XX. Reazioni

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Aumentai il passo per raggiungerla. La sua capigliatura corvina ondeggiava con delicatezza contro la sua schiena. Indossava una camicia azzurra, combinata con un paio di jeans aderenti che, risvoltati alla caviglia, fasciavano alla perfezione le sue gambe magre.

Mi trovavo alle sue spalle, e quando la vidi incespicarsi nei suoi piedi non riuscii a trattenere una risata sommessa. A quel suono Amélie voltò il capo impercettibilmente, sbirciando con la coda dell'occhio la mia figura. Ma, prima che riuscissi ad alzare un braccio in cenno di saluto, ebbe un sussulto e si rigirò, intensificando il ritmo dei suoi passi.

Le afferrai un braccio dopo averla raggiunto, placando la sua - oramai - corsa, e il prezzo di quel gesto fu qualcosa che non avrei potuto prevedere. Inaspettato, veloce. Secco.  Mi diede uno schiaffo con una forza che non credevo le appartenesse. Poi, come se qualcuno dall'alto avesse deciso che il mio destino non fosse ancora abbastanza nefasto, sentii la sua borsa avventarsi con cattiveria contro il mio costato. 

Amélie sbatté più volte le palpebre, sorpresa, la sua mano ancora sulla mia guancia in fiamme.
- Cam? - Mi riconobbe, sbalordita. - Oddìo, scusa!
Esclamò, la sua espressione indecisa tra il pentimento ed il riso.

- Ti diverti? -, chiesi massaggiandomi la guancia.

Amélie scosse il capo, trattenendosi dal continuare a ridere per non danneggiare ulteriormente il mio ego ferito.  - No, scusa è che... Santo cielo, hai una faccia!

- Ti capita spesso di salutare chi incontri con tutta questa... passione?- chiesi, mentre con la coda dell'occhio la osservavo risistemare la sua camicetta.

- E tu? - Chiese, puntandomi il dito contro la spalla e minacciando il mio equilibrio. - Passeggi sempre così incappucciato come un ladro? Mi hai spaventata! -replicò, sfoderando un tono di rimprovero.

- Lasciamo perdere... - sospirai, proseguendo il tragitto che sembrava aver intrapreso prima della mia comparsa. - Dove stiamo andando?

Corricchiò per raggiungermi e sorrise imbarazzata.  - A casa tua.

Increspai la fronte, cercando di capire se si trattasse o meno di uno scherzo.  - E perché?

- Mmh.. Ho pensato che Claire potesse avere bisogno di un cambio, sai... così le ho portato qualcosa da mettere visto che abbiamo la stessa taglia.
Indicò la sua borsa.

- Giusto, non ci avevo pensato.

Ero consapevole di come in questo modo avrei potuto passare del tempo con lei, e provai a gioire. Ci provai davvero. Poi tornai di colpo alla realtà e ricordai di avere un coinquilino di nome Seth, e una sensazione di terrore si fece strada nella mia mente.

- Se vuoi posso portarglieli io -, proposi alla svelta.

Sembrò esitare. - Mi piacerebbe salutarla -, disse infine infrangendo le mie speranze. 

Scivolammo via lungo le strette vie che si snodavano e che componevano, insieme a poche altre villette a schiera, il tedioso quartiere in cui abitavo. Il mio sguardo volò immediatamente alla Lancia azzurro-metallizzata parcheggiata nel cortile di casa. Rachel. Il fato mi era avverso, questo oramai era un dato di fatto.

- Aspetta -, esordii, ed il suo indice si arrestò a qualche millimetro dal citofono. - Ignorali okay?

- Di chi stai parlando?

- Lo capirai tra poco.

Suonai il campanello. I secondi passavano lenti, immersi nel silenzio più totale. Persino il ticchettare del mio orologio da polso aveva iniziato a sembrarmi rumoroso.

DARK SOULDove le storie prendono vita. Scoprilo ora