22.

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Divyanshu


La mattina mi risvegliai sul letto, sotto le coperte, al caldo. Quanto finalmente ero riuscita ad addormentarmi, probabilmente, Justin si era alzato, con me in braccio e mi aveva portata con sé. Quando aprii gli occhi la prima cosa che vidi furono le palpebre chiuse di Justin che spuntavano da sopra la coperta. Sorrisi.
Quando ero nella società la prima cosa che vedevo quando mi svegliavo erano le ragazze davanti a me, scheletriche e abbattute. Justin, invece, aveva un colorito di pelle più vivace e, mentre dormiva, sembrava sereno, sorrideva quasi. Non l'avrei perso di nuovo. Non sapevo che ora fosse, ma optai per alzarmi e prepararmi, dovevamo andarcene da quel posto il prima possibile. Mi allontanai da Justin a malincuore e, senza fare troppo chiasso, mi alzai dal letto, cercando di evitare le armi che Justin aveva posato la notte precedente a terra. Probabilmente arrosii, ciò che avevamo condiviso erano dei momenti magici che avrei portato dentro di me per sempre. Erano riusciti a farmi dimenticare l'angoscia che avevo provato tutto quel tempo con Daniel, la paura di morire, la malinconia dovuta al fatto che credevo che Justin si fosse dimenticato di me.

Non volevo neanche pensarci, una doccia calda era l'ideale per sopprimere i pensieri. Mentre l'acqua scorreva sul mio corpo iniziai a chiedermi cosa avremmo fatto una volta in America, ci saremmo sposati? Avremmo avuto dei figli? Saremmo invecchiati insieme o Daniel ci avrebbe raggiunto e ci avrebbe ucciso? No. Perché i miei pensieri dovevano sempre tornare a lui? Mi ero ripromessa di concentrarmi sul futuro, dovevo essere positiva e mettere da parte Daniel, ma non ci riuscivo. Il brutto presentimento che avevo provato quando avevo visto il serpente non era ancora passato.
Mentre mi insaponavo la mia mano incontrò il segno del morso di quell'essere strisciante. Aveva smesso di sanguinare e non si vedeva quasi nulla, nonostante ciò iniziai a non sentirmi più al sicuro. E se quello fosse stato veramente un avvertimento di Daniel?
No, no e no. Justin aveva detto che eravamo al sicuro e, una volta negli Stati Uniti non ci sarebbe stato più pericolo per noi. La testa mi iniziò a girare e fui costretta a chiudere il getto dell'acqua. Lui aveva detto che io sarei stata salva, aveva sempre parlato di me, non di un noi. E se Justin avesse sempre rischiato un rapimento da parte di Daniel?
Quella doccia invece di rilassarmi mi aveva messo più in agitazione che mai. Uscii velocemente e mi avvolsi un asciugamano sul corpo. Mi chiesi se avrei dovuto vivere in quel modo per sempre o se un giorno tutte le mie ansie sarebbero finite.

Uscii in fretta dal bagno e mi diressi verso il letto per infilarmi il mio solito vestito grigio. Lo cercavo tra le pieghe del letto quando qualcuno mi afferrò il polso. Sussultai, ma prima di farmi sopraffare dal paico, seguii con gli occhi il profilo del braccio a cui apparteneva la mano finché non riconobbi Justin.
-Buongiorno.
Sperai che non si fosse accorto del piccolo spavento che mi aveva fatto provare, si sarebbe sentito di nuovo in colpa. Da quando ero in India il minimo pericolo mi faceva preoccupare.
-Che fai?
Chiese sorridendo.
-Cerco il vestito, dobbiamo andarcene di qui.
-Aspetta.

Mi lasciò andare il polso e si alzò dal letto. Era completamente nudo, ma non riuscivo a pensare neanche a quello in quel momento, ero troppo agitata. Justin si toccò la testa, probabilmente perché si era tirato su troppo velocemente e gli era girata.
-Stai bene?
Chiesi.
-Si, mi sento solo un po' dolorante.
Sapevo che quello era dovuto al fatto che aveva dormito per terra per buona parte della notte, ma non lo avevo costretto io, era lui che aveva insistito per accontentarmi. Io, invece, mi sentivo bene, probabilmente perché ero stata tutto il tempo su di lui.
Raggiunse l'armadio di fronte e tirò fuori dei panni. Mi raggiunse e me li diede. Era un ricambio di biancheria pulita, una maglia nera a collo alto e dei pantaloni stretti e neri. Mi piaceva vestire con abiti scuri, mi faceva pensare ai vecchi tempi.
-Grazie.
Sorrisi e mi aspettai che lui si andasse a preparare, invece afferrò l'asciugamano e la lasciò cadere a terra. Mi mise una mano sul fianco e probabilmente arrossii. Credevo che mi volesse baciare, invece mi alzò delicatamente il braccio per esaminarle ferite del serpente.
-Non hai niente, sei stata fortunata.
-Sarei stata più fortunata se non fosse entrato proprio, il serpente.
Ribbattei. In quel momento sentii la porta aprirsi. Justin si lanciò sul letto e tirò su le coperte, lo stesso feci io. Sarebbe stato imbarazzante mostrarci in quella posizione e senza nessun indumento addosso,sia che fosse Stivie sia Daniel.
Alla fine, però, dalla porta uscì fuori Annie, che, con un sorriso a trentadue denti, corse verso di noi.
-Quinn, buongiorno. Mi sei mancata.
Disse tutto d'un fiato.
-Bimba, sei mancata anche a noi, ora va via.
Annie si girò verso di Justin e gli fece la linguaccia.
-No, tu non mi sei mancato.
Mi misi una mano sulla bocca per trattenere le risate. Justin rimase a bocca aperta dopo le parole di Annie e si tirò su in modo da mostrare solo il torace.
-Quinn, posso venire nel letto con te?
Cercò di arrampicarsi dai piedi, ma fortunamente scivolò a ogni tentativo. Justin si alzò di più le coperte, anche se già prima non si vedeva nulla.
-Tesoro, puoi venire tra un po'?
Le chiesi con gentilezza.
-Ma tu mi manchi adesso, non tra un po'.
Ribadì lei, sbattendo i piedi a terra.
-Bimba, hai sentito Quinn? Ti ha detto di andare via.
Disse Justin, corrugando le sopracciglia.
-Allora Quinn?
Annie ignorò Justin.
-Sono il più temuto nella società degli Stati Uniti e una bambina di tre anni non rispetta i miei oprdini. E' assurdo.
Sbottò Justin.
-Non ho tre anni.
Disse lei, incrociando le braccia.
-E quanti ne hai?
Chiesi, intromettendomi. Ero curiosa, non glielo avevo mai chiesto, avevo sempre supposto che ne avesse quattro.
-Non lo so, cinque credo. Fhara mi diceva cinque.
Il volto di Annie si rabbuiò, non avrei dovuto farle quella domanda. Non sapeva contare e sua madre non aveva avuto il tempo neanche di dirgli da quanto tempo fosse nata.
-Mi dispiace tanto Annie.
Dissi, mi sentivo veramnete in colpa. Come se nulla fosse La bambina mi sorrise e cercò di nuovo di darsi lo slancio per salire sul letto.
-Ok, Annie, ti prego. Torna tra un po' ,va bene?
Mi sedetti sul letto, intenta a coprirmi con il lenzuolo, ma lei notò le mie braccia nude che cercavano di allontanarla.
-Perché sei nuda? Hai perso i vestiti? Vuoi i miei?
Chiese preoccupata.
-Ma non le entrerebbero neanche.
Puntualizzò Justin.
-Annie, ascoltami.
A quel punto Annie era riuscita a salire sul letto e si faceva strada sul lenzuolo per raggiungere me e Justin. Vidi lui impallidire e si strinse il lenzuolo adosso.
-Tu qui non vieni, capito?
Chiese Justin con tono forse un po' troppo minaccioso. Non sapevo se in quella gabbia di matti qualcuno le avesse insegnato cosa significasse fare sesso, ma era davvero troppo piccola per dedurlo da sola e anche per spiegarglielo. Sta di fattto che non doveva vederci nudi, avrebbe fatto troppe domande imbarazzanti.
In quel momento la porta si spalancò e, dopo un breve infarto, mi accorsi che davanti a me c'era solo Stivie, con un asciugamano addosso, che gli copriva solo la parte bassa del ventre e buona parte delle gambe. Una volta adocchiata Annie, corse verso di noi, la afferrò da un piede e la tirò verso di sé, per poi prenderla in braccio.
-Scusate, ero in bagno. Non sapevo fosse con voi.
I capelli di Stivie gli grondavano sulla fronte, sembrava dire la verità.
-I bambini sono terribili.
-Non uscirtene con queste scuse, abbiamo penato per colpa della tua negligenza. E' compito tuo tenere la bambina, chiaro?
La vena del collo di Justin si ingrossò e i suoi occhi erano fermi e penetranti, come il suo tono di voce.
Stivie annuì senza ribattere e si guardò intorno.
-Ehy, ma questo posto è un porcile.
Solo in quel momento sembrò accorgersi della situazione in cui ci trovavamo perché divenne rosso e ci indicò.
-Voi stavate, oh, bene... forse è meglio che... vado via... va bene?
Un po' impacciato tornò suoi sui passi e sorrise imbarazzato, mentre si guardava intorno. In realtà tutta la situazione era ridicola. Io e Justin in quelle condizioni, una bambina che irrompe nella stanza un tantino troppo invadente e Stivie che corre per riprenderla con un solo asciugamano addosso. Risi in modo sommesso ed entrambi si girarono verso di me.
-E' divertente, dai.
Justin ci pensò un po' su e alla fine abbozzò un sorriso.
-Si, un po'.
Anche Stivie sembrò meno preoccupato.
-Già.
Disse a testa bassa, alla fine uscì dalla stanza con Annie, che non riusciva a capire il motivo di quelle risa. Mi domandai perché quando le avevo chiesto di andare via non mi aveva ascoltato, mentre quando Stivie la aveva presa in braccio non aveva opposto resistenza. La verità era che Stivie era troppo bravo con i bambini.
Mi alzai dal letto e cominciai a vestirmi, Justin, intanto, andò in bagno ancora ridendo per l'accaduto.
Mi chiesi se Stivie avesse voluto in passato dei bambini, probabilmente si, visto che aveva una compagna, ma alla fine aveva dovuto scegliere tra la società e lei e Justin la aveva uccisa. Me lo aveva raccontato molto tempo prima, ma non essendo stata in compagnia di Stivie per alcuni mesi non ci avevo pensato più di tanto. Provavo una certa pena per Stivie, il modo in cui giocava con quella bambina mi faceva pensare che sarebbe stato un ottimo padre. Chissà se Justin si sentiva in colpa per aver ucciso la sua ragazza, ora che sapeva cosa significava amarne una.
Comunque l'arrivo di Annie, seguito da queello di Stivie, era stato una provvidenza. Grazie a loro avevo smesso di pensare a Daniel e al possibile pericolo imminente.

Una volta vestita mi passai un asciugamano sui capelli per asciugarli, mi munii del maggiore numero di armi che potevo sostenere e mi misi delle scarpe nuove. Dopo essere stata per così tanto tempo a piedi nudi, possedere delle scarpe era quasi doloroso.
Mentre cercavo di pettinare i capelli con le mani mi accorsi che la porta della camera era aperta. Stivie doveva averla chiusa male. Andai lì e abbassai la maniglia. Subito dopo cominciai a camminare per stanza non curante, intenta solo ad aggiustarmi i capelli. Finché non inciampai in qualcosa che mi fece cadere proprio davanti alla porta del bagno, sbattendo con il mento a terra. Mi sedetti a terra per esaminare le mani con cui aveo cercato di atterrare e per tastare la mandibola. Improvvisamente qualcosa mi salì sul piede e mi maledissi di non essere fuggita prima di controllare le ferite.
Se fossi rimasta sull'allerta, invece di occuparmi di Annie e Stivie, adesso non avrei un serpente a stringere la mia caviglia. Non avevo il coraggio di guardarlo e affrontare la realtà, ma alla fine fui costretta a farlo, perché il boa salì fino al mio petto.
Urlai.
Qualcuno sarebbe venuto a salvarmi. Ero di nuovo faccia a faccia con Divyanshu, il serpente di Daniel. Se il primo era stato un caso non poteva esserlo anche questo. Daniel era venuto per punirci e riportarci in quel posto. Se per miracolo qualcuno fosse uscito vivo da quella situazione comunque non saremmo stati tutti e quattro. Lui avrebbe ucciso qualcuno o me o Justin o Stivie o Annie.
Urlai di nuovo.
Probabilmente più per la paura di Daniel che del serpente. Il boa si strinse ancora di più attorno a me e iniziai a tossire. La stanza cominciò a girare e la vista si appannò. Perché nessuno mi salvava? Ero finita, ancora prima di incontrare di nuovo Daniel.
A quel punto la porta del bagno si aprì. Justin era vestito e pronto, lo vidi estrarre qualcosa dalla cinta e improvvisamente la presa del serpente si rilassò. Ripresi il fiato e guardai il boa. Aveva la testa recisa ed era inerme su di me. Il cuore rallentò il battito e la stanza smise piano piano di girare.
-Stai bene?
Justin si chinò su di me e mi tirò su dalle spalle. Una volta in piedi guardai il serpente ai miei piedi e mi lasciai cadere tra le braccia di Justin. Anche se un pericolo era cessato adesso ce ne era uno nuovo. Daniel. Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non ci riuscii, non avevo neanche più lacrime da espellere. Neanche Justin sembrava voler dire qualcosa, non sapevo se fosse spaventato quanto me o credeva che quel serpente fosse un'altra coincidenza.
-E' qui.
Riuscii a dire dopo un po'. Le parole uscirono dalla mia bocca come un sussurro, benché non fosse mia intenzione. Justin mi strinse ancora di più.
-E' arrivato il momento di guardare in faccia il pericolo.
Disse alla fine.

**

Tutti e quattro uscimmo dalla casa. Non volevo mostrarmi codarda quindi avevo già asciugato le lacrime e stavo accanto a Justin, lo tenevo per un braccio, non tanto perché avessi paura, più che altro perché non volevo perderlo di nuovo. Stivie era dietro di noi e teneva Annie in braccio, lei stava in silenzio ed era appoggiata con la testa sul petto di Stivie. Adesso che sapevo che la gente poteva andarsene e non tornare più temevo che potesse crellare da un momento all'altro.
Ad aspettarci fuori c'erano più di veti uomini. Dopo la sconfitta dei primi quattro mentre fuggivamo, Daniel si era adoperato a farci trovare un vero e proprio esercito fuori dal rifugio. Appena uscimmo puntarono tutte le armi di cui disponevano contro di noi. Improvvisamente tre di loro ci afferrarono ognuno per un braccio e ci costrinsero ad avanzare. Solo Justin non era stato afferrato, del resto era il capo di una società. Aveva ancora un po' di autorità. Nessuno parlò per l'intero tragito. Nelle strade, delle poche persone che incontrammo nessuno badò a noi, come se fossero abituati a vedere scene del genere. Magari credevano solo che fosse una truppa della polizia.

Una volta raggiunta la botola della società, cominciammo a scendere le scale e ad avanzare per i corridoi. Justin era a pochi passi da me, ma l'uomo che mi teneva stretta il braccio non mi avrebbe mai permesso di raggiungerlo. Riuscivo a vedere solo la sua nuca. Respirava con regolarità e teneva i muscoli rilassati, ma sapevo che era preoccupato perché la luce si rispecchiava sul suo collo per colpa del sudore.
Lanciai un'occhiata dietro e, prima di ricevere uno strattone dall'uomo che mi sorvegliava, riuscii a scorgere Annie trascinata per un polso da un ragazzo e Stivie con le mani dietro la schiena, forse era ammanettato.

In poco tempo raggiungemmo l'ufficio di Daniel e un socio aprì la porta. Con noi quattro entrarono solo altri due soldati. Quando finalmente fui libera corsi al fianco di Justin, che intanto avanzava verso Daniel al centro della stanza, davanti alla scrivania.
-Oh, eccoti qui, Quinn.
Questa fu la prima cosa che disse Daniel e riuscì a farmi gelare il sangue nelle vene, non dovevo mostrarmi vulnerabile. Se l'avessi fatto Justin avrebbe preso le mie difese, invece era lui a dover essere protetto da me in quel momento. Daniel voleva lui, non me. Aveva sempre voluto lui.
-Ti sono mancata? Sembra quasi che mi volessi a tutti i costi, hai mandato tutti quegli uomini a prendermi.
Scherzai, questo l'avrebbe fatto concentrare su di me e non su Justin.
-Si, in realtà mi sono mancati tutti quei momenti intimi con te.
Sorrise e mi si avvicinò. I muscoli di Justin alla mia sinistra si contrassero, mentre io abbassai la testa imbarazzata e in colpa. Speravo solo che Justin non lo prendesse sul serio, ma rimasi in silenzio, perché non avevo nulla da dire.
-E tu, Stati Uniti? Che ci fai qui? Io avevo ordinato di prendere solo i tre fuggiaschi.
Daniel alzò le spalle e assunse un'espressione di scuse. Fui tentata di tirargli un pugno, mentre Justin si limitò a sorridere. Daniel si credeva simpatico, ma non lo era. Non era permesso rapire il socio di un'altra società e tantomeno il capo, ma Daniel era riuscito a condurre da lui Justin, perché aveva richiesto me e il mio ragazzo ci aveva seguiti, non mi avrebbe mai più lasciata sola. Si stava sacrificando per me, se non fosse tornato con noi in quel posto adesso Daniel non lo avrebbe tenuto in pugno.
-Non ci vedevamo da troppo tempo, Daniel. Mi mancavi.
Justin si posò una mano sul cuore, la sua ironia era davvero pungente.
-Se ti fossi mancato davvero saresti venuto prima, sai quanto soffriva questa povera ragazza senza di te? Credeva che non la amassi più, e lo iniziavo a credere anche io.
Puntò un dito contro di me e Justin abbassò la testa, quello era un tasto dolente per lui. Non era ancora riuscito a perdonarsi.
E così sia io che Justin avevamo tentato di rispondere alla minaccia di Daniel con ironia, ma questi, conoscendo le nostre più grandi paure, era riuscito a smontarci subito. Io non volevo che saltasse fuori il modo in cui mi ero comportata con Daniel per ingannarlo e Justin non voleva parlare di come mi avesse lasciata a marcire lì per più di tre mesi. Daniel era bravo con le parole, forse troppo.
Nessuno sembrava più volere dire nulla, quando una voce alle mie spalle urlò. Mi voltai, l'uomo che teneva Annie la aveva lasciata e si massaggiava la mano, mentre lei correva nella direzione di Daniel. Probabilmente Annie lo aveva morso per liberarsi, ma che aveva intenzione di fare?
Una volta arrivata davanti a lui gli puntò un dito contro.
-Tu hai ucciso Fhara e la mia mamma!
Annie era furiosa, ma davanti a un uomo alzo e muscoloso come Daniel, una bambina scheletrica e bassa come lei faceva solo ridere. In più i vestiti che aveva trovato Justin per lei la rendevano ancora più tenera e meno credibile. Una maglietta a collo alto come la mia, ma molto più piccola e i pantaloni erano color militare.
-E' successo una vita fa.
Rispose lui non curante. Annie aveva visto Akash uccidere Fhara e la madre, ma aveva capito che il mandante dell'omicidio era stato Daniel. Una bambina intelligente, non sapevo se tutti alla sua età lo avrebbero dedotto.
Annie tirò un pugno alla gamba di Daniel, ma lui continuò ad ignorarla così lei continuò. Vedevo ribollire l'ira negli occhi di Daniel. Così mi sporsi in avanti per afferrarla e allontanarla. La avevo presa in braccio quando Daniel tirò un calcio dove prima c'era Annie. Solo che trovò il mio fianco, non la bambina. Io caddi a terra e accidentalmente scaraventai Annie al mio fianco.
-Quanto odio i bambini che si credono adulti.
Sibilò Daniel. Mi strinsi il fianco, le costole mi facevano male per l'impatto e in più era il punto morso dal serpente precedentemente. Se un calcio del genere avesse colpito Annie in faccia dubitavo che fosse ancora viva. Mi voltai verso Daniel. Aveva gli occhi posati su Justin e questi aveva la vena della tempia ingrossata. Stava perdendo la pazienza e solo in quel momento mi accorsi che quella frase non era indirizzata ad Annie, ma a Justin. Era lui il bambino che si credeva adulto per Daniel. Effettivamente erano parecchi gli anni che il capo della società indiana gli passava, ma ugualmente non avrei definito mai Justin "bambino".
Mi alzai cercando di non mostrarmi dolorante e tirai su Annie, che in silenzio corse verso Stivie e si aggrappò alle sue gambe, lui ,però, non poteva prenderla in braccio a causa delle manette. La guardai attentamente, il naso le sanguinava. Mi sentivo in colpa, non ero riuscita a evitare che si facesse male.
-Non toccarle mai più.
La voce di Justin era alterata, sembrava quasi che stesse urlando. Mi colpì il modo in cui usò il plurale. Anche se non si notava, teneva almeno un po' ad Annie.
-Altrimenti che fai? Vuoi lottare come ai vecchi tempi?
Daniel fece un passo verso di lui, ma Justin rimase immobile.
-Quando eravamo piccoli, però, era per gioco. Adesso qualcuno si potrebbe fare male sul serio.
Justin continuava a stare in silenzio, non voleva lottare era evidente.
-Hai paura?
Ecco, questa era una cosa che non avrebbe mai dovuto dire. Accusare Justin di vigliaccheria significava attivare la bomba che c'era in lui.
E così fu. Justin serrò un pugno e colpì Daniel al viso, lui indietreggiò. Dovevo fare qualcosa ed evitare quel combattimento. Daniel s strinse un pugno. Ero troppo lontana per fermarlo e comunque era troppo forte per provare a battermi corpo a corpo con lui, mi avrebbe solo colpito e messo al tappeto in poco tempo.
Riuscii a pensare a solo una soluzione logica. Velocemente sfilai il coltello dalla cinta. Non potevo ucciderlo, non sapevo cosa sarebbe successo, magari avrebbero ucciso Justin a causa della morte di un capo di una società. Optai per colpirgli la mano. Justin teneva i pugni in alto. Credeva che Daniel lo volesse colpire al viso, come aveva fatto lui. Aspettai finché Daniel non decise di attaccare. Il suo pugno si muoveva in direzione del torace di Justin. Sferrai il coltello che colpì in pieno la mano di Daniel, per pochissimo ero riuscita a evitare il gomito di Justin, sospirai. La mano del capo indiano sanguinava e sapevo di averlo fatto innervosire parecchio. Afferrai un'altra arma a taglio mentre lui si voltava verso di me.
-Continuo a sostenere che saresti utile in questa società.
Dichiarò Daniel, questo fece innervosire ancora di più Justin che si frappose tra me e il nemico, per proteggermi.
-Non succederà mai.
Sussurrò, sembrava quasi una minaccia. Improvvisamente Daniel mutò atteggiamento e sorrise. Dalla posizone di attacco che aveva assunto si drizzò e incrociò le braccia. Non era un sorriso sereno. Era il sorriso di qualcuno che aveva avuto un'idea.
-Beh, ma adesso parliamo del motivo per cui sei qui, Stati Uniti.
Daniel aveva avuto un'idea e avevo il presentimento che riguardasse me e la mia permanenza in India. Mi strinsi a Justin, che mi cinse le spalle con il braccio. Tempo prima non l'avrebbe mai fatto di fronte agli altri, perché avrebbe mostrato il suo punto debole e sarebbe sembrato vulnerabile. Adesso voleva che tutti fossero al corrente del suo amore per me o forse, più probabilmente, sapeva che non avrebbe fatto dfferenza perché Daniel sapeva già quanto tenesse a me.
-Entrambi sappiamo cosa voglio, allora si o no?
Daniel sorrideva ancora, mi ricordava il sorriso di Peter, quando mi aveva assalita. Mentre cercava di vendicare il suo amore perduto per colpa di Justin, mentre mi aveva stuprata e mentre mi aveva sparato alla spalla. Quella era l'espressione di chi cerca vendetta.
-Negoziamo.
Propose Justin. La sua voce era piatta e anche la sua espressione, ciò che voleva Daniel doveva essere terribile.
-Di che cosa parlate?
Ero quasi spaventata a chiedere. Mi voltai verso Justin, ma lui aveva gli occhi vitrei diretti verso Daniel.
-Stati Uniti dovrà scegliere.
Daniel catturò la mia attenzione.
-Non vi avrà entrambi. Dovrà scegliete tra te e la società americana.
Mi si strinse il cuore, qual era la priorità di Justin? La mia sicurezza o il suo desiderio di potere?
Guardai Justin, non batteva ciglio e in quel momento iniziai a dubitare che preferisse essere capo della società negli Stati Uniti e abbandonarmi in India.   



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