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Helen aprì gli occhi. Le ci volle qualche minuto per capire di essere coricata sul pavimento freddo, di fronte al portone, proprio dove era svenuta la sera prima. Tutto le ritornò in mente, e il terrore la riempì di nuovo. Si alzò si scatto, con un sussulto.
Il mostro dov'era? Cos'era successo?
Si alzò in piedi barcollante, poi tenendosi nel muro andò in cucina e accese la luce. Guardò l'orologio: erano le sei e mezza del mattino. Evidentemente aveva passato la notte svenuta.
<< Ma cosa diamine è successo?>> si chiese ripensando al mostro che era uscito dal suo letto. Stette in silenzio ad ascoltare i rumori della casa vuota, ma non riuscì a percepire nulla di strano. Si prese di coraggio, afferrò il primo mestolo che vide per utilizzarlo come arma e salí di sopra. Aprì la porta della sua stanza, si avvicinò con passi lenti al letto, il respiro pesante, le mani sudate. Si abbassò lentamente e con un gesto fulmineo alzò le coperte, diede un'occhiata, ma non c'era nulla apparte che un mucchio di polvere. Fece un profondo respiro: il peggio era passato. Era sola in quella casa, lei e nessun altro, ma di certo la solitudine è molto di un mostro. Si preparò velocemente, senza neanche truccarsi, ed uscì di casa quando ancora erano le sette. Non le importava, voleva solo allontanarsi da lì.
<< Tanto vale andare a fare colazione da qualche parte. Dopo la notte che ho passato ci vuole una buona dose di zuccheri>>
Così andò in un bar e ordinò un cappuccino, cominciò a berlo lentamente.
Non riusciva a spiegarsi cosa fosse successo. Oltre i fantasmi esistevano pure i mostri adesso? Decise subito di chiedere spiegazioni.
<< Emily..>>chiamò. E subito la ragazza dai capelli rossi le apparve davanti.
<< Ehi Helen, tutto okay?>>
<< Decisamente no. Mi è successo qualcosa di assurdo questa notte>>
<< Del tipo?>>
<< Erano le undici di sera all'incirca, Julio era appena andato via, ed io sono salita in camera mia. Emily, c'era un mostro sotto il mio letto. Un fottuto mostro. Era alto, insanguinato orribile e... Reale. Cosa significa?>>
Emily aveva ascoltato con attenzione, impallidendo << Helen, i mostri non esistono. Era un'allucinazione>>
<< Ma io ho sentito chiaramente le sue dita attorcigliarsi alla mia gola!>>
<< È questa la cosa più grave.>> Emily la guardò fissa con i suoi occhi verdi, strinse le sue mani su quelle di Helen.
<< La tua paura ha concretizzato quel mostro, e la tua paura ti ha dato la sensazione di sentire le sue mani che ti strozzavano. Ma in realtà era solo un'allucinazione, se qualcuno avesse ripreso la scena si sarebbe visto solo te e nessun altro. E non va bene Helen: più terrore provi e più queste allucinazioni diventano pericolose. È proprio quello che vogliono: spaventarti a morte, farti credere in cose che non sono reali. Devi tenere il sangue freddo Helen, devi mantenere la calma>>
<< Beh cosa vuoi che faccia?! Non mi puoi biasimare. Era notte ed ero sola, io ho visto quel coso e naturalmente mi sono spaventata. Avrei dovuto stringergli la mano? Dire " Ehy salve, piacere di conoscerti"? Ho avuto paura Emily, e ne avrò sempre di più. Mi vogliono morta, non posso restare calma!>> gridò Helen.
Emily la guardò comprensiva << Lo capisco. È normale che tu abbia paura, ed è vero che ti vogliono morta, ma proprio per questo devi imparare a controllarti. È l'unica soluzione, non c'è altra scelta. >> fece una pausa << Non voglio che ti succeda qualcosa di male Helen, promettimi che da ora in poi, quando avrai paura di qualsiasi cosa, mi chiamerai. Sei molto brava nel richiamo degli spiriti, quando mi chiami sento la tua voce chiara e forte, e riesco a raggiungerti senza problemi.>>
Helen passò una mano tra i capelli che, nella fretta, aveva lasciato sciolti, fece un profondo respiro << Si, grazie Emily. Te lo prometto, ed hai ragione tu. È solo che non capisco cosa ho fatto per meritarmi tutto questo: mi sembra come se tutto vada per il verso sbagliato. Ho sofferto già per altre cose, ci vuole pure un fantasma che mi tormenta.>>
<< Helen, sei solo stata sfortunata. Vedrai che prima o poi le gioie arriveranno >>
<< Spero che sia come dici tu>> rispose Helen, mesta, stringendo tra le mani la tazza calda di cappuccino.
Emily le sorrise rassicurante, ed Helen non poté fare a meno di ricambiarlo, ringraziandola mentalmente.
<< Beh, sarà meglio che vada>> esclamò Emily guardando oltre la spalla di Helen, poi scomparí.
Helen si guardò dietro e vide un uomo guardarla stranito da sopra il giornale. Lei gli sorrise << Stavo parlando al telefono>> spiegò facendo dondolare gli auricolari. L'uomo si rilassò << Ah Capisco>>poi tornò a leggere. Lei finì il suo cappuccino ridendo sotto i baffi, poi si alzò e si avviò verso la scuola.

<<Mamma io sto andando!>> gridò Julio, mettendo lo zaino su una spalla.
<< Aspetta>> lo chiamò sua madre << Devo parlati>>
Julio si fermò, incuriosito << Dimmi>>
<< Ieri mentre ero fuori ho ricevuto una chiamata da zia Muriel.>>
<< Dai zia Muriel?>> esclamò il ragazzo, memore di tutti i litigi tra la madre e la sorella. Era a causa di questi aspri scontri che erano andati via dalla Spagna, e da allora sua madre e sua zia non si erano rivolte parola.
La donna fece un profondo respiro << Si. In realtà è da un po' di tempo che parliamo, e finalmente abbiamo chiarito. Ieri abbiamo avuto la discussione decisiva: torniamo in Spagna>>
Julio sgranò gli occhi << Cosa? Così su due piedi?>> esclamò sconvolto.
<< Ascolta le persone quando ti parlano. Ti ho appena detto che ne parliamo da mesi.>>
<< Ma perché non mi avete detto nulla!>> ruggì lui, allibito.
Sua madre alzò le sopracciglia << Sarebbe cambiato qualcosa?>>
<< Sarebbe cambiato qualcosa?!>> Julio strinse i pugni << È assurdo!>> urlò << Siamo qui da una vita! Solo perché avete fatto pace adesso dovremmo tornare indietro?!>>
<< Si Julio, ma è una scelta molto ponderata>>
<< No, no che non lo è!>> Julio cominciò a camminare avanti e indietro, con i nervi a fior di pelle.
Sua madre restò in silenzio << È inconcepibile! Abbiamo tutto qui, per me la Spagna è un paese sconosciuto! Non mi importa di essere nato là, la mia vita è qui! >>
<< Julio fattene una ragione! >> gridò sua madre << Entrò la fine del mese faremo le valige>>
<< Entrò la fine del mese?!?>> era ancora più sconvolto << Ti rendi conto che non stiamo parlando di cambiare casa, ma di cambiare paese?
NO, IO MI RIFIUTO>> ruggì << Tu e papà prendete sempre scelte importanti senza chiedere il mio parere, ed io sono stanco di questa situazione! Mi dispiace molto, ma faccio parte anch'io della famiglia, ed io da qui non mi muovo! La mia vita è qui, e non ho nessuna intenzione di abbandonarla. Prima mi avete trascinato qui per il vostro tornaconto, e adesso pretendete che torni in Spagna sempre per i fatti vostri. No, non è così che funziona! >> lui era fuori di sé << Mi sono stancato di essere trattato in questo modo, la prossima volta che prendete una decisione tanto importante interpellatemi prima, perché sai, forse non ve ne eravate accorti, MA IO ESISTO!!>> e se ne andò sbattendo la porta. Camminò a passi furiosi: no non poteva andarsene, sarebbe significato dire addio alla propria vita, e lui non poteva abbandonare i suoi amici, i suoi ricordi, non poteva abbandonare Helen.

La ragazza di polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora