Il messaggio
-Benvenuta.
Un uomo con giacca e cravatta che conoscevo ormai molto bene mi fece accomodare nel suo studio.
-Stenditi e rilassati.
Attraversai l'ampia stanza, adornata con mobili di legno e tappeti dai colori caldi, e mi stesi sul divanetto di pelle in fondo, accanto a una poltrona.
-Come è andata a scuola questa settimana, Quinn?
Chiese l'uomo, raggiungendomi e sedendosi sulla poltrona accanto a me.
-Bene, i miei compagni cercano sempre di coinvolgerei in ciò che fanno.
Sorrisi. In realtà non era vero. A scuola non mi trovavo affatto bene e, a dirla tutta, neanche a casa, per strada, nei negozi o ovunque. A scuola ero circondata da persone più piccole di me perché i miei genitori avevano deciso di farmi recuperare gli anni di scuola persi. I miei compagni erano troppo immaturi per capire come fosse la mia vita. Ci passavamo due anni e mezzo, ma, dopo aver vissuto nella società, la mia vita e mentalità erano cambiate irreparabilmente e quei due anni sembravano un'eternità. Per non parlare delle ragazzine delle medie o dei primi anni delle superiori. Condividevano link su Facebook con petizioni per salvare la vita di Justin, solo perché era bello. Non lo conoscevano affatto e non le sopportavo. Come se non bastasse una buona schiera di avvocati, giudici e poliziotti cercava di farmi passare per innocente e negava alla stampa e a chi voleva vedere anche me sulla sedia elettrica che avessi avuto una storia con il capo. Proprio per questo molte ragazze a scuola mi prendevano in giro alle mie spalle, dicendo che io avevo detto di stare con Justin al processo solo per sentirmi superiore a loro. Ovviamente scrivevano solo con l'anonimo e non mi dicevano nulla in faccia perché, come molti altri in città, provavano un certo timore nei miei confronti.
-Raccontami cosa hai fatto in questi pomeriggi.
Continuò l'uomo.
-Sono stata con Criss.
Scorsi una nota di disappunto sul suo volto.
-E sono andata alla festa della scuola.
Aggiunsi cautamente. Lui sembrò più sereno. Ovviamente non poteva pensare che avevo notato il suo disappunto, quella smorfia era impercettibile, ma non per un occhio allenato come il mio. Credette veramente che ero andata alla festa della scuola. Quella sua smorfia era dovuta al fatto che né lui né i miei genitori accettavano il fatto che l'unica persona con cui riuscivo a stare era Criss. In realquel momento. Criss aveva sempre preferito avermi tutta per sé, non stavo con i miei amici se c'era lui. Al massimo era Criss a invitare qualcuno, ma a me non dava fastidio. Non ero mai stata brava a stringere amicizie durature.
-Bravissima.
Lo psicologo mi diede una pacca affettuosa sul polpaccio, ma ritrasse la mano immediatamente. Sapevo cosa aveva toccato, perché il metallo freddo era stato premuto anche contro la mia pelle. E adesso avrei dovuto ascoltare per un quarto d'ora la solita predica del perché non bisognava portare un coltellino con sé.
-Quinn.
-Lo so.
Dissi sospirando e guardando il soffitto. Ero pronta per ascoltare le solite argomentazioni contro le armi.
-Ehy, so che ti annoi ad ascoltare sempre le stesse cose, ma dirtele è il mio mestiere. Non lo faccio perché penso che tu sia pericolosa, ma perché la gente attorno a te ti potrebbe allontanare e..
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Madhouse
Fanfiction-Benvenuta. Un uomo con giacca e cravatta che conoscevo ormai molto bene mi fece accomodare nel suo studio. -Stenditi e rilassati. Attraversai l'ampia stanza, adornata con mobili di legno e tappeti dai colori caldi, e mi stesi sul divanetto di pe...