L'indomani mattina Helen si svegliò presto, dopo un sonno leggero e tormentato da orribili incubi, sempre più frequenti. Si alzò e si posizionò davanti allo specchio, sconvolta e triste per la perdita di Emily. Lavò la faccia con movimenti lenti e annoiati, alzò lo sguardo ed esaminò il suo viso: la faccia era dominata da due profonde occhiaie, il suo incarnato pallido quel giorno le sembrava grigio e malaticcio, così presa da uno scatto di nervosismo si allontanò dallo specchio e indossò la felpa più larga che aveva. Legò i capelli in una treccia che quel giorno proprio non voleva riuscire bene, e con il morale più nero della notte si avviò.
Era così triste da non voler nemmeno ascoltare la musica, non voleva vedere il viso della gente, non voleva parlare con nessuno, voleva solo rannicchiarsi in un angolino senza far nulla, nemmeno pensare.
Camminava con passo lento, lo zaino sulla spalla, lo sguardo piantato per terra, la sua mente era occupata da pensieri negativi che di certo peggioravano solo la situazione.
Alla fine arrivò in classe che aveva le lacrime agli occhi, ma lei le ricacciò immediatamente dentro. Gettò lo zaino sul banco e si sedette pesantemente sulla sedia.
Aveva perso Emily, la sua prima vera amica. Posò gli occhi malinconici fuori dalla finestra ed osservò un sole particolarmente luminoso far capolino tra le nuvole. Questo la fece innervosire ancora di più: tutti erano erano felici, pure il cielo, tranne lei. Perché? Perché doveva sempre soffrire? Uscì dalla classe troppo rumorosa, nessuno le rivolse parola, cominciò a camminare per il corridoio che pullulava di persone, nessuno le rivolse uno sguardo. Helen si sentì invisibile, ritagliata da tutti, intrappolata in una dimensione separata dalla gioia che la circondava, una dimensione dove la felicità era stata bandita. Tutti camminavano allegramente, ignari del suo dramma, ed Helen capì che non le servivano super poteri per essere invisibile. Era la più insignificante delle gocce che compongono il mare, assolutamente ordinaria, nessuno si sarebbe accorto della sua assenza se fosse sparita. Helen si fermò al centro del corridoio, i piedi piantati per terra, un dolore al petto e le lacrime dentro gli occhi così pesanti da impedirle di alzare la fronte. Lei e il suo dolore: chi avrebbe vinto?
<< Helen?>> una voce calda illuminò Helen proprio come un raggio di sole che trafigge le tenebre. << Tutto bene?>>
Si voltò lentamente, era Julio.
Il sorriso nacque sulle sue labbra, all'improvviso si sentì tratta in salvo, come se Julio l'avesse salvata dal mare oscuro di pensieri in cui stava annegando. Si, c'è l'avrebbe fatta grazie a lui, grazie alla persona che amava. Gli corse in contro per abbracciarlo, ma poi si fermò a causa della dannata timidezza.
<< Che succede?>> chiese il ragazzo notando gli occhi lucidi di lei.
Lei sorrise con difficoltà, ma sorrise perché non era del tutto sola, c'era Julio con lei. << Nulla>>
Lui restò interdetto un attimo, poi con un movimento fulmineo l'afferrò per il polso e la strinse a sé, racchiudendola tra le sue braccia. Helen non disse nulla, non lo respinse, si limitò ad affondare la fronte nel suo petto. << Helen, voglio che tu sia felice>> sussurrò il ragazzo. Helen sollevò la fronte per guardarlo, e vide la sua espressione addolorata. Lui si preoccupava di lei.
<< Quando ci sei tu lo sono>> rispose, con gli occhi azzurri come zaffiri che sembravano brillare.
Si separarono << Ho una buona notizia Helen>> esclamò il ragazzo.
<< Cosa?>>
<< Sabato Zack fa il compleanno. Ricordi il mio amico?>> Lei annuì impercettibilmente: eccome se ricordava quello sgradevole ragazzo, e Amanda. << Lo so che non ti stanno simpatici...>>
<< No, sono io che non sto simpatica a loro>> lo interruppe Helen.
<< Beh, si. In ogni caso mi ha detto che posso portare qualcuno con me, e io voglio che questo qualcuno sia tu. Vuoi?>>
Helen rallentò il passo. Le sarebbe piaciuto andare ad una festa e divertirsi, ma purtroppo sapeva già come sarebbe finita: l'avrebbero presa in giro come l'altra volta. Julio attendeva speranzoso una risposta, così Helen leggermente titubante disse << Ci sarò. Passeremo il sabato in modo diverso>>
Julio esultò << Grande! Sono felicissimo. Non vedo l'ora che sia sabato.>> Helen sorrise, poi tornò a fissare il pavimento.Era pomeriggio, e non c'era più traccia del cielo terso e luminoso di quella mattina, adesso le nuvole coprivano la città come una spessa coperta grigia, il vento ululava tra le fronde degli alberi e le strade erano deserte. Ben presto le cataratte del cielo si aprirono, e cadde giù una scrosciante pioggia gelata.
Helen era gettata tra le coperte, al buio. I tuoni facevano tremare le pareti, ma lei non se ne curava.
Non aveva voglia di fare nulla, non aveva la forza di aprire un libro o accedendere la televisione, era troppo scossa, troppo provata. Dopo un'ora passata in quelle condizioni capì che era tempo di reagire, così si mise a sedere, poi sgusciò fuori dal letto ed andò in bagno per sciacquare il viso. Nello stesso istante in cui si era alzata aveva sentito una strana sensazione, come un brivido che la percorreva tutta, ma lei non ci fece molto caso. Dopo andò in cucina per mangiare qualcosa, dato che non aveva pranzato, ma non aveva per nulla fame, quindi lasciò perdere. Prese i libri di scuola e cominciò a studiare, dopo aver finito si gettò sul divano e accese la TV. Avrebbe preferito fare una passeggiata per animarsi un po' di più, ma il tempo non lo permetteva.
<< Mmmh, non c'è niente in TV>> mormorò, facendo zapping. Alla fine la cosa più interessante che trovò fu un documentario sugli animali. Questo però, solo dopo qualche minuto, aveva iniziato ad annoiarla, ma proprio quando decise di spegnere fu attratta da un'immagine particolare. Stavano riprendendo un ragno, di quelli enormi e grandi quanto un pugno, questo muoveva le zampe pelose velocemente, ed andava incontro alla telecamera. Un bruciore allo stomaco attanagliò Helen, qualcosa non andava: percepiva una presenza nella stanza, la stessa sensazione che provava ogni volta prima delle allucinazioni e che aveva imparato a riconoscere. Il cuore prese a battere più forte, poi quel ragno orrido uscì dalla televisione. Lei restò immobile, sconvolta, incapace di fare un qualsiasi movimento, e quando vide che altri ragni avevano cominciato ad uscire le mancò poco per svenire. Nel giro di qualche secondo la stanza si riempì di quelle piccole e orrendo creature. I ragni ricoprivano il pavimento, si muovevano con quelle zampe veloci, e continuavano ad aumentare senza sosta. Helen si mise in piedi sul divano, urlando, ma i ragni si arrampicarono e raggiunsero i suoi piedi; cominciarono a mordere le sue carni e lei fu investita da scariche di dolore, brevi ma così intense da farle perdere l'equilibrio. Cercò di scrollarseli di dosso, agitando le gambe, ma questi continuavano ad arrampicarsi.
<< Aiuto!>> gridò terrorizzata, ma sapeva che nessuno poteva sentirla. Cadde tra la marea di orribili mostriciattoli, che si arrampicarono sul suo corpo, alcuni andarono verso il viso, Helen sgranò gli occhi e serrò le labbra per non far entrare i ragni, altri si avvicinarono al suo interno coscia. Le creature zampettavano sul suo corpo, le riempivano la faccia, due di loro le ficcarono le zampe nelle narici, impedendole di respirare, altri a furia di morsi le ruppero i leggins nella zona inguinale.
" non c'è via di scampo" pensò Helen, che sentendo il respiro mancare fu costretta ad aprire la bocca. Non appena schiuse le labbra i ragni si gettarono a capofitto al suo interno, Helen agitò la testa, provò a cacciarli, ma non c'era modo perché erano a migliaia, altri cercavano di entrare dalle parti intime. Helen era disgustata, stremata. Alla fine perse i sensi. L'ultima cosa che riuscì a pensare fu un lieve " Emily aiuto.." ma ormai l'amica non poteva più sentirla.
STAI LEGGENDO
La ragazza di polvere
ParanormalHelen, sedici anni, un passato tormentato, ed un'inquietante potere che la porterà verso un tragico finale. tratto: Madame Smith la guardò perplessa > chiese. > Nessuno rispose.