XVI. Instabilità

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Sta bene. Sta bene. Sta bene.

Ripetevo questo mantra nella mia testa per convincermi. Ma non c'era verso di impedire alla mente di elaborare certi pensieri. Tra un maleducato "si levi" ed un altro iniziai a farmi largo per raggiungere l'ingresso, tentando invano di regolarizzare il ritmo dei miei battiti. Se le fosse successo qualcosa...

Sta. Bene.
Insistetti.

Scivolai di corsa fuori dalla porta e iniziai a guardarmi intorno, senza concedendomi un solo secondo per riprendere fiato. Il cortile di fronte al locale era gremito di gente e trovarla sarebbe stata un'impresa. Setacciai ogni angolo di strada, ogni possibile zona circostante, ma di Amélie non c'era traccia da nessuna parte. La chiamai al cellulare. L'eco di una suoneria mi arrivò da sinistra. Ripresi a correre e raggiunsi un parcheggio di camion, la cui altezza m'impedì di avere una visione panoramica del posto. Potevo solo seguire quel suono e sperare che si trattasse di lei e non di qualcun altro. La suoneria venne interrotta ma ormai sapevo dove proseguire.

L'avevo trovata. Il sollievo durò meno di una frazione di secondo e svanì non appena vidi la persona davanti a lei. Sean torreggiava sulla sua piccola figura. 
Scossi la testa come per accertarmi che non si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto o di una sgradevole allucinazione secreta dalla mia mente confusa.

Niente da fare, erano ancora lì.
Sean avvicinò le sue viscide dita per scostare una ciocca di capelli che le era scivolata sul viso. Amélie si ritrasse infastita al suo tocco. Strinsi la mano in un pugno e aumentai il passo. Nessuno dei due mi notò quando li raggiunsi. Sopraffatto dalla collera, mi avvicinai a Sean, consapevole che finché fossi rimasto in silenzio non si sarebbe accorto di me. Anche Amélie all'inizio sembrò non notarmi, ma adesso che mi trovavo a pochi metri di distanza, le vidi rivolgermi un'occhiata prima sollevata, poi preoccupata non appena notò la mia espressione.  Sean si voltò confuso ma non ebbe neanche il tempo di intuire la situazione. Un secondo dopo era a terra.
Lo avevo già colpito?
Il suo labbro gonfio ed il rivolo di sangue che gli attraversava la bocca furono la risposta alla mia domanda inespressa. 

Amélie si era allontanata di scatto, portando una mano alla bocca per soffocare un grido di sorpresa.

- Ma che cazzo fai? - Urlò Sean, sorpreso e infuriato. Si pulì la bocca con il dorso della mano e provò a rialzarsi  ma lo placcai a terra con una spinta. 

- Azzardati a muovere un solo muscolo e ti ammazzo.
Dissi, e lui mi rivolse un'occhiata feroce.

- Si può sapere chi cazzo sei?
Continuò opponendo resistenza. Lo afferrai per il colletto della giacca e con forza lo rialzai a qualche centimetro da terra. Senza curarmi delle sue parole caricai il braccio e lo colpii di nuovo. Scrollai la mano per alleviare il fastidio alle nocche. 

Amélie gridò. - Cam, basta!

Il pugno successivo si arrestò a mezz'aria. Il solo fatto che lei si trovasse a pochi metri di distanza m'impedì di finire quel pezzante sull'asfalto. 

- Andiamocene, per favore.
Insistette, tendendo il braccio verso di me per cercare calmarmi.

Sean approfittò della mia esitazione e riuscì a sfuggire alla presa. Lo lasciai fare. Repressi con la forza il desiderio di rincorrerlo, e mi ci volle tutta la buona volontà di cui ero capace per riuscirvi. 

- Stai bene? -, mi chiese Amélie.

Lei chiedeva a me se stavo bene?

Le andai incontro, e qualcosa nella mia espressione la fece indietreggiare. La sua schiena si scontrò con lo pneumatico di un grosso tir parcheggiato. 

DARK SOULDove le storie prendono vita. Scoprilo ora