𝖢𝖺𝗉𝗂𝗍𝗈𝗅𝗈 𝟩

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Il suono della mia sveglia mi fece aprire gli occhi che strofinai tentando di mettere bene a fuoco la stanza. Osservai l'ora dallo schermo del mio cellulare, socchiudendo gli occhi per la luminosità del mio schermo. Le otto e cinque minuti.

Sbuffai, cambiando lato su cui sdraiarmi del mio letto. Mi rigirai poco dopo, ricordando di avere delle lezioni. Dannazione!

Odiavo le lezioni al mattino. Non sopportavo l'idea di svegliarmi presto, mi sentivo come se fossi ancora un'adolescente che andava a scuola.

Mi alzai ancora addormentata. La mia vista era ancora sfocata, afferrai da uno scaffale una barretta al cioccolato e l'addentai poco dopo. Dopo aver mangiato andai in bagno per prepararmi.

Mi accorsi dell'assenza di Niall nella camera e del disordine che regnava sovrano.

Il biondo aveva lasciato una pila di vestiti sulla sedia della sua scrivania. Mi avvicinai per osservarli ed una vampata del suo profumo invase le mie narici.

Moltissime scarpe giacevano sul pavimento accompagnate da asciugamani, calzini e quant'altro. Sospirai.

Cominciai a togliere almeno un minimo di quel disordine che mi stava facendo impazzire. Non ero una persona del tutto ordinata ma, spesso, in periodi più nervosi avevo un'ossessione maniacale per l'ordine e la pulizia.

Piegai delle magliette di Niall e il suo profumo invase nuovamente  le mie narici. Ne portai una al mio petto.

Immaginai lui, dinanzi a me. Con i suoi occhi blu, il suo sorriso splendido. Dopo una manciata di minuti mi chiesi cosa stessi combinando. Probabilmente mi ero rimbambita. Cosa mi saltava in mente?

Farmi film mentali era sempre stato il mio forte, sin dalla mia prima cotta alle elementari, ma adesso stavo proprio esagerando. Cominciai a parlare da sola, com'ero solita fare quando non c'era nessuno.

«C'è uno schifo in questa stanza» borbottai sistemando le scarpe sotto il letto in maniera ordinata. Mi domandai per quale assurdo motivo le nostre stanze non avessero un luogo apposito per conservarle.

Quando mi abbassai per posarle sotto il letto, lì trovai una chitarra. Immaginai Niall suonare ed intonare una canzone. Scossi la testa ripetutamente pensando di essere impazzita.

«Meglio andare a lezione» sussurrai parlando ancora tra me e me. Probabilmente parlavo con il mio alter ego, il quale aveva qualche strana cotta per il mio coinquilino.

Misi il mio zaino in spalla, pronta per affrontare quella giornata. Chiusi la porta a chiave, sperando che il biondo avesse con sé le sue.

Camminai velocemente lungo tutto il campus, arrivando all'edificio in cui avevo lezioni. Una volta arrivata nell'aula 19 tirai un sospiro di sollievo.

L'aula era esattamente come l'avevo sempre immaginata. Era grande e luminosa, composta da file di banchi singoli. Alle pareti vi erano dei climatizzatori e delle finestre dalle ampie vetrate.

A fronte dei banchi vi era una grande scrivania per il docente di corso. Cercai un posto che non fosse nè troppo vicino nè troppo lontano, per poter avere una buona visuale ma, allo stesso tempo, non essere troppo notata.

Andai a sedermi nella terza fila, che era ancora vuota. Pensai alla notte prima e un sorriso si increspò sul mio volto.

Erano passate due settimane dal mio arrivo ma avevo l'impressione di essere lì da sempre. Mi sembrava di conoscere i ragazzi da tutta una vita. Nonostante pensare ai ragazzi mi rendesse felice, l'idea di tornare dalla nuova psicologa mi stava torturando.

Ricordavo ancora la mia prima seduta. Avevo quindici anni. Il dottore era stato gentile con me e nonostante ciò ero riuscita semplicemente a dirgli il mio nome e quello della mamma. Mi sentivo come se fossi sotto un interrogatorio, come se mi stesse puntando un'arma per farmi parlare e vuotare il sacco. Il dottor Smith era stato gentile e paziente quel giorno. 

Room 69Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora