Tempo al tempo
Trascorsi tutta la notte a ragionare su chi fosse lo sconosciuto. "Ti sei già dimenticata di me?" Tutti i pensieri e gli indizi mi riportavano a LUI.Ma non era possibile. Justin sarebbe morto il giorno dopo e pensare a questo non mi faceva sentire affatto meglio. Continuavo a sperare che avesse in mente qualcosa, ma ormai il giorno era arrivato e lui era ancora in prigione. Dovevo smettere di separare in una sua fuga, perché non sarebbe mai successo; dovevo accettare che la mia vita sarebbe continuata lo stesso; dovevo perdere le speranze per evitare di rimanere fin troppo male. Non potevo permettermi di cadere in depressione.- Svegliati, tesoro. Mia madre mi scosse per un braccio. Come poteva essere già giorno? Non avevo chiuso occhio neanche un secondo quella notte. Mi sedetti sul letto. -Oggi... devi andare a scuola. Aspettò che rispondessi qualcosa poi aggiunse un po' indecisa: -Se vuoi, visto che giorno è oggi. Indietreggiò e con aria preoccupata e uscì dalla stanza. Solo in quel momento realizzai che era davvero il giorno della condanna di Justin. Il panico mi avvolse, voltai la testa in cerca di un cuscino per soffocare le urla che premevano di uscire, quando sul comodino vidi una pillola. Non sapevo come ci fosse finita lì e se era un tranquillizzante, ma, senza pensarci, la misi in bocca e bevvi l'acqua del bicchiere sul comodino. Pochi minuti dopo mi sentii meglio. Probabilmente, visto il giorno, mio padre aveva acconsentito di farmene prendere almeno una. Non avevo abbastanza forza per andare a scuola e l'amore della mia vita stava per morire, io non lo vedevo da più di un mese e avrei dovuto fare come se nulla fosse? Non ce l'avrei fatta. In quel momento mia madre rientrò nella camera. -Tesoro, preparati. Che ci fai ancora a letto? Diede un'occhiata al comodino ormai vuoto e sospirò. I suoi occhi si colmarono ancora di più di pena. -Mamma, posso restare a casa per oggi? La voce mi si spezzò in gola. Non mi aspettavo che capisse, ma si limitò ad accarezzarmi la testa con il suo tocco delicato e mi diede un leggero bacio in fronte. -Certo piccola mia. Fui grata per quella risposta. Forse anche lei, come Criss, si sforzava di cambiare il suo atteggiamento con me. Aveva capito che avevo bisogno solo di quel bacio sulla fronte in quel momento, non di lunghi discorsi o tante parole. Lei era la mia mamma e mi aveva sempre capita prima di finire nella società. In quel momento sentivo che mi voleva bene quanto in passato, prima che tutto cambiasse. -Ascolta, io vado a fare la spesa tra un po' e torno per preparare il pranzo. Ti va il riso al Curry? Era il mio piatto preferito e lei lo sapeva bene. -Si, mamma. Grazie mille. -Di nulla, sai che amo cucinare. Con quel grazie mille intendevo "grazie mille" per tutto, non per il riso. Si alzò e si avvicinò alla porta della mia stanza, prima di uscire si girò un'ultima volta. -Piccola, mi devi fare un favore. Puoi evitare di uscire per oggi? La guardai con aria interrogativa. -Hanno trovato tre ragazzi uccisi qui vicino e potrebbe non essere sicuro. Non dubitava minimamente di me come avevo pensato. -Va bene, mamma. Tanto non sarei voluta uscire ugualmente. Mia madre mi salutò un'ultima volta e la sentii allontanarsi. Rimasi un po' a fissare il pavimento. Con quella pillola sentivo di non essere a rischio crisi, ma mi sentivo lo stesso depressa e terribilmente sola. Solo quando dopo una mezz'oretta sentii la porta aprirsi e richiudersi, mi feci forza e mi alzai, presi dei vestiti puliti per dirigermi in bagno. Mia madre era finalmente uscita. Feci scorrere l'acqua nella vasca e mi immersi. Cercavo con tutta me stessa di autoconvincermi che Justin stesse bene. Sapevo che quelle ultime ore in cui lui era ancora vivo erano preziose, ma nello stesso tempo desideravo che il fatidico momento arrivasse.Credevo che, una volta passato, forse la mia ansia e tutti i miei dubbi mi avrebbero abbandonato, proprio come lui. Misi la testa sott'acqua per soffocare i pensieri. Con gli occhi aperti, vedevo il soffitto attraverso uno strato di acqua. Ripensai all'ultima volta che ero stata davvero serena, prima che Justin partisse per la Russia, quando esisteva ancora la società. Riemersi da sotto l'acqua solo quando mi accorsi di non avere più fiato. Anche se avessi voluto, è scientificamente impossibile suicidarsi affogati. Quando stai finendo il fiato il tuo istinto di sopravvivenza prevale sui tuoi desideri e riemergi. Mi alzai dalla vasca, la svuotai e afferrai l'accappatoio, indossandolo. Mi asciugai alla meno peggio per indossare i vestiti. Pensavo fossero passati pochi minuti da quando ero entrata in bagno e, proprio in quel momento, sentii la porta aprirsi. Mia madre era tornata dalla spesa, improvvisamente mi sentii poco meno sola. Uscii dal bagno e raggiunsi la mia camera. Non feci in tempo ad entrare che qualcosa sulla maniglia mi colpì. Come ci era finita lì? Afferrai l'oggetto con vigore e aprii la porta distrattamente, occupata a rigirare ciò che avevo appena trovato tra le mani. Era la mia catenina con la J. Da quando in tribunale Justin l'aveva usata per cercare di strangolarmi e uccidermi, non l'avevo mai più usata, mi portava alla memoria troppi brutti ricordi. Pensai che mia madre l'avesse trovata a terra e l'avesse attaccata lì, ma la cosa assurda era che, infilato come un ciondolo, c'era l'anello che mi aveva regalato Justin molto tempo prima. Quello con inciso un cuore e un piccolo coltello. Me lo aveva regalato Justin la prima volta che parlavamo di un "noi" e subito dopo avevamo fatto l'amore insieme. Una lacrima mi solcò il volto. Non ebbi neanche il tempo di iniziare a deprimermi che sentii il telefono suonare. Doveva essere mio padre che sapeva che non ero andata a scuola, cercai di convincermi. Alzai il viso per la prima volta che ero entrata nella stanza, ero ancora sulla soglia. Di istinto mi voltai verso la scrivania, ma mi accorsi che il telefono non era più in carica, ma alla mia destra, accanto alla porta, sul comodino. Io non lo avevo messo lì, non lo mettevo mai lì. Lo afferrai mentre le mie mani tremavano. Era un messaggio come sempre. Da: sconosciutoTesto: sai che tua madre lascia la porta aperta quando porta la spesa? Inizialmente rimasi bloccata a fissare lo schermo. Non sapevo chi era quello sconosciuto, ma chiunque fosse era entrato in casa mia e, probabilmente, non ne era uscito. Era nascosto da qualche parte. Ecco chi aveva messo quei gioielli lì, ecco chi aveva spostato il mio telefono. Ero intenzionata a correre via di casa portando mia madre con me, quando sentii qualcuno afferrarmi per i fianchi e tapparmi la bocca. Urlai, ma quella mano attutì il suono. La mia schiena era schiacciata contro il torace del mio assalitore, non permettendomi di guardarlo in faccia. Ero stata tanto occupata dai due gioielli e dal telefono che non mi ero accorta della sua presenza nella stanza. -Sssh. Sussurrò quella figura alle mie spalle. Non mi ero accorta di quando stessi tremando, mi sentivo bloccata, ma non avevo paura per me, avevo paura per mia madre. Lei era indifesa, cosa le avrebbero potuto fare? Come faceva quell'assalitore sinistro a conoscere il mio numero? E perché doveva mostrarmi proprio quegli oggetti? Voglio dire, se mi voleva distrarre sarebbe bastato anche un ombrello e mi sarei chiesta perché fosse lì. Come faceva a sapere quanto tenessi a quei gioielli? Solo una persona lo sapeva. Improvvisamente il respiro di quella figura su di me, non mi sembrò più tanto minaccioso, il suo tocco iniziò a sembrarmi più tenero. Mi tolse la mano dalla bocca, notando che avevo rilassato i muscoli. -Sei tu. Sussurrai. -Si. Fui grata di sentire quella voce. -Non stavo chiedendo. Alzai il volto e vidi i suoi bellissimi occhi color miele che si illuminarono, come solo degli occhi innamorati sanno fare. Non sapevo come mi sarei dovuta comportare se mai lo avessi rivisto, ma in quel momento l'unica cosa che mi sembrava giusta da fare era baciarlo e tenerlo forte tra le mie braccia. Non mi doveva abbandonare mai più. Mi convinsi che era reale solo quando lui chiuse gli occhi e posò le sue labbra sulle mie. Era il tipo che cercava sempre vendetta, non perdonava, ma perché con me allora era tanto misericordioso? Le sue mani accarezzarono delicatamente la mia schiena. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dal bacio. Eliminai tutti i pensieri. Dovevo rilassarmi ed essere felice perché tutto sarebbe andato per il verso giusto. Quel bacio era sempre più dolce e delicato, mi batteva il cuore forte, stavo davvero per perdere le speranze e invece... Una lacrima mi solcò il viso. Sentii la sua mano sulla mia guancia che me la asciugò. Justin si allontanò da me. -Non piangere. Sussurrò, lo guardai. Lui sembrava calmo, come se non avesse mai avuto paura di perdermi. -Mi sei mancato tanto, pensavo di perderti. Scusami, è stata tutta colpa mia. Scusami. Ricominciai a piangere più forte. Justin mise una mano sulla mia nuca e mi strinse al suo petto. -Non preoccuparti, ora sono qui. Questo è l'importante. Non potevo credere di essere davvero tra le sue braccia di nuovo. Il mio cursore non aveva smesso di galoppare da quando lo avevo riconosciuto. -Mi perdoni per aver... Mi mancarono le parole. -Ti perdonerò sempre. In quel momento le parole sembrarono morire in gola a lui. -Ma perché tutti quei messaggi? Perché con lo sconosciuto?-Calma, Quinn. Disse ridacchiando, mi afferrò per una mano e si sedette sul letto, trascinandomi con sé. -Sei tu che mi devi spiegare perché hai cercato di aiutarmi tanto il giorno dell'udienza.-Mi sentivo in colpa e non volevo che sembrassi colpevole. C'ero quasi riuscita, ma tu hai rovinato tutto. Dissi posando la mia testa ancora umida sulla sua spalla. -Quinn, la mia società ha membri in tutti i luoghi, come hai potuto pensare che non sarei riuscito ad evadere? Ero io a essere preoccupato per te, tu ti accusavi di essere un'assassina. Non sopportavo di vedere la mia piccola coltellina in una prigione. Ecco perché ti ho attaccato quel giorno, ecco perché facevo il sostenuto, dovevi pensare che cercare di aiutarmi non era giusto, dovevo pensare che non ti avrei mai perdonata. Rimasi senza parole. Come avevo fatto a non pensarci prima? -Paul è riuscito a rintracciare il tuo numero e io ho potuto mandarti messaggi di nascosto. Ho usato l'anonimo altrimenti mi avrebbero potuto rintracciare. Paul. Quel nome rimbombò nella mia testa. Era stato Paul a rapire quel ragazzo che avevo liberato e che ci aveva portato alla distruzione. -Mi puoi spiegare il significato di quei messaggi? -Non so come tu abbia vissuto senza di me, ma appena ho potuto ti ho scritto "mantieni la testa apposto" perché la mattina avevo paura di svegliarmi e sentire le voci di una ragazza che si era suicidata. Mi sembravi abbastanza preoccupata quel giorno in tribunale, sappi che io lo ero il triplo, ma non per la mia vita, per la tua. Mi cinse la vita con un braccio e mi strinse forte. Quelle parole erano una liberazione per me. -E che significa che è tempo di scelte? -Adesso arriva la parte più complicata. Justin si sciolse dall'abbraccio e fece in modo che io lo guardassi in faccia. ** Uscii dalla mia stanza e raggiunsi mia madre e mio padre in cucina. -Tesoro, sarà pronto tra un'oretta, va bene? Mia madre era intenta a cucinare, mentre mio padre tagliava il pane duro. -C-certo mamma. Deglutii sperando che non se ne accorgesse. Feci un passo in avanti, stringendo la busta con la lettera tra le mani. Quella era la cosa più difficile che avessi mai fatto, forse in tutta la mia vita. -Io... mamma, papà... I due si girarono verso di me e improvvisamente il panico e il dolore mi abbatterono ancora di più. -Io ho... Allungai la mano e posai la lettera umida per le mie mani sudate sul bancone della cucina. -Cos'è? Mio padre la afferrò preoccupato. -No. Feci un passo avanti e evitai che la aprisse. -Ascoltatemi, fidatevi di me. Io adesso vado in salone, dopo mangiato la leggerete va bene? Potete aspettare? Mio padre e mia madre si lanciarono un'occhiata poi annuirono dubbiosi.
-La leggeremo con te, giusto?
Chiese mio padre diffidente.
-Si.
Cercai di assumere un tono sicuro.-Grazie per aver capito. Aggiunsi subito dopo. Feci un passo indietro rigirandomi tra le dita la mia catenina con la "J". Sapevo che era la cosa giusta da fare, ma non potevo raggiungere il salotto come se nulla fosse. Feci un passo in avanti e abbracciai mia madre, lei mi tenne stretta e mi baciò la fronte. -Ti voglio bene, mamma. Mi liberai dalla sua presa e mi comportai allo stesso modo con mio padre, lui mi strinse forte, ma sentivo che era confuso. -Che cosa hai Quinn? Chiese lui.-Sto bene e sono felice che voi teniate a me. Grazie per tutto. Mi voltai per uscire dalla cucina, sorridevo perché ero realmente felice, non avevo dubbi sulla decisione che avevo preso. Avevo semplicemente detto addio alla mia vecchia vita, perché ora ne doveva cominciare una nuova. Mi voltai un'ultima volta a guardarli prima di uscire. Sorridevano, ignari di quello che sarebbe accaduto dopo. Mi promisi che non avrei mai dimenticato quelle espressioni felici, avrei sempre cercato di ricordarli così. Mi voltai e sospirai. ** -Ti dispiace se entro con te qui?Chiese Justin passandomi una mano sulla spalla in segno di protezione. -Hai paura di lui? Non mi farà del male. -Lo so. Disse Justin serrando la mascella. Capii quale era il problema. -Sei geloso. Affermai un po' in imbarazzo. -No. Affatto. Justin si guardò attorno e fissò il campanello. -Invece si. Ribadii. -Ti sbagli. Era rigido. -Suoni o no questo campanello? Chiese seccato. Allungai la mano e lo feci, ignorando il suo tono. Pochi secondi dopo sentii dei passi pesanti raggiungere la porta. -Chi è? Chiese una voce molto familiare. -Sono Quinn. La porta si aprì immediatamente e vidi un ragazzo davanti a me. Era sul punto di buttarsi al mio collo, quando Justin alle mie spalle attirò la sua attenzione e lui, imbarazzato, indietreggiò. Pochi secondi dopo la sua espressione mutò in paura. -Quinn, che fai con lui? Sbarrò gli occhi e indietreggiò ancora di più. Fino a qualche giorno prima non sarei andata a portargli quella lettera, ma da quando si era sforzato di cambiare il nostro rapporto era cambiato.-Sei solo? Chiesi cercando di sporgermi oltre la porta per assicurarmene. -Si, se vuoi entra, ma per quanto riguarda lui non lo farò entrare comunque. Lanciò un'occhiata a Justin e mi prese per una mano. Feci un passo persolcare la soglia, ma mi sentii afferrare dal polso. Justin mi fece quasi male. -Vuol dire che parlerete qua. Vidi la vena del collo di Justin ingrossarsi. Optai per non ribattere, conoscevo come poteva essere spietato quando voleva. -Quinn, spiegarmi cosa succede. Chiese Criss, mantenendosi a distanza di sicurezza. -In realtà non sono molto brava a parole, non sempre.Mi misi una mano in tasca ed estrassi un foglio per tenerlo verso Criss. Lui lo afferrò e fece per aprirlo. -No. Gli misi una mano sulla sua. -Leggila più tardi va bene? Vidi gli occhi di Criss arrossarsi improvvisamente. -È un addio, vero? Mi limitai ad abbassare la testa e fissare i miei piedi. -Quinn, pensavo che mi amassi. Allungò una mano verso di me e sentii Justin alle mie spalle contrarre i muscoli. -È cambiato tutto ormai, mi dispiace. Alzai il volto. Criss stava piangendo, non lo avevo mai visto in quelle condizioni. Immaginai che cercasse di fermarmi come avrebbero fatto i miei genitori se lo avessero saputo o che mi avrebbe detto che avevo fatto la scelta sbagliata, invece mi sorprese. -Posso almeno avere un ultimo bacio?Annuii, a stento tratteneva le lacrime. Non potevo abbandonarlo in quel modo. -Riprova, sarai più fortunato. Justin sorrise e mi tirò verso l'ascensore. -No. Aspetta. Mi liberai dalla sua presa e raggiunsi Criss. -Solo un addio, Justin. Lo vidi avvicinarsi e incrociare le braccia sul petto.-Fate veloci. Bofonchiò. Criss mi cinse con le sue braccia e cominciò a baciarmi. Non era bello quanto il bacio di Justin nella mia camera, ma mi sforzai per farglielo piacere. Sentii le mani di Criss scendere lungo la mia schiena. -Con permesso. Disse Justin dopo un po'. Lo sentti afferrare i polsi di Criss e, con delicatezza, riportò le sue mani all'altezza delle mie scapole. -Non ci allarghiamo troppo. Aggiunse con un certo tono ironico. Sorrisi per quella affermazione e mi allontanai da Criss. Alla fine lui era stato l'unico ad accettarmi per quello che ero, forse anche più di quanto lo avesse fatto Justin nella società, e mi amava davvero. Quel bacio lo meritava, solo non capivo perché Justin si comportava così gelosamente. -Promettimi che non mi dimenticherai, perché io non lo farò. Criss lanciò un'occhiata nervosa a Justin e una lacrima gli solcò il viso. -Non sono stupido, sapevo che avresti scelto lui. Ho capito troppo tardi che l'amore che ti davo non era ciò che cercavi. Perdonami per essere stato così cieco. Avevo intenzione di cambiare, ma... Si bloccò per cercare di non cadere in un pianto disperato.-Grazie per tutto quello che mi hai dato in questi anni, per avermi sempre pensato. Aggiunsi io per non farlo sentire in imbarazzo.-E sempre lo farò. Mi mise una mano sulla spalla, mentre sentii Justin muovere nervosamente un piede. -Ciao, Criss. Lo salutai con la mano mentre mi avvicinavo all'ascensore. -Ciao, piccola. Le porte dell'ascensore si riaprirono, accolsero me e Justin e si richiusero davanti a noi. L'ultima cosa che vidi furono gli occhi umidi di Criss e questi che si accasciava allo stupide della porta. -Mi amava davvero. Sussurrai. Justin prontamente cinse le sue braccia attorno a me. Lo allontanai, stava diventando troppo possessivo. In momento come quello, dopo un addio, avevo bisogno di rimettereapposto le idee e stare lontano da tutti.-Che cosa hai oggi? Perché dei così geloso e preoccupato? Non sei lo stesso di sempre, qual è il problema?
-Nessun problema.
Disse rigido. Cominciai a fissarlo, lui sospirò e aggiunse:
- In tribunale mi è sembrato quasi di perderti. Una volta è bastata, non vogli che succeda di nuovo. Pensai a quanto io stessa avevo avuto paura quando lo avevano giudicato colpevole. Potevo capire cosa intendeva. -Neanche io. Lo abbracciai per scusare il mio comportamento, lui aveva solo paura. -Quel giorno, quando ho sentito che gli dicevi "ti amo" sono andato su tutte le furie, quando vi siete baciati davanti a me ho provato quella sensazione che provo quando c'è in giro Stivie, solo che amplificata perché Criss c'era prima di me. Io sono arrivato dopo di lui e il tuo cuore potrebbe preferire lui. -Scherzi? Io ti amo più di ogni altra cosa. Ero sul punto di baciarlo quando mi venne in mente una domanda. -Perché non mi hai contattata prima?
Le porte dell'ascensore si aprirono, entrambi lanciammo un'occhiata in alto, quando il campanello dell'ascensore suonò. Justin si bloccò e indicò qualcosa in alto a destra, seguii il suo sito. Una telecamera. -Dobbiamo andarcene velocemente. Indossò i suoi occhiali da sole e uscì dall'ascensore strascinandomi con sé, quasi correndo. - Era troppo rischioso metterti al corrente dei miei piani.Ci misi un po' a capire a che si riferisse, poi realizzai che stava rispondendo alla mia domanda precedente.-E quali sono i tuoi piani?L'espressione di Justin si incupì e, per un momento, mi parve di vedere i suoi occhi velati di lacrime.-Lo scoprirai, lascia tempo al tempo.
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Madhouse
Fanfiction-Benvenuta. Un uomo con giacca e cravatta che conoscevo ormai molto bene mi fece accomodare nel suo studio. -Stenditi e rilassati. Attraversai l'ampia stanza, adornata con mobili di legno e tappeti dai colori caldi, e mi stesi sul divanetto di pe...