Non poteva essere vero.
Ero rimasta intrappolata nell'ascensore con Davide! E ora cosa avrei potuto fare qui, segregata con lui? Cercai di mantenere i nervi saldi e di ripristinare il normale funzionamento dell'organismo, espirando profondamente. Se fossi uscita fuori di testa, saremmo rimasti sicuramente a lungo chiusi in ascensore, perché di quell'egocentrico non credevo di potermi aspettare qualcosa di buono. Certo, l'avevo ringraziato mentalmente di avermi afferrata durante la caduta libera dell'ascensore, in modo tale che non cadessi anch'io, ma non gliel'avrei mai ripetuto a voce. Non avevo la minima voglia di incrementare la sua autostima, già all'ennesima potenza.« Ma non mi dire, non l'avrei mai capito senza il tuo aiuto, caro il mio scienziato! »
Sbuffai, allontanandolo da me.
« Non è il momento di scherzare, Jess... Io... Io soffro di claustrofobia »
Mi rivelò in preda al panico, torturandosi le mani e abbassando il tono della voce. Rimasi di stucco, non potevo credere che un ragazzo così risoluto come Davide potesse mai lasciarsi soggiogare da una futile paura.
« Tu? Di claustrofobia? Ma non mi far ridere, -ridacchiai con una punta di irritazione- l'hai detto tu che la situazione non è delle migliori »
« Jessica, non mi credi? »
Bingo! Non gli credevo per niente. Secondo la sottoscritta, si trattava solo di una spudorata presa in giro. Lui aspettava soltanto che io abboccassi all'amo come un pesciolino lesso per poi sghignazzare alle mie spalle. Io l'avevo detto che di uno come lui non ci si poteva fidare.
« Non credi che, anziché giocare, dovremmo trovare una soluzione per uscire da qui? »
Risposi decisa più che mai, con voce ferma e irremovibile.
« Mi sento mancare l'aria, dannazione »
Iniziò ad annaspare sotto i miei occhi, accasciandosi a terra lentamente e portandosi una mano alla gola. Poi, con grande teatralità, sbarrò gli occhi disumanamente e mormorò qualcosa di incomprensibile con voce flebile. Era assurdo che cercasse di imbambolarmi con una recitazione di così scarsa qualità.
Alzai gli occhi al cielo, seccata, pregando che la smettesse in fretta con quella sceneggiata.« Cioè, io sto letteralmente morendo, e tu te ne stai là ferma a fissarmi? »
Continuò, scattando in piedi, e riprendendo a respirare normalmente. Fine della recita.
« Primo non ti stavo fissando, e secondo non stavi "letteralmente morendo" -dissi, mimando le virgolette-. Era solo una patetica scenetta da quattro soldi improvvisata. Non me la sono bevuta nemmeno per mezzo secondo e, non per infierire ulteriormente, ma il gatto di mia zia Gertrude saprebbe recitare meglio di te »
Ribattei, sogghignando e coprendomi la bocca con la mano. Giusto per la cronaca, io non avevo alcuna zia di nome Gertrude con un gatto. L'avevo detto esclusivamente per smorzare almeno un po' il suo credersi l'autorità infallibile e insindacabile. E, poi, diciamocela tutta. Veramente avreste soccorso una persona come lui, che si crede Dio sceso in terra? "Sì, l'avresti ugualmente salvato, Jessica. Tu sei troppo buona". Un applauso per un'altra improvvisa entrata in scena della mia responsabile coscienza, grazie mille!
« Si, certo. Voglio proprio vedere te riuscire a recitare una scena del genere. E, comunque, veramente soffro di claustrofobia, ma immedesimarmi in un personaggio mi distacca dalla realtà della mia persona. Ero sul punto di avere un attacco di panico un giorno, in cui ero rimasto bloccato in ascensore, così finsi di recitare per credere che tutto fosse stato finto e calmarmi »
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Oltre la distanza-Cameron Dallas #Wattys2018
RomanceTalvolta la vita è proprio strana. Nel giro di pochi giorni può ribaltare la nostra esistenza, spedendoci dritti al settimo cielo, o purtroppo negli abissi. In un secondo può diventare perfetta, e in quello successivo può distruggere tutto, diventan...