37 (Finale)

337 36 39
                                    

Il silenzio regnava in quella stanza, tanto che Helen riusciva ad udire il flebile suono del suo respiro, il pulsare del suo cuore, e lo scorrere del sangue che portava vita nel suo corpo. Era vivo, il suo corpo, vivo e solo. Lei stava seduta sul davanzale, a tirare le somme della sua vita: aveva vissuto un'infanzia traumatica a causa di sua madre, era sta portata in una casa famiglia dove era stata vittima di allucinazioni, dopo qualche anno di perfetta apatia aveva deciso di prendere in mano la sua vita e avventurarsi tra le emozioni che era desiderosa di provare, non contava di farsi amici, invece era riuscita a stringere con Emily, si era presa un lieve cotta per Chester, e poi si era perdutamente innamorata di Julio.
Ma Emily non c'era più, così come Chester e come Julio. Erano spariti tutti, uno dopo l'altro, e lei si era ritrovata sola, senza forze e con le mani piene di gioia polverizzata, un sentimento che mai più sarebbe stata in grado di provare. Poi era arrivata sua madre, la stessa donna che le aveva segnato la vita e che lei aveva perdonato, una donna pentita e desiderosa di amare, e adesso le frullava in mente di togliersi la vita per aiutare definitivamente sua madre ad andare oltre.
Strano. Incomprensibile, forse, ma era così.
I giorni passarono, monotoni, grigi e vuoti; ed arrivò la vigilia di Natale che, neanche a dirlo, Helen avrebbe passato da sola. Quella vita ormai le sembrava una pagliacciata, e ogni secondo che passava alimentava in lei il desiderio di farla finita. Ma lei sapeva bene che quella non sarebbe stata un fine, ma un nuovo inizio al fianco di sua madre. Non voleva suicidarsi, voleva solo compiere un ultimo estremo gesto di bontà, per poi essere ripagata dall'affetto materno che mai aveva ricevuto.
Sì, era proprio così.
Non aveva più dubbi ormai.
Chiuse gli occhi e li riaprì lentamente, tirò un profondo sospiro, poi lentamente si diresse verso il bagno.
Si posizionò di fronte allo specchio, ed osservò attentamente il suo riflesso: quella che vedeva non era più una ragazza forte e gentile, ma solo una persona ferita, svuotata, sofferente... Che senso aveva continuare così?
Poggiò una mano allo specchio, accarezzando la guancia del suo riflesso << Oh Helen cara..>> sussurrò << Helen, sei stata una brava persona, e nonostante la vita ti abbia messo a dura prova tu, nel bene e nel male, sei riuscita a sollevarti sulle tue gambe ferite. Ma adesso è troppo vero?>> annuì << Lo so, lo so, Emily è andata, adesso sta in pace, grazie a te. Ma anche Julio non c'è più, lui è lontano è non vi rivedrete mai più>> la sua voce tremò, e come sempre a quel pensiero una lacrima scivolò sulla sua guancia, ma lei non si curò nemmeno di asciugarla << Ma è OK, tu ti ricorderai di lui, e lui si ricorderà di te, per sempre, l'ha promesso. Adesso devi fare un ultimo sforzo, poi sarai felice anche tu, insieme a tua mamma.>> sorrise a se stessa, poi senza pensarci due volte si sfilò gli abiti, riempì la vasca di acqua calda e versò dentro i bagnoschiuma più profumati e delicati che avesse. Si immerse nell'acqua schiumosa, chiuse gli occhi e rilassò le membra, crogiolandosi in quella meravigliosa sensazione. Dopo mezz'ora uscì dall'acqua, si asciugò i capelli meglio che poteva, si vestì di tutto punto con gli abiti che più le piacevano; si riempì le tasche di tutti i suoi risparmi ed uscì di casa. Andò prima nel solito bar, dove ordinò quello che prendeva sempre, poi fece un giro per le vie della città, assaporandone i rumori, gli odori, e tutti i ricordi che rievocava in lei. Diede denaro a tutti i mendicanti che incontrò, poi tornò a casa. Chiuse delicatamente la porta alle sue spalle.
Si mosse per la casa silenziosa, ed andò in cucina: prese il coltello più lucido e appuntito, poi si diresse in soggiorno.
Deglutí.
Era pronta. Chiamò sua madre in un sussurro <<Mamma>> e lei le apparve davanti.
<< Dimmi tes..>> si bloccò di colpo osservando il coltello << Che vuoi fare?>> chiese allarmata.
<<Mamma>> disse Helen con una voce così ferma e sicura che neanche sembrava la sua << Dimmi chiaramente, cosa desideri in assoluto?>>
La donna esitò un attimo, poi mormorò << stare con te, poterti abbracciare, e darti l'affetto che meriti>>
A quelle parole le labbra della ragazza si piegarono automaticamente in un sorriso tremante.
<<Bene>> fece << Renderò questo desiderio realtà>>
<< Helen>> esclamò Maria, con voce rotta << Non sarai seria?!>>
<< Si lo sono>> rispose << Non ho paura, perché so che dopo starò con te, ed è quello che voglio, quello che mi resta.>> pensò alle parole che tempo prima le aveva detto Chester " a volte la morte è l'unica soluzione " ed adesso capiva quanto fosse vero.
<< Non ho nulla da perdere. Non so perché è successo tutto questo, forse ho sbagliato tutto, forse è solo il mio destino, sta di fatto che non ho niente qui. Le poche persone che ho amato non ci sono più. >> fece una pausa, con gli occhi pieni di lacrime, il petto che si alzava e si abbassava velocemente. Dio, quanto era vero.
In quel momento fu come se sentì, per la prima volta, tutto il dolore delle ferite che le erano state inflitte nel corso del tempo. Chiuse gli occhi, le labbra tremavano. Sentiva dolore, un forte dolore al petto, e sentiva che l'unica cosa da fare per alleviarlo era gettarsi a terra e scoppiare piangere, come se non ci fosse un domani, come se dalle lacrime sarebbero sgorgate tutte le sue sofferenze. E fu quello che fece: cadde in ginocchio, con le mani poggiate per terra, il coltello racchiuso nel pugno destro, la testa china, troppo pesante per essere sollevata, la sua espressione troppo vergognosa per essere mostrata. I singhiozzi facevano fremere il suo corpo, e lei pensò di non essere più in grado di fermarsi. Le passarono davanti agli occhi tante e tante cose, e lei era lí, ferma sotto il peso di un macigno posto sulle sue fragili spalle fin troppo presto. Le lacrime cadevano a terra, colpivano il pavimento, i suoi singhiozzi erano ormai lamenti strazianti, la gola le bruciava, ma non riusciva a smettere. Sembrava che quello fosse il pianto di tutta una vita.
<< Perché >> biascicò, amareggiata e delusa << perché a me mamma? Io volevo solo essere felice, volevo essere felice come tutte le altre bambine, i-io volevo solo avere una famiglia, ma non l'ho avuta, volevo crearmi delle amicizie, ma non ci sono riuscita. L-le uniche che sono stata in grado di fare si sono spezzate lasciandomi smarrita. Non è giusto>> pianse << Non è giusto, NON È GIUSTO!>>
Anche Maria nel frattempo era scoppiata a piangere, ed adesso si avvicinava lentamente alla figlia << Lo so Helen. Ed è tutta colpa mia. Non me lo perdonerò mai, mai, tu sei la mia unica figlia, la mia splendida ragazza! Scusami Helen>> singhiozzò << Scusami. Ricominciamo insieme, ricominciamo da capo, senza commettere errori>>
Helen annuì, ancora con le guancie umide e scossa da singhiozzi.
Strinse tra le mani il manico del coltello, e guardò la lama, lucida e lucente, che presto si sarebbe impregnata del suo sangue. Alzò gli occhi chiari ed incrociò quelli di sua madre, che la guardavano buoni, supplichevoli, doloranti; il sorriso della donna era buono, caldo, dolce e fece breccia nel cuore di Helen togliendole qualsiasi insicurezza.
Incise quel sorriso nella sua mente, chiuse gli occhi, poi con tutta la forza che aveva nel corpo, diede uno slancio al braccio e conficcò il coltello nel suo stomaco.
Il dolore fu immediato, intenso, lancinante, sentì il sangue caldo sgorgare dalla ferita e scivolare lungo il suo corpo per poi cadere a terra, uno sputo di sangue uscì dalla sua bocca.
Lo aveva fatto davvero.
Poi un altro dolore l'attanagliò, un dolore così intenso che le fece dimenticare per un attimo di avere un coltello conficcato nel ventre. Proveniva dalla sua mano sinistra; aprì gli occhi che aveva tenuto chiusi, e guardò. Le pupille si restrinsero sino a diventare due fessure, trattenne il fiato: dalle sue dita uscivano piccoli granelli di polvere, che la consumavano.
Si stava polverizzando.
Alzò sconvolta lo sguardo in cerca di spiegazioni e rimase inorridita: ad accoglierla non c'era più un sorriso dolce e buono, ma ad increspare il volto di sua madre c'era un ghigno malvagio, sadico, così cattiva da rendere la donna deforme.
<< P-perchè?>> fu l'unica cosa che riuscì a chiedere, e la risata malefica che ebbe in risposta le fece capire tutto.
Sua madre era il mostro che c'era dietro tutte le visioni, era lei quella che la perseguitava, e con tutti quei discorsi capiziosi l'aveva indotta al suicidio. E sapeva bene qual'era la sorte che attendeva i malcapitati che morivano per mano dei fantasmi cattivi: si sarebbe polverizzata, sarebbe scomparsa dalla faccia della terra, nessuno si sarebbe ricordata di lei. Sgranò gli occhi << Julio...!>> pensò con rammarico, mentre adesso anche le gambe sparivano per diventare polvere. Adesso il ragazzo non si sarebbe ricordato di lei, e le lacrime scesero amare dai suoi occhi, ma fu inutile, perché anche queste divennero polvere.
Poi, prima di scomparire del tutto, quel Ricordo divampò nella sua testa, come un lampo:

<< Mamma..>> chiamò una bambina dal suo letto << Mamma!>>
Si udirono dei passi e la porta si spalancò.
<< Che c'è?>>
<< Ho paura del buio>> mormorò la piccola, con tanto d'occhi, azzurri come il cielo.
<< È normale, perché non riesci a vedere cosa ti circonda, ma ricorda che la stanza è la stessa di sempre. Hai paura di stare in camera tua di giorno?>>
La bambina scosse la testa.
<< E allora!>> esclamò la donna, e fece per andarsene.
<< Aspetta >> la chiamò la bambina << Puoi restare qui e leggeri una storia?>>
La donna acconsentì, accese la luce e lesse una storiella alla figlia, e lei stessa se ne straní, dato che era una cosa che non faceva mai. Alla fine la bambina chiuse gli occhi, lei posò il libro e spense la luce; ma proprio quando era sulla soglia della porta si sentì chiamare di nuovo.
<< Che c'è ancora?!>> esclamò seccata.
<< Io... Ti voglio bene>> sussurrò la bimba.
La donna rimase perplessa un attimo, con gli occhi chiari come quelli della figlia che rispecchiavano la luce delle stelle. Gli angoli delle sue labbra si sollevarono impercettibilmente, poi sussurrò << Anch'io>> e con un sincero sorriso d'affetto uscì dalla stanza.

Il vento fuori soffiava forte,la neve fioccava dal cielo, e proprio come quella neve cadeva lieve, l'ultimo granello di polvere si posò sul pavimento, adagio.

FINE.


RINGRAZIAMENTI:
A tutti i miei amici, che mi hanno sempre consigliato e incoraggiato, A voi lettori, specialmente quelli che mi hanno seguito con assiduità, e ad Helen, che è sempre stata nella mia testa raccontandomi la sua triste storia.
So che è un finale che lascia l'amaro in bocca, ma necessario per trasmettere il messaggio che spero abbiate colto, ma se volete, vi spiegerò e motiverò con piacere la mia scelta, in un ultimo capitolo, fatemi sapere ^-^ se non altro per un'ultima chiacchierata.

Alla prossima!

La ragazza di polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora