XXII. Cioccolata?

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La trama del film non mi stava prendendo, così, con la scusa di voler bere qualcosa, tornai in cucina per rilassare i nervi. Rachel, dopo aver gentilmente obbligato Amèlie a restare per la notte, non aveva fatto che lamentarsi con Seth per tutto il tempo, aggrappandosi a qualunque pretesto pur di litigare. Lui non aveva accennato a replicare, evidentemente proiettato alla futura ramanzina che gli avrei riservato io stesso riguardo i suoi pessimi gusti cinematografici. 

Scovai l'ultima birra nel frigo e la sorseggiai con calma, desiderando ardentemente che il contenuto fosse inesauribile. Il liquido fresco e frizzante scivolò via, lasciando sulla lingua un piacevole retrogusto amaro. Mi sistemai meglio sulla sedia e ricominciai a pensare a quella fotografia.
Quest'anno Settembre ha portato l'inverno. 
Fissai il calendario, domandandomi che giorno fosse, e l'occhio cadde sulla data del venerdì seguente, data in cui era fissata la tanto agognata partita di baseball. Avevo sottovalutato la difficoltà dell'avversario che avevo di fronte. Manuel non solo celava alla perfezione la sua natura di criminale ed evasore - a patto che lo fosse -, ma aveva un figlio, e ciò non poteva far altro che complicare ulteriormente ogni cosa. Se Manuel fosse morto, non avrebbe certo lasciato correre, né si sarebbe accontentato di archiviare il caso definendo l'accaduto una banale "scomparsa". Avrebbe indagato a fondo finché la questione non avesse assunto chiarezza. Questo un po' mi lasciava inquieto. Ovviamente, anche un'intera squadra di ricerca non sarebbe stata capace di risalire a me. Non appena tutte le operazioni della Sniper si sarebbero concluse, l'esistenza di Manuel Burton non avrebbe rappresentato che un'eterea illusione, un indefinito e lontano ricordo. Un ricordo che però suo figlio avrebbe portato con sé. Per prima cosa sarebbe arrivato il dolore al petto, la stretta allo stomaco. La sua mente avrebbe impiegato più tempo prima di prendere consapevolezza dell'accaduto. A quel punto sarebbe iniziato il calvario che avrebbe portato lentamente alla rassegazione.
Rimasi sorpreso dalla natura dei miei stessi pensieri. Per la prima volta, stavo riflettendo sull'eticità delle scelte che avrei fatto da lì in avanti. Per uccidere Manuel necessitavo di un valido motivo. Motivo che, per ora, non avevo. Inoltre, sembrava conoscere mio padre, e questo era sicuramente un dettaglio da non trascurare. Udii dei passi alle mie spalle, ed istintivamente ebbi un sussulto. 

- Scusa, ti ho spaventato?
Amèlie era appoggiata allo stipite della porta, indecisa se avvicinarsi o meno. Il suo sguardo cercava di risalire alla risposta, mentre io risalivo con attenzione la linea del suo corpo, dalla testa ai piedi, dedicandogli più attenzione di quanta le buone maniere erano solite permettere. Per quanto potessero essere casual, quei jeans fasciavano alla perfezione le sue gambe snelle e i suoi fianchi ben modellati.

- No, affatto. Hai bisogno di qualcosa?

- Seth e Rachel si sono addormentati, me ne sono andata per non disturbarli - spiegò.

Mi passai una mano sugli occhi e mi massaggiai la fronte, lasciandomi scappare un sospiro. - Idioti...

- Che stavi facendo?

- Niente, pensavo.

- A cosa?

- A niente.
Non avevo intenzione di risultare sgarbato, ma il più delle volte erano le parole a elaborarsi ancor prima dei pensieri.

- Okay....
Mormorò sedendosi di fronte a me, accompagnata dal cigolio della sedia. Non aggiunse altro, ma tacque per qualche istante, pensierosa. Il silenzio che seguì fu lento, e mi parve infinito.

- Senti, per caso ho fatto qualcosa di sbagliato?
Fu lei a riprendere, una volta rialzato timidamente lo sguardo. La sua voce giunse così flebile alle mie orecchie che per un attimo credetti di averla immaginata, ma dalla sua espressione capii che stava aspettando una risposta.

- Adesso, dici? - chiesi sperando di ottenere qualche altra informazione.

- No, in generale, ho fatto qualcosa di male?

DARK SOULDove le storie prendono vita. Scoprilo ora