𝖢𝖺𝗉𝗂𝗍𝗈𝗅𝗈 36

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«Tesoro mio!» la stridula voce di mia madre, probabilmente commossa dal mio rientro a casa, mi fece immediatamente rizzare in su le orecchie.

Mi voltai per guardare Niall, intento a scaricare le nostre valigie dal taxi che si era fermato di fianco al marciapiede.

Il clima era decisamente diverso rispetto a Boston dove, nonostante l'arrivo dell'estate, continuava ad esserci freddo. Mi riscaldai sotto il tepore dei raggi del sole, raggiungendo mia madre.

Di lì a poco Greg uscì da casa nostra, per aiutare Niall a portare dentro le valigie. Mia madre mi abbracciò, non ricordai un momento in cui l'avesse fatto senza motivo. Mi lasciai abbracciare da lei, cullandomi nella speranza di poter essere ancora una volta la sua bambina.

Una volta entrati in casa, passai subito alle presentazioni. Niall si grattava la nuca, ciondolava e non riusciva a tenere le braccia ferme. Era agitato.

«Questo è Niall» dissi saltando i convenevoli dei quali non avevo assolutamente bisogno, «il mio fidanzato» aggiunsi. Mia madre e Greg non sembrano sorpresi e si presentarono a Niall, salutandolo con un caloroso benvenuto.

«Ti faccio vedere dove puoi accomodarti» disse mia madre a Niall, facendo cenno di raggiungerla. Andò verso la camera degli ospiti, ma io la fermai.

«Può dormire con me» dissi all'inzio con tono duro, «dormiamo nella stessa stanza da Settembre. Se non è un problema» aggiunsi modificando il tono di voce, rendendola più una richiesta che un obbligo.

Mia madre sospirò guardando Greg che però le sorrise. Acconsentì, dicendomi di seguirla in cucina. Sperai che non volesse farmi un discorso da madre preoccupata o da esistono-le-precauzioni perché non lo avrei retto.

«Da quanto tempo?» chiese appoggiandosi al piano in marmo della cucina. La guardai sospirare, era tesa, come se le avessi portato un nemico in casa.

L'aspetto di mia madre era mutato nel tempo, da quando papà se n'era andato, sembrava invecchiata di almeno cinque anni.

I lunghi e luminosi capelli biondi che aveva e che avevo ereditato geneticamente anch'io, erano adesso corti e di un biondo spento, come a sottolineare tutto il peso che aveva portato per anni.

Il suo corpo era rimasto magro ma lo era talmente tanto da sembrare asciutto, quasi senza forma. I suoi occhi color ghiaccio erano gli stessi, ma sicuramente meno vivi e gioiosi.

Mi avvicinai a lei lentamente, come quando ci si avvicina ad un bambino che non si conosce. Piano, per non spaventarlo. Mi guardò alzando il capo, ero più alta di lei da un paio di anni.

«Mamma» dissi pronunciando quel nome che dicevo da sempre, senza dargli mai il giusto peso, «io sono innamorata di lui» risposi poi, come se fosse una giustificazione.

Come se io dovessi giudicare il mio sentimento, cosa che sapevo non fosse affatto necessaria. Capivo però la preoccupazione di mia madre.

Avere una figura maschile nella mia vita, le conseguenze che questo poteva portare erano diverse rispetto a quelle di altre ragazze. Potevo cercare in lui l'affetto che avevo perso da mio padre o sfogare la rabbia che covavo da anni ma io sapevo che non era così.

Quello che provavo per Niall, il sentimento che era cresciuto in quei mesi, era completamente diverso da quello che provavo e che provo per mio padre.

«Sono solo preoccupata» rispose sospirando. Mi avvicinai ancor di più a lei. 

«Lo so, ma per la prima volta dopo anni mi sento libera» sussurrai appena. Non mi ero accorta di quello che provavo fino a quel momento. Avevo perdonato me stessa, avevo lasciato andare quella bambina che era tanto legata al suo papà.

«Non ho più domande, non voglio più risposte» continuai, spezzando il silenzio che si era creato. Era ora di andare avanti, di cominciare a vivere veramente la vita. Avevo passato troppi anni chiusa in me stessa, avevo perso così tanti amici.. 

«Ti ha proprio cambiata, eh» rispose lei con l'accenno di un lieve sorriso. Le sorrisi.

«Non mi ha cambiata lui» risposi, «o meglio, in parte sì ma conoscere la sua storia mi ha fatto vedere in modo diverso la nostra» continuai. Le spiegai quello che era avvenuto anni addietro a Niall, omettendo gran parte dei dettagli poiché si trattava pur sempre di una questione privata. Mia madre mi guardò con occhi che non m'avevano mai guardata in quel modo. 

«Sei diventata proprio grande» disse quando io finii di spiegarle la vicenda. 

«Ed era ora» ridacchiai assieme a lei. Era finalmente l'ora di cominciare a vivere davvero, di lasciarmi tutto alle spalle. L'università mi era servita per ricordarmi quanto sia bella la vita, per notare quante cose avessi perso durante tre anni. Prima tra tutte le cose che avevo perso, c'ero io stessa. 

Mi aveva aiutata a ricordare quanto io valessi. Quanto siano belli e profondi i rapporti umani, anche quando si ha paura di perdere l'altro.. per questo bisogna vivere il presente. Non appendersi al passato o temere il futuro, vivere solo quello che sei.. oggi. 

«Sei felice?» mi chiese allora lei, con lo sguardo timido di un bambino. Sembrava così gracile, indifesa. Quella domanda non mi era stata più posta. Era da anni che qualcuno non mi chiedeva se fossi o meno felice.

«Sì, mamma» risposi sinceramente. Ed era vero. Dopo anni di dolore, di chiusura in me stessa adesso mi sentivo libera.

Mi sentivo libera di essere quella che ero, una donna con un passato difficile che era cresciuta in mezzo al dolore, ma che dalle sue ceneri era risorta.

Mi sentivo viva. Avevo accettato quel che ero e quello che ero adesso, senza problemi. Gli anni di terapia, il dolore che aveva provato Niall nella sua infanzia, mi avevano fatto capire tutto quello che mi ero persa nella mia vita.

 Volevo che mia madre lo capisse. Che anche lei smettesse di combattere contro i fantasmi che ci portavamo dietro da anni, i fantasmi di un uomo che ormai non c'era più per noi.

«Disturbo?» chiese Greg, affacciandosi dallo stipite della porta. Mia madre si ricompose e notai i suoi occhi lucidi. Sul viso di lei si aprì un ampio sorriso, invitandolo ad entrare. Niall lo seguì silenzioso, ancora troppo imbarazzato per poter parlare. 

«Avete fame?» domandò tirando su con il naso, ancora provata dalla nostra conversazione. Niall si avvicinò a me, stringendomi tra le sue braccia. Greg si avvicinò alla mamma, abbracciandola dolcemente. 

«Andiamo a cena» propose Greg,  «a festeggiare la famiglia» continuò poi, scaldando il cuore di tutti noi. Ecco cosa eravamo: una famiglia. Un po' ammaccata, ma pur sempre una famiglia. 

VI RICORDO CHE HO SCRITTO UNA NUOVA STORIA

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VI RICORDO CHE HO SCRITTO UNA NUOVA STORIA. ROOM 69 STA PER FINIRE :( VORREI TANTO CHE LEGGESTE ANCHE QUELLA! SI CHIAMA COMPETITIVE LOVE. GRAZIE 

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