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Helen cominciò a camminare in tondo per la stanza.
Il silenzio si era impossessato dell'aria, dove ancora vibravano parole non dette.
Aveva capito, oh si, purtroppo aveva capito. Alzò lentamente gli occhi su sua madre, che ancora appariva giovane come allora. Nonostante la donna apparisse giovane e fresca come un fiore, ed Helen ricordava un fiore appassito. Come una splendida rosa i cui petali sono grigi e rugosi.
Era come una rosa sbocciata in un terreno arido, piegata dalla siccità e dalle intemperie.
<< Mamma...>> sussurrò, e la donna scosse la testa rammaricata.
<< No..>> rispose lei, con gli occhi azzurri pieni di lacrime.
Helen rimase interdetta: perché l'idea non la spaventava più di tanto?
<< No, tesoro...>> continuava la donna, quasi orripilata << Non pensarlo nemmeno!! >> alzò il tono di voce.
<< Non ho detto nulla>>
<<Io ti conosco. Stai pensando a quello, vero?>>
La ragazza se ne stava lí, con le labbra socchiuse, gli occhi che scrutavano dentro lei stessa, il cuore che batteva accelerato: stuzzicato e spaventato.
Maria avanzò con passo deciso, piantò gli zaffiri che aveva in fronte in quelli identici della figlia.
<< Hai sedici anni! Non azzardarti a fare quello che hai in mente! Dio, sei una ragazzina Helen, dovresti essere felice.. Dovresti essere con i tuoi amici a divertirti!>>
Helen restò fredda, ormai immune a quel genere di sensazioni.
<< Mamma, io non sono felice. Lo sono stata, ma nello stesso momento in cui Julio è partito io ho perso la capacità si provare la gioia>> il suo tono era fermo, stranamente autoritario. Maria indietreggiò scuotendo la testa, poi scoppiò a piangere << È colpa mia>> singhiozzò << È colpa mia se sei così, ti ho rovinato la vita>>
Helen si avvicinò alla madre.
<< Si, ho sofferto per questo, è vero. Ma, mi ha forgiato. In certi momenti mi sono sentita così sola che mi sembrava di morire,specialmente da piccola, ma non ti ho mai odiato. Davvero, non sono mai riuscita ad odiarti. Non so spiegarmi perché, ma è così>>
Si sedette vicino alla madre che si era inginocchiata, e che adesso le rivolgeva uno sguardo indecifrabile.
<< Tu pensi che io mi voglia suicidare?>>
L'altra rispose annuendo, e poco mancò che scoppiasse a piangere di nuovo.
<< No, la parola suicidio non esiste nel mio vocabolario. Sarebbe una sconfitta, dopo tutte le battaglie che ho superato.>>
Si alzò barcollando, si voltò a guardare la madre << Il suicidio è l'ultima tappa della disperazione, ed io non sono disperata. Ci si uccide quando si odia la vita ed io, come ti ho detto prima, non sono in grado di odiare nulla.>>
La madre parve sollevata da quelle parole << tuttavia>> continuò Helen << Credo che spesso le persone confondano il suicidarsi con conficcare un coltello nella pancia, o altro. Credo che il suicidio sia psicologico, ci si può suicidare senza togliersi fisicamente la vita, non credi? Lo stesso vale al contrario... >>
<< Che vorresti dire?>> la interruppe allarmata Maria.
<< Non lo so>> rispose con aria mesta l'altra << Voglio solo aiutarti >>
<< Non sei tenuta a farlo>>
<< Si invece! Lo sono sempre stata! Non ho mai avuto scelta, perché io sono così, ma ho imparato ad accettarmi.>> esplose Helen, alzando leggermente il tono di voce.
Maria non disse nulla, si alzò e scivolò per la stanza, poi le sorrise, quel solito sorriso dolce e rassicurante che esercitava un enorme potere su Helen << Mi lasci a bocca aperta. Sei una ragazza dolce, buona, forte; sono orgogliosa di te. E ti sei formata da sola, tra l'altro.>>
Helen, suo malgrado, sorrise.
<<È tardi. Tornerò domani, come sempre>>
<< A domani >> rispose la ragazza.
Poi prima di scomparire sua madre la guardò con aria severa << Non farti strane idee>>
Helen non disse nulla.
Rimasta sola in camera si gettò sul divano e cominciò a riflettere. Aveva così tanti pensieri che non sapeva da dove cominciare. Il cuore le batteva fortissimo, e lei non sapeva se perdersi nei ricordi e scivolare verso il passato, o guardare il futuro.
Cosa voleva davvero? Sarebbe stata capace di spingersi a tanto?
Prima di chiudere gli occhi, resi appannati dal sonno, pensò distrattamente che dall'indomani sarebbero cominciate le vacanze di natale; ma cosa le importava del resto? Con chi le avrebbe trascorse? Lei non aveva nessuno, almeno nel mondo dei vivi. Poi, lentamente, scivolò tra le braccia di Morfeo.

L'indomani mattina si svegliò presto, si avvicinò alla finestra e dando un'occhiata fuori si accorse che durante la notte aveva nevicato abbondantemente, ed adesso le strade erano innevate.
<< Sarà meglio fare una passeggiata tra la neve, magari mi aiuterà a schiarire le idee>> decise, così mise il cappotto e uscì di casa.
Il cielo era grigio, plumbeo, sembrava dovesse cadere da un momento all'altro; tutto era ricoperto di candida neve: le strade, le case, le auto.
Cominciò a camminare a passò lento, le mani in tasca, e la testa piena di pensieri. Vedendo una coppietta passeggiare mano nella mano davanti a lei si rattristò molto, pensò a Julio, e a quanto le sarebbe piaciuto essere con lui in quel momento.
Avrebbe dato tutto pur di avere qualcuno con cui uscire, qualcuno da cui tornare a casa, ma lei non aveva niente e nessuno. Sarebbe stato falso affermare il contrario.
L'unica che gli era rimasta era sua madre, e l'unico modo di aiutarla era quello. Certo, se lo avesse fatto si sarebbero ricongiunte, sarebbero andate insieme oltre e chissà, magari sarebbero state insieme pure lì, forse avrebbe incontrato anche Emily! Oppure Chester, Math, o la piccola Elizabeth. Per quanto riguarda Julio... In un modo o nell'altro, al ragazzo sarebbe rimasto solamente il ricordo di lei, in ogni caso.
Si sedette su una panchina spostando la neve con una mano, mise gli auricolari e continuò a riflettere.
Poi, mentre la neve continuava a cadere lieve dal cielo, per poi posarsi sul pavimento, stanca, Helen prese una decisione.

La ragazza di polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora