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Era un lunedì mattina, un noiosissimo lunedì mattina grigio come tanti altri.
Helen si svegliò, con il naso chiuso e l'irrefrenabile voglia di dormire ancora. Non ascoltò il suo istinto, ma si alzò e si diresse verso il bagno, con gli occhi semichiusi e i piedi trascinati. Lavò il viso, si preparò e legò i capelli nella solita treccia. Prese lo zaino, chiuse la casa e se ne andò, ancora tramortita dall'incubo di quella notte. Era la seconda volta di fila che lo sognava: lei che si coricava nel letto e veniva risucchiata dentro, finendo in una stanza nera. Delle voci la chiamavano ma lei non riusciva a capire da dove, vedeva solo il buio. Poi all'improvviso si trovava davanti una porta sporca di sangue, ma proprio mentre lei si avvicinava con mano tremante per aprirla l'incubo finiva.
Mise gli auricolari, cercando di non pensarci. Camminò a passò svelto, stringendosi nella sua sciarpa di lana nera, ed in dieci minuti arrivò a scuola. Precorse il solito tragitto come faceva ogni giorno: camminata veloce fino al cancello, dopo camminare senza troppa fretta e con apparente disinvoltura senza fissare un punto preciso, salire piano le scale per evitate di cadere ( come già le era capitato) e poi sgattaiolare in classe come un ombra ed arrivare alla meta sana e salva, senza nessuna occhiataccia o presa in giro. Tutte cose che aveva imparato da sola, senza l'aiuto di nessuno.
Si sedette, strombazzò con il naso cercando di sembrare più elegante possibile, ed aspettò pazientemente l'arrivo di Julio, che come ogni giorno si fece attendere. Il moro ricciuto entrò con spavalderia dopo il suono della campanella, sorridendo in modo carismatico << Per fortuna la prof non è ancora arrivata>> esclamò.
<< Invece sono proprio dietro di te>> rispose la professoressa di inglese << Va a sedere>> e Julio obbedì mentre la classe scoppiava a ridere.
Lui si sedette con slancio, abbandonandosi sulla sedia << Non ce la faccio più Helen>> sbuffò.
<< Anche questa mattina hai fatto le corse?>> chiese con un sorriso la ragazza.
Julio prese il quaderno e la penna << Si, sono andato a dormire tardi>>
Helen fece una smorfia << Tanto per cambiare>> poi titubante aggiunse << Senti, l'altra volta mi dicesti di avere un lato oscuro. Quale sarebbe?>>
Lui la guardò, fissando un attimo quegli occhi azzurri come il cielo; un sorriso scherzoso si dipinse sul suo viso << Curiosa eh. Per caso non ci hai dormito su?>>
Helen rise << Veramente non ho dormito per altro>>
<<Cosa?>>
<<Un'incubo...>> confessò lei fissando il quaderno. Julio si fece preoccupato tutto d'un tratto << Davvero? Dopo mi racconti>>
Helen non rispose. Lei non voleva dire nulla riguardo le sue particolari capacità, specialmente a lui: cosa sarebbe successo se Julio avesse scoperto che vedeva i fantasmi?
Non poteva correre rischi, ed inoltre avere a che fare con gli spiriti poteva davvero essere pericoloso; già se solo avesse potuto, se ne sarebbe tirata fuori lei, figuriamoci gettare qualcun'altro in quel meandro sconosciuto. L'ora della ricreazione arrivò presto, e Julio ed Helen uscirono fuori dirigendosi verso la palestra.
<<Allora, spara>> la esortò Julio, ed Helen che già si era preparata la frase rispose << Ho sognato che finisse la nutella>>
<< Dai, seriamente>>
Helen sospirò << Okay, ho sognato di trovarmi in una stanza buia, e di non poterne uscire tranne che con una porta insanguinata, ma proprio mentre sto per aprirla l'incubo finisce>>
Julio annuì << Capisco, beh almeno non sai cosa c'è dietro la porta. Se c'è qualcosa che i film horror mi hanno insegnato è che dietro una porta c'è sempre un mostro>>
Helen rabbrividí in modo in percepibile agli altri, ma non a lei.
<< Comunque >> chiese poi il ragazzo << Era da un po' che volevo chiederlo, ma come mai abiti da sola? Cioè voglio dire, dove sono i tuoi genitori?>>
Helen sospirò e si sedette su un muretto, guardando il cielo; Julio fece come lei, attendendo con pazienza che cominciasse a parlare e maledicendosi mentalmente per aver usato così poco tatto.
Helen cominciò << Per quanto riguarda mio padre non so chi sia, se non un ragazzo con cui mia madre ha avuto una scappatella. Lei era una tossico dipendente, ed anche spacciatrice, e come puoi immaginare per comprarsi la droga faceva il cosiddetto " lavoro più vecchio del mondo "; anche dopo essere rimasta incinta di me. Con me è stata insensibile, assente, come se non esistessi. Ogni tanto si ricordava di avere una figlia, e questo la faceva deprimere terribilmente>> fece un sorriso amaro << Del resto non mi voleva, sono solo stata un errore. Ogni tanto mi trattava pure " bene", ma per la maggior parte del tempo stava a drogarsi. I soli ricordi che ho di lei sono mentre stava collassata sul pavimento, le siringhe per terra, ed un via vai di uomini dalla sua stanza. Per questo ho imparato a provvedere alle mie necessità da sola, nei limiti del possibile. Ricordo che a volte stavo giorni senza mangiare...>> s'interruppe un attimo per riprendere fiato, per non sprofondare nel turbinio di amari ricordi che le stavano tornando in mente. Julio l'ascoltava sconvolto, con gli occhi sgranati. << In ogni caso, quando avevo sette anni fu arrestata, ed io portata in una casa famiglia, il luogo in cui ho vissuto fino ad adesso. Non so che fine abbia fatto mia madre, ma non mi ha mai cercato e del resto nemmeno io ho cercato lei. Ma forse è meglio così>> stava per aggiungere qualcos'altro ma fu interrotta da Julio che le strinse la mano << Va bene così. Non ti sforzare. Vedo come tremi nel parlarmene>> disse dolcemente. Helen annuì, consapevole del fatto che Julio fosse l'unico apparte lei a conoscenza del suo passato. Ovviamente non gli aveva detto tutto : aveva tralasciato il dettaglio delle allucinazioni che adesso aveva scoperte causate in qualche modo dai fantasmi. E non gli aveva detto solo un altra cosa: l'unico ricordo felice che aveva di sua madre. Un ricordo custodito gelosamente all'interno del suo cuore, nell'angolo più nascosto. Non ci pensava mai neanche lei, perché come le belle parole più vengono dette più perdono valore, così i ricordi più vengono rievocati più si sfaldano, diventando solo passato. Quel ricordo stava dentro di lei, come un segreto che mai nessuno conoscerà.
<< E tu?>> Helen interruppe il profondo silenzio che si era creato << Raccontami del tuo lato Bad boy>>
Julio sorrise << Non lo sa nessuno okay? Ed è il mio più grande tormento, il mio più grande incubo, il mio scheletro nell'armadio. Tu mi descrivi come un grande amico, ma non lo sono sempre stato>> fece una pausa << Alle scuole medie avevo un amico: Matthew, per me Math. Scherzavamo sempre su questo perché lui era appassionato di matematica, era il classico secchione, il ragazzo magrolino e studioso. Ma anche quello preso in giro. Come in ogni scuola anche da noi c'erano i bulli, ed anche da noi la solita vittima: Math. Hanno cominciato a bersagliarlo dopo il risultato del primo test di matematica : il massimo dei voti ed un abbonamento a vita agli atti di bullismo. Hanno cominciato con sciocchezze, il quaderno scarabocchiato, l'astuccio che scompariva.. Ma con il passare del tempo le cose si fecero più gravi. Lui però sorrideva sempre, dicendo che prima o poi si sarebbero stancati e lo avrebbero lasciato in pace. Purtroppo si sbagliava. Con il tempo il bullismo si trasformò il vero e proprio vandalismo, ed iniziarono anche a menarlo. Lui era sempre più provato, mentalmente e fisicamente, ma nonostante fosse il più magro e il più piccolo della classe era di certo il più forte, e con il suo solito sorriso felice mi diceva di stare bene.
Ogni giorno sul suo corpo vedevo contusioni diverse, ed io non intervenivo; fino a quando un giorno, all'uscita di scuola, lo picchiarono davanti a me. Ho visto il suo sangue, sentito le sue lacrime, ignorato i suoi lamenti, ed io sono rimasto con le mani in mano perché ero troppo vigliacco per intervenire. Il giorno dopo Math non venne a scuola, e neanche quello successivo.
I suoi lo avevano trasferito. Corsi a casa sua, per dargli un ultimo addio per abbracciarlo e chiedergli scusa, scusarmi per non averlo aiutato, per averlo lasciato solo nel momento del vero bisogno. Mi sentivo un mostro, ma quando arrivai a casa sua mi disse esattamente queste parole " Dici di avermi lasciato solo, ma ti sbagli. Non potevi nulla contro i bulli, ma mi hai aiutato confortandomi. Quando venivo a scuola il pensiero che mi teneva forte era sapere che c'eri tu; sapere che c'è qualcuno che mi vuole bene è stato fondamentale per me. Sei stato più utile di quanto credi Julio, ed io non ti dimenticherò mai"
Dopo quel giorno non l'ho più visto>> una lacrima scendeva sulla guancia di Julio. Il ragazzo chiuse gli occhi,senza curarsi di asciugare il suo pianto. << Sono stato un vigliacco e non me lo perdonerò mai. Sai perché Helen? L'anno scorso ho cercato di contattarlo ma ho scoperto una cosa terribile: Math si è suicidato.>>
Lei trattenne il respiro, poi lo abbracciò << Non passa giorno in cui io non mi ritenga responsabile della sua morte>> pianse il ragazzo, ed Helen lo strinse più forte << Non dire sciocchezze >> disse << Lui stesso ti ha detto quanto tu sia stato importante per lui!>>
E all'improvviso un ragazzo apparve dietro Julio, come vapore che via via si andava condensano delineando i lineamenti di quello che era un pallido e asciutto adolescente con la gola recisa e grondante di sangue << Oh Julio, non dire così. Tu non centri niente. Sono così felice: ti ricordi di me!>>
Helen sgranò gli occhi.

La ragazza di polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora