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Il campanello trillò, ed Helen aprì la porta. Si ritrovò davanti Julio con in mano delle pizze, lei gli tolse i cartoni dalle mani per farlo entrare.
<< Quasi non ci credevo che tu venissi, come hai fatto a convincere i tuoi?>>
<< In realtà non lo sanno>> confessò grattandosi la testa ricciuta << Ma tranquilla, ho tutto sotto controllo>> aggiunse davanti l'espressione preoccupata di lei << Avevi bisogno di compagnia no? Per te questo ed altro>>
Le guance di Helen si tinsero leggermente di rosso, sorrise << Grazie Julio, se gentilissimo>>
Poi lo invitò a seguirla nel soggiorno
<< Scusa il disordine, io provo a tenere tutto ordinato, ma non ci riesco>>
<< Tranquilla,anche io sono così, mia madre me lo ripete sempre>>
Si gettò sul divano, abbassando la cerniera della sua felpa mostrando la maglietta di una band.
<< Che film vediamo?>>
Helen si sedette accanto a lui aprendo il cartone << Mmmmh salame piccante, come fai a sapere che è la mia pizza preferita?
Comunque non so, tu cosa preferisci?>>
<< Per me va bene tutto>> Il ragazzo si voltò a guardarla << Comunque me lo hai detto tu una volta...>>
Il ragazzo fece scivolare lo sguardo lungo i capelli castani di lei, legati in una treccia come sempre, nella sua pelle bianca come la luna, nei suoi occhi turchesi sembravano due limpidi oceani, nelle sua morbide labbra sottili, piegate in un leggero sorriso. Helen si accorse di quel suo sguardo intenso, così leggermente in imbarazzo si alzò per prendere il telecomando della televisione. Julio si riprese ritornando allegro.
<<Devo assolutamente farti ascoltare una canzone!>> esordì.
Helen sorrise << come ogni giorno del resto>>
<< Questa è bellissima>>
<< Mi ripeti anche questa frase ogni giorno>>
Julio scoppiò in una calda risata, poi seguendo l'esempio di Helen poggiò le gambe avvolte dai pantaloni neri strappati sul tavolino, addentando un pezzo di pizza.
<< Sai di questo passo diventeremo obesi>> commentò lui.
<<Già, lo penso anch'io>>
<< La nostra vita sarà rovinata perché ruoterà attorno alla pizza che diventerà la nostra dipendenza>>
<< Già, lo penso anch'io>>
<<L'unico lavoro che potremo fare sarà quello di Babbo Natale al centro commerciale>>
Helen fece silenzio, poi disse << Già, lo penso anch'io>>
Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
Julio guardò allegro Helen che rideva, soddisfatto. La risata cristallina di lei era il suono più bello che avesse mai sentito.
Helen fece un po' di zapping, ma non trovarono nulla in TV << Sai che ti dico? mi è passata la voglia di vedere un film>>
<< Anche a me >> rispose Julio, mentre lei spegneva il televisore.
<< Come va>> fece Julio.
Helen si voltò a guardarlo << Come al solito >> rispose a bocca piena << E tu?>>
<< Come al solito>> rispose mesto il ragazzo. Helen deglutí perplessa << Qualcosa non va?>>
<< No, sono solo i miei genitori. Le solite incomprensioni...>>
<< Mi dispiace..>> cominciò lei.
<< Tranquilla, tanto fra due anni sarò maggiorenne... E poi ci sei tu>> concluse con un sorriso, che Helen ricambiò stringendogli la mano.
<< Senti Julio, è da tanto che volevo chiederlo, ma ogni tanto pronunci qualche parola con un accento strano, come mai?>>
<<Si sente ancora? Beh, mia madre è spagnola. Abitavano lì ma io ero piccolo, ho pochi ricordi. Avevo all'incirca sei anni quando ci trasferimmo qui>>
<< Oh. Non me lo aspettavo>> rispose lei, pensando che a quell'età era stata separata da sua madre.
<< Comunque non parliamo di questo>> disse lui << Helen, come mai fai sempre la treccia?>>
Lei sorrise << Perché mi piace, tutto qui>> poi rifletté e disse scherzando << Dovresti farla anche tu..>> e infilò la mano tra i capelli morbidi di lui. Se avesse saputo che era un gesto tanto intimo non l'avrebbe fatto, ma ormai la sua mano era ferma tra i capelli ricci e ingarbugliati, e il suo sguardo era incatenato a quello di lui, che con i suoi occhi marroni sembrava cercare di dirle qualcosa. Il suo cuore prese a palpitare, ma fortunatamente per lei, e sfortunatamente per lui, l'intensità del momento fu interrotta dal cellulare di Julio che aveva squillato.
Era un messaggio di sua madre che stava tornando a casa prima del previsto.
Julio sospirò << Beh, è meglio che vada. Mi deve trovare in pigiama che dormo, altrimenti finisco nei guai>>
<<Va bene>> rispose lei accompagnandolo alla porta <<Grazie della serata. A domani>> lo salutò abbracciandolo come sempre << A domani>> ricambiò lui, e se ne andò.
Erano le undici quasi, ed Helen decise di andare a letto e leggere qualcosa, per impedire alla mente di pensare.
Non poteva permettersi di pensare a niente e nessuno, era stanca, troppo stanca. Così andò in camera sua per mettersi il pigiama. Entrò ma si bloccò subito: sentiva strani gemiti e rantolii. Ascoltò l'aria, e le prese un colpo quando capì che venivano da sotto il letto. Le gambe divennero pesanti, e si piantarono a terra come chiodi, rifiutandosi di fare qualsiasi movimento. Oltre ai versi l'unico rumore che sentiva era quello del suo cuore che sembrava voler far esplodere la sua gabbia toracica; restò in mobile a lungo, poi vide una mano spuntare fuori dal letto, e i gemiti trasformarsi in un terrificante e spaventoso ringhio. Senti lo stomaco avvampare, la faccia impallidire. Fece un passò indietro, ma la paura l'attanagliava e le impediva di correre via. Così restò ferma, spettatrice di quell'orribile spettacolo: dal letto uscì un'altra mano, poi la testa disgustosa di un essere che non era umano, ma se lo era stato erano passati di certo diversi anni. Il suo viso era rivolto dalla parte opposta ad Helen, ma questo si girò di colpo a guardarla. Helen tirò un urlo, con gli occhi sgranati.
Quel coso aveva la pelle rosa, era senza capelli, gli occhi erano iniettati di sangue, il suo naso era inesistente, la labbra erano troppo sottili per riuscire a coprire le zanne luride. L'essere uscì dal letto completamente, barcollò e poi si alzò in piedi: era alto e nudo, la sua pelle era flaccida ed insanguinata, le dita lunghe e senza unghia, le gambe sottili sembravano solo ossa ricoperte da pelle.
Helen tremò, incapace di ragionare. Solo quando quel coso fece un passò verso di lei capí di dover scappare. Corse a perdifiato fino ad arrivare alla porta di ingresso. Cercò di aprirla ma non funzionava, la prese a pugni e a calci, gridando aiuto, ma consapevole che nessuno l'avrebbe sentita.
Fissò sgomenta l'essere che stava dalla parte opposta del corridoio, che si avvicinava sempre di più con passi lenti e pesanti, emettendo versi disgustosi, la sua bava grondava dalla bocca e dalle zanne.
A Helen mancava il respiro, l'unica cosa che riuscì a fare fu chiudere gli occhi, mentre ormai quel mostro era a pochi passi da lei << È solo un'allucinazione, non può farti male.>> pensò. << Non può farti nulla>> ma poi sentì delle dita lunghe e viscide attorcigliarsi attorno a suo collo. Poi il buio.

La ragazza di polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora