36. WAR.

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POV. ALICE.

Questa volta non posso dare la colpa ai raggi solari, è stato il freddo a svegliarmi. Nonostante abbia addosso un piumone più pesante di quattro me messe insieme, sto letteralmente congelando, incredibile. Allungo il braccio nel tentativo di appiccicarmi a Wyatt, ma tocco il nulla. Non c'è. Mi alzo quasi in preda al panico, non so perché ma mi sento...abbandonata, eppure non vedo motivo per cui dovrei sentirmi così. Connetto il cervello e comincio a guardarmi intorno, noto la porta del balcone leggermente aperta. Il che non spiega solo il perché stessi morendo di freddo, ma anche dove sia Wyatt. Afferro un giaccone che trovo in giro e lo raggiungo infuocando la mia Marlboro.

"Ehi sono stato io a svegliarti?" chiede Wyatt in un tono piuttosto dispiaciuto.

"A dire il vero è stato il freddo, che però hai causato tu."

"Scusami io non..."

"Oh andiamo sto scherzando! Cioè in realtà no, perché davvero è stato per colpa del fr..." non termino la frase perché delle labbra al gusto Wyatt-tabacco premono decise sulle mie.

"A cosa devo questa dimostrazione d'affetto?" chiedo sorpresa una volta separate le labbra.

"Il Natale rende tutti più buoni, no?" risponde malizioso.

"In teoria si..." dico con un velo di malinconia.

"Cosa ti preoccupa? A me puoi dirlo." Dice serio.

"Niente Wyatt."

"Mi correggo allora, a me devi dirlo." Dice avvicinandosi.

"I miei soliti problemi, nulla che a qualcuno possa interessare."

"Se riguarda te, mi interessa." Dice serio, quasi poi vergognandosi di averlo detto.
"In realtà è che la tua frase mi ha fatto pensare." Dico tirando dal bastoncino tra le mie dita.

"Pensare...a cosa?" chiede.

"Pensare se... anche io dovessi essere più buona...almeno a Natale. Non credo tu capisca a chi mi riferisco."

"Ci ho pensato anche io." Dice abbassando lo sguardo.

Sorpresa chiedo: "A cosa?"

"Alla famiglia. E' a quella che pensavi, no?"

"Come hai fatto?" dico sedendomi a terra, trascinando la schiena sul muro alle mie spalle.

"A fare cosa?"

"A capirlo Wyatt. Come hai fatto a capire che pensavo alla mia famiglia?"

"Perché conosco cosa si prova, conosco le domande che ti tormentano, i dubbi. Conosco quello sguardo che vorrebbe esprimere orgoglio, ma rappresenta solo tristezza. Conosco la forza che non hai per ammettere che infondo, nonostante tutto, quasi senti la loro mancanza. Ma conosco anche la stessa forza che ti spinge a reprimere tutto questo."

Non riesco a rispondergli, ma so che ha capito che sono pienamente d'accordo con lui.

"Vivere a Londra, è sempre stato il mio sogno, scappare da loro era ciò che mi spingeva a crederci ogni giorno. Ero stanca di quella vita, di essere la ragazza trasparente, quella che c'è o non c'è è lo stesso, perché a nessuno importa. Avevo delle amiche che però non ho mai ritenuto davvero tali, tranne per una, che però poi si è dimostrata uguale alle altre. Avevo Luke che beh...lo sai. Poi c'erano loro, "mamma e papà" che mai chiamavo così, anche quando ne avevo l'opportunità. Loro non sono mai stati molto presenti, e quando lo erano, beh sarebbe stato meglio che non lo fossero. Non andavamo affatto d'accordo, con mia madre in special modo. Ti starai chiedendo cosa allora mi spinge ad avere dei rimorsi...e beh me lo chiedevo anche io all'inizio, ma poi mi è venuto in mente. Prima di partire loro...si sono comportati diversamente, direi quasi bene. Mi hanno lasciato dei soldi...molti soldi, più di quanto ne fossero necessari, promettendomi che se ne avessi avuto bisogno, avrei potuto riceverne altri, e poi cosa ancora più importante...hanno insistito per accompagnarmi all'aeroporto. Sembrerebbe banale ad occhi altrui, quasi scontato, ma non lo è affatto. Li conosco e per il loro modo di "essere genitori", accompagnarmi e preoccuparsi per me, non rientra nei piani. Perciò mi chiedo se dovessi in un certo senso...ricambiare il loro sforzo."

