XXXII. Ripresa

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Il giorno dopo lo passai interamente a pisciare e a lamentarmi di ogni scemenza senza senso che vedevo passare in televisione. E feci lo stesso anche i giorni successivi, tanto per la cronaca. Non andare di nuovo a scuola poteva avere i suoi vantaggi, ora avevo un sacco di tempo libero da dedicare a tutte le passioni a cui avevo dovuto rinunciare per colpa dello studio. Ovvero nessuna.
Cambiai canale e tirai uno sbuffo, ero di nuovo incappato in un programma di televendite. Oggi pubblicizzavano una interessantissima e convenientissima pentola antiaderente in teflon e a me non poteva fregare meno di così. Spensi il televisore e andai in bagno per rasarmi. Dio, due miseri giorni che non lo facevo e già sembravo un disgustoso senzatetto. Applicai il gel con una lentezza inaudita per diminuire il tempo che avrei successivamente trascorso a crucciarmi su qualunque cosa; stavo ancora cercando di metabolizzare il tutto, perciò durante il giorno non facevo altro che pensare e pensare senza tregua. Passai il rasoio senza applicare troppa pressione e mi osservai allo specchio. Come sempre i miei occhi erano contornati da occhiaie profonde, ultimamente faticavo a prendere sonno per colpa degli incubi. Il resto era quantomeno accettabile e non troppo spaventoso.
Spensi la luce e tornai sul divano. Zac mi aveva mandato qualche messaggio per sapere se stavo bene, specificando di non essere l'unico mittente, perciò anche Doreena e Amélie si aspettavano una risposta che non sarebbe mai arrivata. Ancora non mi andava di raccontargli che avevo deciso di ritirarmi nuovamente da scuola, perché questa volta non era stata una mia scelta. Probabilmente Amélie ne sarebbe rimasta delusa. Volevo vederla di nuovo. Mi mancava osservare come arrossiva alle mie prese in giro, però non mi andava di chiamarla. Forse avrei potuto fingere di incontrarla per caso... Oggi era mercoledì, ed io non avevo la minima idea di cosa Amélie combinasse di mercoledì.
Gemetti frustrato e osservai l'ora per la centesima volta. Erano ancora le undici. Il tempo sembrava sempre più eterno. Mi annoiavo, terribilmente. Non avevo neanche voglia di mettermi a pensare ad un piano per smascherare e fare fuori Manuel. Persino Seth sembrava essere più vitale di me.
- Preparami il pranzo.
Gli dissi burbero quando lo intercettai in cucina, intendo ad armeggiare con la spesa che gli avevo ordinato di fare. Questa volta si era risparmiato di presentarsi con un carico di porcherie confezionate, e silenziosamente lo ringraziai per questo. C'erano delle uova, del pesce e delle salsicce. Poteva andarmi bene.

- Amico, sembra che un camion carico di mucche grasse ti abbia appena investito. - Mi prese in giro quando mi vide. - Più volte.-, specificò per rendere meglio l'idea.

- Non sei molto d'aiuto.

- Dai, non è mica la fine del mondo.- , cercò di sdrammatizzare. - Sono certo che molto presto Grace si renderà conto di aver mandato al tuo posto un incompetente di prima categoria.

- Non credo.

- Perché no?

- Be', a me non risulta che ti abbia ingaggiato.

- Simpatico. -, borbottò con un po' di fastidio.

Era inevitabile. Più mi sentivo a terra, più mi rendevo conto che insultare Seth funzionasse da perfetta terapia.

- Uova, salsiccia o pesce?

- Tutto.

Mi lanciò un'occhiataccia. - Le donne incinte sono meno pretenziose. Uova.

Scrollai le spalle e dalla cucina usai il telecomando per riaccendere il televisore e mettere il notiziario. Probabilmente non lo avrei neppure guardato, però mi piaceva ascoltare il vociare dei giornalisti diffondersi come un sottofondo. Questa era un'abitudine da vecchio, Rachel me lo ripeteva sempre.

- Sai, ieri sera sono uscito a fare due passi -, iniziai poco dopo, ribaltando come un moccioso l'uovo alla occhio di bue che avevo nel piatto. Poi feci esplodere il tuorlo giallastro, sentendomi finalmente soddisfatto.

DARK SOULDove le storie prendono vita. Scoprilo ora