2.

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Ultimo bacio


Da ormai dieci minuti aspettavamo che Justin entrasse nella camera della condanna. Io, insieme ai miei genitori e ad altri giornalisti, ero seduta nella stanza adiacente e potevo osservare cosa accadeva dall'altra parte tramite una piccola finestra di vetro. Le mie mani tremavano e stavo sudando, non avrei voluto partecipare a quel triste evento, ma lo dovevo fare per Justin. Anche se non lo dimostrava sapevo che aveva paura della morte, altrimenti non sarebbe stato umano. Mi ero ripromessa di guardare fino alla fine per trasmettergli la forza necessaria ad affrontare tutto quello. Sentivo che il mio mondo stava per finire e provavo una strana sensazione di angoscia. Credevo che avesse un piano di fuga o qualcosa di simile e invece niente; sarebbe morto senza neanche combattere. Ero io che avevo combattuto per lui e avevo miseramente fallito. Improvvisamente la porta della stanza al di là della finestrella si aprì. Scattai in piedi quando vidi Justin entrare al suo interno. Il mio cuore cominciò a battere più forte. Mi avvicinai al vetro e misi le mani su di esso per attirare la sua attenzione. Lui sembrò non accorgersi di me, mi ignorò completamente. Guardava dalla mia parte, ma non vedeva. Gli occhi erano persi, quasi come se fossi trasparente, quasi come se lui fosse cieco. Cominciai a battere sul vetro e a urlare per attirare la sua attenzione, ma niente. Volevo che l'ultima immagine che vedevano i suoi occhi fosse il mio volto. Si sedette sulla sedia elettrica. Cominciai a urlare più forte, finché qualcuno mi tirò giù e mi fece sedere. Mia madre mi prese per una mano. Fino ad allora non mi ero accorta di quanto avessi bisogno di lei. Cominciai a stringerle la mano e il polso, quasi torturandoglielo dalla disperazione, lei mi accarezzava i capelli con l'altra mano. Degli uomini legarono dei fili al corpo di Justin e dopo poco li vidi allontanarsi. Avrei voluto che quella preparazione durasse ancora di più, non ero pronta per vederlo morire, pregai che mi guardasse un'ultima volta. Il mio cuore batteva forte e le lacrime mi rigavano il viso, mentre a lui non sembrava importare nulla, come se la morte fosse qualcosa che non lo toccava. Un uomo iniziò a contare alla rovescia per farlo preparare a ciò che avrebbe subito. Man mano che si avvicinava allo zero io avevo sempre più paura e credevo che quella tensione avrebbe ucciso anche me. Al due Justin si girò verso me e il suo sguardo si incrociò con il mio. Per un secondo e un po' dimenticai tutto e mi persi nei suoi occhi. Lui non sorrideva, ma non sembrava agitato nel guardarmi. La mia presenza lo stava aiutando sicuramente. Riuscii a calmarmi per un po', ma l'ansia mi assalì nel momento in cui lo vidi tendere tutti i muscoli del corpo, un'ultima scarica di luce gli illuminò gli occhi e dopo cadde con la testa sul petto. Un senso di nausea mi assalì. In quel momento mi sentii ancora più sola del solito e desiderai con tutta me stessa di seguirlo nell'aldilà con la morte. Avevo aspettato tanto quel momento e vederlo morto davanti a me finalmente mi faceva comprendere a pieno che era tutto reale. Fino alla fine mi ero ripetuta che c'era una speranza, che si sarebbe salvato. Ero contvinta che se lui fosse morto quel qualcosa che ci teneva legati avrebbe ucciso anche me. Avevo sperato che fosse così. E tutte le mie speranze mi avevano abbandonato nel momento in cui avevo visto lo sguardo di Justin abbandonarmi e io ero ancora viva. Dovevo accettare questa nuova realtà e continuare con la mia vita. Sentivo di essere vicina alla disperazione. Il respiro si era fatto pesante, il cuore mi faceva male.

-Quinn.

Mia madre mi chiamò allarmata, mi voltai verso di lei. mi scuoteva per un braccio e mi urlava contro preoccupata. Non capivo cosa volesse, io ero girata verso di lei, ma sembrava non notarlo. Continuava a urlare il mio nome. Sentii la sua voce alzarsi di tono sempre di più finché la stanza della condanna si fece buia e io sentii il mio corpo non più seduto, ma steso. Mi guardai in torno, difronte a me c'era una scrivania, a sinistra un armadio, una poltroncina, una libreria. Non ero più in quella stanza, ero nella mia camera da letto. Era stato solo un brutto incubo. Tirai un sospiro di sollievo, questo significava che Justin era ancora vivo. Quell'attimo di serenità fu interrotto nel momento in cui realizzai che sarebbe morto comunque dopo due giorni. Una mano mi accarezzò la guancia. Sussultai e posai gli occhi su mia madre che era seduta sul mio letto, non l'avevo proprio notata.

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