"Beh Alice entrambi veniamo da una situazione piuttosto difficile, quindi ahimè sono probabilmente l'ultimo a cui chiedere un consiglio ma...il fatto è che forse...hai ragione. Non conoscerò la tua storia nei minimi dettagli, ne tanto meno tutte le difficoltà che hai dovuto superare, però conosco il tuo carattere, e il tuo modo di essere, e credo che se una persona forte e determinata come te sia arrivata ad avere dei dubbi, beh c'è un motivo."

Adesso anche lui è seduto difronte a me. Le sigarette sono quasi completamente consumate.

"Le tue parole sono...davvero importanti per me. Nessuno mi ha mai descritto come una persona forte."

"Forse perché nessuno ha mai avuto modo di conoscere questa Alice. Quella che si è trovata sola in una nuova città completamente a lei sconosciuta, senza nessuno che le facesse da guida o da...compagno. Io la vedo così sai...voglio dire...secondo me il vero carattere di una persona...emerge quando per la prima volta è sola contro il mondo ed è costretta a farci a pugni. E' per questo che in un certo senso non mi sono pentito molto dell'abbandono di Ashley. Non ne ho mai parlato con nessuno ma... forse perché non ne ho sentito il bisogno. Senza di lei ho imparato a conoscere meglio me stesso, chi sono veramente e soprattutto chi voglio essere. E' stato allora che ho realizzato che Londra non mi ha cambiato come credevo all'inizio. Londra mi ha solo come dire...sboccato, aperto, liberato."

"Anche io sono sempre stata convinta che Londra mi avesse cambiata, ma le tue parole mi hanno fatto cambiare idea."

"Ne sono felice ma questo è solo il mio punto di vista, non deve essere per forza il tuo."

"Beh ma adesso lo è." Gli sorrido e lui ricambia.

"Oh scusami per aver deviato completamente discorso... è solo che quando inizio a parlare io..."

"Non scusarti, ne avevo bisogno."

Ci perdiamo come sempre nei nostri sguardi. Realizzo quanto ormai io e Wyatt siamo innegabilmente legati. Mi capisce come se mi conoscesse da sempre, o per dirlo con parole più adatte a noi, per lui sono come un libro aperto. Spero solo che non riesca a leggere tutti i miei dubbi, perché in quel caso, non saprei come fare. Il mio dubbio più grande, quello che maggiormente mi angoscia in questo periodo... è lui. I giorni che fin ora ho passato con lui per me erano si magnifici, ma quasi come innocui. Stavo così bene al suo fianco, che non mi ero mai chiesta il perché. Non mi importava fosse amicizia o altro, per me l'importante era che fosse...qualcosa. Ma dalle domande di Rosie, e dal mio irrigidirmi alle stesse, cominciavo a temere. Il sentimento sparito per Luke, in modo quasi inspiegabile era quasi come una conferma, la quale non volevo riconoscere. Continuo tutt'ora a negare quello che forse ho sempre saputo.

Una parte di me dice che questo assillante dubbio, ormai è una certezza, ma un'altra mi spinge a non ammetterlo. E mentre nella mia mente si combatte questa incessante guerra tra queste due parti, il mio sguardo ricade sulla sigaretta di Wyatt, ormai spenta da tempo. Quando me ne accorgo noto che se ne è appena accorto anche lui. Ci guardiamo e ridiamo quando realizziamo che è ormai spenta anche la mia. Forse siamo rimasti a fissarci più di quanto pensassimo. Ci alziamo in piedi e fissandolo ancora riesco almeno ad ammettere che, a prescindere da tutto, non posso negare che i suoi occhi sono il mio costante punto di riferimento, e le sue labbra il mio rifugio, perciò per difendermi dalla guerra che ho in testa, affondo nell'unico posto in cui mi sento al sicuro, lui.

"Ti andrebbe di leggere me?"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora