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La perdita


La nottata trascorse in fretta e la mattina seguente Justin aveva mantenuto la promessa fatta a New York. Io non ricordavo assolutamente di cosa trattasse, ma lui sì e non vedeva l'ora di mostrarmelo. Mi aveva fatta entrare in una macchina scura, bendandomi. L'ultima volta che l'aveva fatto e mi ero fidata di lui alla fine mi ero ritrovata come merce ed ero stata venduta a Daniel. Adesso come allora mi ero fidata di Justin, non avevo paura che potessi ritrovarmi di nuovo in un grande mercato, ma nonostante tutto Justin, per farmi stare più tranquilla, mi aveva stretto la mano per tutto il tragitto. Solo dopo essere scesa dalla macchina, mi aveva permesso di levarmi la benda. Così mi ero ritrovata davanti a un edificio imponente. Justin mi aveva spiegato che era un teatro, portando alla memoria alcuni ricordi. Poco dopo esserci messi insieme in passato, mi aveva promesso che non mi avrebbe mai fatto mancare nulla e, dopo avermi mostrato la luce del sole di nuovo, aveva detto che saremmo usciti più frequentemente e che un giorno mi avrebbe portato a teatro. In realtà a causa delle circostanze, non aveva mai avuto l'occasione di farlo e in tutti quei mesi probabilmente aveva continuato a pensarci e a tormentarsi per tutte le promesse che non aveva mantenuto. Lo spettacolo che mi aveva così portato a vedere era un musical, già dopo i primi 5 minuti la mia attenzione era rivolta altrove e la mia testa scoppiava, notando il disagio Justin mi aveva permesso di uscire e lui era venuto con me, per non lasciarmi sola. Più volte gli avevo detto che se gli piaceva lo spettacolo poteva restare lì a goderselo, ma lui aveva risposto che il vero spettacolo che non voleva perdersi ero io.

Nonostante la sua tenerezza tutta la mattinata avevo continuato a pensare all'incontro che Justin avrebbe dovuto affrontare alle cinque. Era solo uno dei tanti affaristi, ma mi continuavo a chiedere perché non volesse mostrarmi quel biglietto del giorno prima.
Notando che spesso ero immersa nei miei pensieri, Justin aveva deciso di pranzare fuori a un ristorante e io avevo mangiato tantissimo, molto di più di quanto facevo normalmente alla mensa della società, dove i cibi erano razionati e non si poteva richiedere il bis. Ecco perché, di tanto in tanto, Justin mi dava una parte della sua porzione per sfamare me e il bambino.
Il pomeriggio eravamo tornati nella società e adesso eravamo in camera, mentre Justin mi salutava per andare all'incontro.
-Ci vediamo stasera.
Disse mandandomi un bacio da lontano.
-Torna presto.
Raccomandai. Justin annuì e uscì velocemente dalla stanza, come se non volesse intrattenersi con me un minuto di più per non fare aspettare il cliente. Non mi aveva neanche degnato di un vero e proprio bacio. Sbuffai e mi stesi sul letto, pensai che il tempo sarebbe passato prima se lo avessi impiegato riposando. L'unico problema era che, ogni volta che provavo a riposare, il mio cervello cominciava a vagare e mi portava a ragionare su cose a cui avrei preferito non pensare. Dopo quella bella giornata, però, mi sentivo semplicemente fortunata ad aìvere qualcuno al mio fianco che mi amasse come Justin. Alcune volte sembrava realizzato solo nel vedermi felice, come se la sua serenità dipendesse dalla mia felicità. Sarebbe stato bello crescere il bambino con lui.
Rimasi per almeno mezz'ora coricata, finché un rumore proveniente dalla porta non mi fece sobbalzare.In meno di un secondo mi ritrovai in piedi in mezzo alla stanza.
-Chi è?
Chiesi.
-Hari.
Rispose il ragazzo al di là della porta. Che voleva da me? Lui non sarebbe dovuto essere lì. Né Hari né Daniel potevano infastidirmi, quello era l'accordo.
Raggiunsi la porta comunque e aprii, di certo non potevo lasciarlo fuori, ormai sapeva che ero dentro.
Hari entrò nella stanza e si guardò in torno, io mi allontanai dalla porta, facendo attenzione a non chiuderla. In caso di pericolo qualcuno mi avrebbe potuto soccorrere.
-Il tuo ragazzo non c'è?
Chiese lanciando un'occhiata alla porta.
-Volevi parlare con lui?
Hari si concentrò di nuovo su me.
-Ma c'è o non c'è?
-Di cosa volevi parlargli?

Hari mi ignorò e si diresse verso la porta speravo che volesse andare via, invece la chiuse e ci si piazzò davanti. Mi mostrai sicura come avevo fatto fino ad allora.
-In realtà volevo parlare con te.
Mi puntò un dito contro. Poteva volere qualsiai cosa da me, non dovevo andare nel panico.
-Quinn, ho parlato con il tuo ragazzo, ma è stato fin troppo evasivo. Sai dove andava oggi?
Chiese, e quindi non si trattava di me, ma di Justin. Se si era messo nei guai il mio primo intento sarebbe stato quello di proteggerlo, poi me la sarei vista personalmente con lui, che continuava a mentirmi.
-Via.
Risposi semplicemente. Hari fece un passo verso di me.
-Dove esattamente?
Nonostante la posizione in cui mi trovavo, cioè in una stanza senza va d'uscita con un uomo molto più forte di me, non avevo paura perché sapevo che per il contratto non avrebbe potuto torcermi neanche un capello.
-Sta lavorando.
Spiegai.
-Ho capito, non hai intenzione di parlare finché non ti dico cosa sta succedendo, sempre che tu non lo sappia già.
Hari sembrava infastidito, ma cominciò a spiegare ugualmente.
-Credo di averlo visto con Paul, il ricciolino rosso, in quanto guardia devo sapere di cosa avrebbero parlato.
E avrei pagato oro per saperlo anche io. Perché Justin si incontrava con Paul? Glie avevo spiegato che non poteva fidarsi. Allora come avevo sospettato non era vero che si sarebbe incontrato con un affarista. Mi sentivo delusa dal suo comportamento, mi aveva mentito.
-Te lo chiedo un'ultima volta.
Ripeté calmo Hari.
-Altrimenti? Non puoi farmi assolutamente nulla.
Hari non sembrò preoccupato.
-Giusto, non posso toccarti o punirti, ma posso semplicemente mostrare la persona che sei al tuo fidanzato. Nulla lo vieta, neanche il contratto.
Mi misi a ridere.
-Fallo pure, lui sa tutto di me. Sa chi sono, cosa vorresti fare? Raccontargli bugie? Non ti crederà.
Hari si avvicinò a me.
-Sei proprio sicura che lui ti conosca veramente?
Annuii più sicura che mai.
-Eppure secondo me che c'è qualcosa che ancora non gli hai detto.
Mi guardò da testa a piedi e improvvisamente mi sentii come nuda. Ero imbarazzata perché probabilmente lui era venuto a conoscenza di qualcosa che fino ad allora avevo cercato di nascondere non a Justin,ma a me stessa. Avrei voluto dimenticarlo.
-Comunque sarebbe la tua parola contro la mia.
Ribadii, forse c'era ancora qualche speranza.
-Non penso proprio.
Iniziai a sudare freddo.
-Che intendi?
Hari sorrise.
-Noi abbiamo ancora il video.
**

Hari mi aveva dato ventiquattro ore per scegliere di dirgli la verità, in cambio lui avrebbe distrutto il video. Eppure non mi sentivo al sicuro, magari aveva detto così, ma alla fine ne avrebbe tenuta una copia. In più non avrei potuto dirgli nulla, perché di fatto io non conoscevo i piani di Justin e di Paul. Sapevo che era rischioso parlare a Justin di quella notte in India, ma non avevo scelta. Alla fine l'avrebbe scoperto, ed era meglio che glielo dicessi io, così Hari non avrebbe avuto più nulla con cui ricattarmi. Speravo solo che Justin non litigasse con me, io l'avevo fatto per noi dopotutto.
Ero nervosa, sudavo e mi batteva forte il cuore, perché sapevo che Justin sarebbe potuto arrivare da un momento all'altro. Quando la porta si aprì balzai in piedi, pronta a dirgli tutto ciò che era accaduto. Quando però lo vidi entrare mi paralizzai e sentivo di non avere neanche la forza di volontà per salutarlo semplicemente. Solo in quel momento Justin sembrò accorgersi di me.
-Hey Quinn.
Mi salutò distrattamente e si chiuse la porta alle spalle. Dirigendosi verso la scrivania.
Solo quando mi rivolse la parola iniziai a tremare. Finalmente il mio corpo ricominciava a muoversi, anche se "tremare" non poteva essere di certo definito un beneficio. Volevo salutarlo, ma ancora a quanto pareva le mie corde vocali non avevano deciso di emettere un suono.
Justin si accorse della mia tensione e, dopo aver posato dei fogli sulla scrivania, mi corse incontro.
-E' successo qualcosa mentre io non c'ero?
Sembrava allarmato, nascondeva davvero qualcosa?
-Cosa sarebbe dovuto succedere?
Sussurrai. Probabilmente Justin si sentì accusato perché indietreggiò.
-Nulla, perché stai così allora?
Mi feci coraggio.
-Mi nascondi qualcosa?
Justin non sembrava voler rispondere, solo perché non mi voleva mentire, ma non voleva dire neanche qualcosa di troppo esplicito.
-Stai organizzando un piano? Paul è coinvolto?
Mi stavo esponendo troppo, ne ero consapevole. Justin mi continuava a guardare dritta negli occhi, sembrava quasi che mi stesse pregando di non fargli più domande per il mio bene.
-Sono stanca di venire a conoscenza delle cose per ultima, se c'è qualcosa che dovrei sapere dimmela.
Stavo facendo passare lui per bugiardo solo perché non volevo raccontargli cosa stava accadendo.
-Per favore, non farmi domande.
Disse semplicemente Justin, un po' seccato.
-Ma io lo devo sapere, ti potrei aiutare. Farei qualsiasi cosa e poi stando in India ho imparato cose che voi non sapeve sul conto di Daniel.
Justin annuì.
-Sì, ma io non ho detto che sto organizzando qualcosa contro Daniel.
Rimasi senza parole, era così evidente. Davvero credeva di poter mentire con me? Justin sembrò così accorgersi che non sarebbe riuscito a farmi cadere in inganno.
-Senti, non te ne devi occupare tu, ci sono io per questo.
Si toccò il cuore e mi accarezzò la guancia. Nonostante il suo gesto amorevole io mi sentivo uno straccio.
-Ti prego fa partecipare anche me.
Ero quasi implorante, Justin scosse debolmente la testa, sembrava malinconico, come lo avevo visto il giorno prima per pochi secondi. Tutto quello mi faceva pensare che sarebbe stata una cosa poco piacevole.
-No, non ti preoccupare, tu non farai niente, penso a tutto io e ti prometto che andrà a buon fine. Vivrai una vita fantastica, la società sarà di nuovo nostra, ma ti prego solo di non interessartene finché non arriverà il giorno fatidico.
Justin mi costrinse ad abbracciarlo, cingendomi con le sue braccia e portando il mio viso contro il suo petto. Non potevo ribattere, dopo tutto quello che aveva fatto per me. Ero stata d'intralcio in passato e gli avevo fatto perdere la società, dovevo fidarmi di lui, se diceva che l'avrebbe riconquistata non dovevo preoccuparmi.
Ora c'era qualcos'altro su cui porre la mia attenzione. Dovevo fermare Hari per permettere a Justin di occuparsi del piano. Come cominciare? A solo pensiero di doverlo fare, iniziai a tremare, avevo paura che quell'abbraccio tra di noi non ci sarebbe più stato dopo avergli svelato la verità.
Justin si accorse che qualcosa non andava perché mi allontano per guardarmi in faccia.
-Quinn, cosa hai? Ti senti bene?
Rimasi a fissarlo, alla fine scossi la testa e mi liberai dalla sua stretta, così mi sedetti sul bordo del letto, lui fece lo stesso.
Mi misi le mani in grembo e cominciai a muoverle nervosamente. Stavo riordinando le idee. Da dove partire? Non potevo di certo arrivare al punto direttamente, altrimenti lo avrei fatto sorprendere e soffrire.
-Oggi è stata un bellissima giornata.
Dissi alla fine.
-Mi volevi dire questo? Bene, allora usciremo più spesso, ma non pensavo ti fosse piaciuto il musical.
Justin sembrava confuso o forse credeva solo che ero io quella confusa, perché cominciò a massaggiarmi la schiena per farmi rilassare.
-Non intendevo questo.
Scossi la testa, dovevo dirglielo e basta, altrimenti lo avrebbe fatto Hari.
-Oggi è stata una giornata bellissima, finché non è venuto Hari.
