CAPITOLO 6. -LEXIE-

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Penso sul serio di stare impazzendo. Ho appena visto ciò che non avrei dovuto vedere e penso che potrei esplodere. Sono seduta sul divano con il cellulare di Janet in mano. È sotto la doccia. Un errore madornale lasciarlo incustodito con un codice banale, soprattutto quando hai qualcosa da nascondere.
Mentre scorro i messaggi penso solo a tutti i baci che io le ho dato e che quell'altro le ha dato.

Mi sento sporca.

Troppo.

Mi fa schifo.

Leggo questi fottutissimi messaggi con cuoricini rossi uno sopra l'altro e mi viene da vomitare. Sono distrutta. Pensavo che un cuore potesse smettere di spezzarsi una volta che l'ha fatto tante volte.

Fanculo.

Mi affiorano lacrime pungenti negli occhi. Rimango immobile su un messaggio: "sei la cosa più bella che mi sia mai capitata, altro che quella lexie, di bello ha solo i capelli"
Non è del bastardo ma suo. DI QUELLA CAZZO DI STRONZA CHE È SOTTO LA DOCCIA E CHE MI FARÀ GLI OCCHI INNOCENTI DI CHI NON SA MAI NIENTE QUANDO LE CHIEDERÒ SPIEGAZIONI.
"Calmati." Penso dentro di me. Butto il telefono sul divano e mi alzo di scatto. Devo tirare qualcosa o potrei ucciderla.
Corro in cucina e apro l'armadietto delle tazze. Vedo la sua preferita e la prendo nelle mani.
"Amore... Mi prepari un caffè?" dice con tono smielato. Alzo gli occhi e fa un passo indietro. Credo di avere occhi diabolici perché il suo sguardo è visibilmente terrorizzato.
"Che succede?"
La guardo ridendo. È una risata priva di allegria lo so. Le fa gelare il sangue nelle vene e questo mi fa sentire un po' meglio.
Stringo la tazza con più forza e faccio un passo verso di lei.
"Pensavi che non lo sarei mai venuta a sapere?!"
Lancio la tazza per terra e si rompe in mille pezzi che si sparpagliano per il pavimento della cucina. Lei si allontana portando le mani sulla testa.
"Cosa succede amore?!" Dice lei cercando di mantenere la calma ma so che sta tremando.
"AMORE?!" Scaravento un bicchiere di vetro per terra e si aggiunge ai cocci della tazza. Lei indietreggia ancora.
"COSA CAZZO HAI FATTO?!" le urlo e sobbalza. Continua a guardare le mie mani, sono sporche di sangue. Tremo anche io. Ho una rabbia dentro talmente grande che non so come controllare.
"Qual'è il problema?!" cerca di tenere testa al mio sguardo ma sono di ghiaccio e lei in questo momento è solo debole e non riesce a scalfirmi.
"HAI BUTTATO VIA DUE ANNI DI RELAZIONE PER UN CAZZO?!" Alzo la voce ancora di più. Che si spacchino i vetri delle finestre se necessario. Lei capisce, vacilla.
"PENSAVI DI POTER ANDARE AVANTI COSÌ PER MOLTO VERO?!" sento la rabbia che sale troppo.
"AVEVO DEI SOSPETTI MA POI IL TUO CELLULARE LI HA CONFERMATI." alzo ancora di più la voce. Afferro la sedia e la lancio per terra facendo un gran baccano. Lei trema dalla paura. La vorrei strangolare, stringere le mie mani attorno al suo collo bianco e lasciare che la mia forza faccia il resto.
"SEI UNA PUTTANA!" Urlo. Vedo nei suoi occhi delle lacrime colpevoli che affiorano leggere.

Mi avvicino sempre di più e in quel momento sento una porta che si chiude ma non ci faccio molto caso. Il mio obiettivo è davanti ai miei occhi.
"COME HAI POTUTO JANET?!" Prendo la nostra foto e gliela lancio contro. Lei si abbassa e sento una mano che mi afferra i polsi.
"Che sta succedendo?!"
È Melody, la sua voce è calma e io sprofondo nella sedia.
"Che cosa diavolo è successo qui dentro?!" Alzo gli occhi e vedo Janet che scuote la testa sconvolta.

Mi alzo. Non posso farne a meno e mi avvicino ignorando la stretta di Melody sul mio polso farsi sempre più stretta.
"Sei una puttana, ricorda le mie parole: non potrai scappare sempre e non ci sarà sempre Melody a proteggerti. Avrò la mia vendetta."
Detto questo esco sbattendo la porta. Voglio allontanarmi da quella casa che ora mi sembra un posto orribile.

Cammino.

Cammino.

Poi comincio a correre inspiegabilmente.

Le gambe si fanno pesanti e arrivo al muro della scuola sfinita. Cado sulle ginocchia e sento un urlo interiore che si sprigiona. Mi appoggio con la schiena al muro.

Resto lì.

Da sola con i miei pensieri, la testa affondata nelle mani e non sento nulla. Poi qualcosa attira la mia attenzione, non vedo bene perché ho gli occhi socchiusi ma è un'ombra.
Melody, penso subito. Mi avrà seguito e vorrà delle spiegazioni.
E invece no. Le scarpe sono da uomo. Jeans, camicia bianca da gay.
Lawrence.
"Lerman?" Faccio io con sorpresa.
"Che cazzo ci fai qui?" domando seccata.
"Ti ho visto correre... Tutto bene?"

Ma che razza di idiota. Sono seduta da sola ai margini del college dopo aver urlato e tu mi chiedi se sto bene?

"Si." cerco di liquidarlo in fretta.
"Non hai passato il test" dice lui con nonchalance sedendosi accanto a me.
"Test?" chiedo senza pensare a Janet anche se adesso mi pare di vederla dappertutto.
"Non fare la forte se sai di non esserlo"

Addirittura è diventato un cazzo di filosofo.

"Grazie Lerman adesso si che la mia vita ha un senso."

lo odio quando fa il maestrino. A no, aspetta, odio tutti che è diverso.

"Hai capito cosa voglio dire"
No, in realtà non proprio. Ma penso che sappia quello che è successo: le mie urla si saranno sentite fino all'altro capo della scuola.

"Hai litigato con Janet?" fa lui.

È pure intuitivo.

"Cazzo te ne frega...?" ribadisco io distaccata.

Fatti i cazzi tuoi Lerman vorrei aggiungere, ma mi trattengo.
"Lo prendo come un si."

Abbandono la testa dalla parte opposta al ragazzo e lui non mi guarda. Resta fermo con lo sguardo davanti a sé. Strano, con lui mi sento bene. Sopporto poche persone e Lerman è sempre stato uno di questi, avevo dimenticato quanto fosse bello averlo come amico.
Lo eravamo stati i primi anni del liceo ma poi diverse compagnie ci hanno separato portandoci ad amarci e, successivamente a non sopportarci. Ma adesso? Adesso quelle compagnie sono andate a farsi fottere.

"So come ti senti" dice all'improvviso, mi strappa via dai miei pensieri e lo ringrazio.
"... Ti senti a pezzi, come se tutto il tuo mondo ti fosse stato portato via, la tua terra sotto i piedi trema e ti senti cadere..."

Cazzo.

"Non era il mio mondo Janet... Ma mi fidavo di lei... Ed ho fatto una cazzata"
"Già..."
"Come?"
"Ho detto 'già'"
"Si capisco ma perché?"

Non riesco a capire dove vuole arrivare.

"Ho visto ieri la tua ragazza limonarsi con un tipo... Eric mi pare si chiami"

Penso per un attimo a qualche ragazzo che conosco che si chiama Eric.

"Quello del quarto anno?"
Lui annuisce. Mi sta salendo l'istinto omicida. Mi alzo di scatto e fa lo stesso.
"Dove vai?"
Mi volto e lo vedo fermo in mezzo alla strada con le mani in tasca.
"A fanculo! Vuoi venire con me? Precedimi se vuoi" faccio io irritata.
"Ucciderlo non risolverà i tuoi problemi Lexie..."

L'ha detto. Ha detto il mio nome. Non mi sconvolge il fatto che l'abbia detto ma come lo ha fatto. Così semplice, diretto, sincero.

Cazzo.

"Dici?" Lo raggiungo.
Scuote la testa.
"Ti offro qualcosa da bere così ti calmi ti va?"
Incredibilmente accetto. Tanto non può accadere niente di peggio in questa giornata.

Scusate ma la scena della sfuriata la dovevo mettere!!
Utilizzo questo spazio per ringraziare tutte le persone che leggono e apprezzano e lasciano una stellina :)
Grazie ancora!

GAY? || Logan LermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora