Helen era sconvolta. Anche lui, anche Chester era un fantasma. Ancora una volta non era riuscita a distinguere un morto da un vivo, e cosa ben peggiore una fantasma riusciva a farle palpitare il cuore. Le piaceva un ragazzo morto.
" certo che ti vai sempre a cacciare nei guai" si rimproverò con rammarico " E adesso?"
Avrebbe dovuto dimenticarlo. Eppure quei capelli neri come la pece, quegli occhi ardenti come il carbone... La venne da gridare.
Sta a vedere che dopo una vita di delusioni doveva pure soffrire per quello. Mai una cosa positiva, solo ed esclusivamente sofferenza. Poteva Helen, una ragazza ferita che vede i morti, innamorarsi di un ragazzo normale e trovare un po' di felicitá? Certo che no.
Poggiò il mento sulla mano, senza staccare gli occhi dal finestrino, e decise di non pensare più a quel magnifico ragazzo e concentrarsi su Elizabeth e il suo carillon.
Quella sera stessa l'avrebbe chiamata, e la povera bimba avrebbe finalmente trovato la pace.
Sorrise.
Aiutare gli altri la faceva sentire appagata, peccato che nessuno curasse le sue di ferite.
L'autobus si fermò, fece il cambio di bus ed arrivò a casa con mezz'ora di ritardo. Ma almeno era a casa, grazie al consiglio di Chester, l'aveva aiutata e adesso doveva essere lei ad aiutare lui. Del resto era un fantasma no? Anche se sarebbe stato doloroso per lei anche Chester meritava di andare oltre.
Avrebbe messo ancora una volta la gioia degli altri prima della sua, ma non importava.
<<Ormai c'ho fatto il callo>> mormorò a se stessa << Sii forte Helen, sii forte come lo sei sempre stata>>
Le sue ferite sanguinavano ancora, ma lei le mostrava con orgoglio. Erano la prova della sua tenacia.
Per questo odiava piangere. E con pianto non intendeva commuoversi davanti un film, o anche piangere per gli altri. Lei odiava piangere per se stessa, odiava le lacrima che protestavano nei suoi occhi per un po' di libertà quando pensava al suo passato, a sua madre.
Forse era dovuto al fatto che sua madre la picchiava quando la vedeva piangere, perché disturbata dai rumori dei suoi singhiozzi, in ogni caso gli strascichi di quell'episodio si manifestavano ancora con il rifiuto del pianto.
Fece una doccia veloce, ancora timorosa per le allucinazioni avute in bagno giorni prima.
Si vestì e prese il carillon tra le mani, per esaminarlo: era il legno di ciliegio, lucido e finemente intagliato. Il coperchio era ricoperto d'argento, dove erano incise le parole " Alla mia piccola Beth" . Helen lo sfiorò con le dita, assaporando la superficie liscia, poi fece ruotare la manovella e il coperchio si aprì, le note di una dolcissima melodia si diffusero per la stanza. Un ballerina, anch'essa in legno piroettava a ritmo di musica, con il tutù in raso color fiore di ciliegio, la pelle bianca, le braccia sollevate. Immediatamente apparse Elizabeth, con gli occhi luminosi e un sorriso sinceramente felice sulle labbra.
Sembrava che più ascoltasse la dolce musica più il suo colorito tornava normale, meno livido e giallognolo, sembrava come se tornasse in vita.
Elizabeth si avvicinò al carillon che si era richiuso, lo sfiorò con le dita teneramente.
<< Sono felice>> disse più a se stessa che ad Helen << Non ricordavo che fosse così, non ricordavo come riuscisse a farmi sentire meglio.>>
Guardò un attimo negli occhi Helen
<< Mia nonna mi regalò questo carillon, per poi morire dopo poche settimane>> abbassò gli occhi sull'oggetto << È il ricordo più importante che ho di lei, che era tanto buona con me. Quando andavo all'ospedale lo portavo sempre con me, non me ne separavo mai. Non potevo abbandonarlo per sempre senza riassaporare la sua musica>>
Sorrise, gli occhi marroni brillavano come scure gemme << Grazie Helen>> sussurrò << Grazie>> e scomparve nell'aria.
<< Di nulla>> sussurrò Helen. Si guardò intorno, la stanza era improvvisamente vuota e si sentì osservata. Il ricordo di quelle che era successo a casa di Helen si rifece vivido nella sua testa, e l'angoscia crebbe dentro di lei.
<< Non voglio stare sola questa notte >> pensò, timorosa. Un'altra sola allucinazioni e avrebbe dato di matto, aveva bisogno di qualcuno. Ci rifletté molto, poi prese il telefono e digitò il numero di Julio. Dopo qualche squillo sentì la voce carismatica e calda del ragazzo risponderle dall'altra parte del telefono << Pronto Helen?>>
<< Ehy ciao Julio, ascolta, mi sto annoiando e avevo voglia di vedere un buon film in compagnia di cibo spazzatura, vuoi venire a farmi compagnia?>>
Il cuore del ragazzo ricciuto cominciò ad accelerare i battiti << Eccome se vorrei, sta a vedere se posso>>
<< Va bene, Chiedi e mi fai sapere?>>
<< Okay, ti invio un messaggio>>
E staccò. Julio cominciò a camminare avanti e indietro, non era sabato di certo i suoi genitori non gli avrebbero permesso di uscire; ma lui doveva vederla. Ne aveva bisogno.
Aveva bisogno di sentirla vicina, di perdersi nei suoi rari sorrisi, in quegli occhi per lui preziosi come diamanti.
Se solo lei avesse ricambiato il suo sentimento.
Julio sentiva che Helen aveva un segreto, capiva che era spaventata da qualcosa, ma non l'avrebbe sforzata a raccontarlo, a lui bastava solo proteggerla e farla sentire sicura, farla stare felice. Era questo il suo più grande desiderio: vederla sorridere. Senza che lei ne avesse parlato lui capiva che aveva pianto per tanto tempo, per questo voleva farla sorridere, perché i suoi sorrisi erano per lui qualcosa di prezioso. Per questo stesso motivo lui non avrebbe pressato Helen in nessun modo, forse un giorno si sarebbe dichiarato, ma avrebbe accettato qualsiasi decisione di lei.
Quella situazione lo faceva stare male, ma aveva capito che la cosa migliore da fare era amarla nell'ombra, almeno in quel momento.
Si mise davanti lo specchio formulando la frase <<Posso uscire>> in diversi modi, poi prese coraggio ed uscì dalla stanza pronto ad affrontare i suoi genitori.
La casa però era vuota: sapeva che suo padre aveva il turno di notte all'ospedale, ma sua madre?
La chiamò al telefono.
<<Mamma?>>
<<Dimmi>>
<< Ma dove sei?>>
<< Oh pensavo di avertelo detto, comunque sono uscita con una mia collega, siamo fuori città pensò che tornerò tardi>>
<<Ah capisco>> mormorò Julio, saltellando per la stanza.
<< Tu vedi di andare a dormire presto e di non stare con quel coso tra le mani. Ciao>>
<<Buon divertimento>> rispose lui, ma la madre aveva già staccato. Beh, poco importava, c'ho significava poter uscire. Si preparò con cura e prese le chiavi di casa, uscì dalla porta e si incamminò.
<<Arrivo :D>> scrisse ad Helen, con il cuore che palpitava, e l'irrefrenabile desiderio di stringerla a se.

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La ragazza di polvere
ParanormalHelen, sedici anni, un passato tormentato, ed un'inquietante potere che la porterà verso un tragico finale. tratto: Madame Smith la guardò perplessa > chiese. > Nessuno rispose.