Fu un bacio lento, dolce, carico di emozioni. E in quel momento, per la prima volta da giorni, mi sentii al sicuro.
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Rivals-passione
RomansaEmily ha sempre avuto un solo obiettivo: essere la migliore. In tutti i suoi anni al liceo, ha lavorato duramente per costruirsi una reputazione impeccabile come studentessa modello e leader della scuola. Con l'ultimo anno appena iniziato e la presi...