Dissi tutto d'un fiato. Ormai era fatta. Dovevo rivelargli tutto. Justin mi strinse le mani tra le sue.
-Che ti ha fatto? Che ti ha detto? E' stato lui a ridurti in questo stato?
Mi urlava contro, ma sapevo che ce l'aveva con lui e non con me. Dovevo essere messa male se era così preoccupato.
-No, non è solo colpa sua, in parte anche mia.
-Quinn di che parli?

La rabbia di Justin aveva lasciato spazio alla curiosità.
-Hari ha un video di una cosa che è accaduta nella società indiana. Non volevo farti soffrire e non volevo che lo sapessi, ma è accaduto e io preferisco che tu lo venga a sapere da me e non da lui.
Justin corrugò la fronte.
-Di che parli?
Mi scesero da sole le lacrime giù per le guance.
-Scusa, non ne vado fiera, sono stata costretta te lo giuro.
Justin mi scosse per la spalla.
-Parla, ti prego.
Tirai su con il naso e mi asciugai le lacrime.
-Promettimi che ascolterai fino alla fine.
Guardai Justin dritto negli occhi, il suo sguardo era colmo di dolore, nonostante ciò, annuì. Sembrava quasi che avesse intuito che quello che stavo per dirgli era terribile. Abbassai il volto perché non avevo il coraggio di affrontare anche il suo dolore e cominciai a parlare.
-Quando ero in India, come sai, Daniel voleva uccidermi e tu mi hai detto di prendere tempo, perché saresti arrivato il giorno dopo.
Justin stava in silenzio ad ascoltarmi, così continuai.
-Minacciava di uccidermi con un serpente, ma io gli dissi che tu non eri convinto che io e Daniel stessimo insieme, nonostante la nostra simulazione in Russia. Così gli svelai un modo per fartelo credere.
Cominciai di nuovo a lacrimare, ma ormai avevo iniziato il racconto, e,prima di bloccarmi per le lacrime, lo avrei terminato.
-Andammo a letto insieme. Lui credeva di inviarti il video, così tu l'avresti raggiunto per vendicarti, ma io volevo, semplicemente, artrivare viva al giorno dopo, perché sapevo che mi avresti salvata.
Justin era in silenzio, fin troppo, non lo sentivo neanche respirare.
-Ovviamente il video non ti è mai arrivato perché Daniel non te l'ha mai mandato, in quanto non ce n'è stato bisogno.
Mentre prima ero in ansia, adesso ero triste e malinconica. Avevo provato a dimenticare quei momentoi per molto tempo, invano.Mentre prima il cuore mi batteva velocissimamente adesso sembrava più lento e pesante. Rimasi ad aspettare che Justin dicesse qualcosa, ma non lo fece. Sapevo che guardandolo mi sarei messa a piangere ancora di più, ma quando la situazione divenne insostenibile e troppo silenziosa mi feci forza e lo guardai. Cercava di nascondere i suoi sentimenti, era evidente.
-Volevo solo evitare la morte, è stata la cosa più brutta che io abbia mai fatto, ho pensato tutto il tempo a te. Perché io amo te e non ti tradirei per nulla al mondo.
Avrei voluto abbracciarlo, ma avevo anche paura che, avvicinandomi, lui mi avrebbe allontanata e a quel punto il mio cuore di sarebbe distrutto completamente.
-Dì qualcosa.
Lo implorai. Dopo qualche secondo mi chinai, posando la mia testa sulle gambe, sapevo che sarebbe stato in silenzio. Dopo pochi minuti però parlò.
-Non posso credere che tu sia arrivata a questo. Daniel ti ha fatta arrivare a questo solo per poter avere la mia società. Si è servito di te per arrivare a me.
Allora non ce l'aveva con me. Mi tirai su, sentendomi poco meglio. Strinse forte il pugno e digrignò i denti, del resto il suo odio verso Daniel era condiviso allo stesso modo da me.
-Tu sei stata solo la vittima, non ce l'ho con te, ma con lui.
In quel momento compresi che non aveva colto a fondo il messaggio delle mie parole.
-Sei solo arrabbiato con lui?
Justin annuì convinto e in quel momento il mio cuore tornò a farsi pesante.
-Non sei neanche triste?
Justin mi guardò con aria dubbiosa.
-E' ovvio. Sono triste per te, per la sorte che ti è toccata, ma è passato e giuro che non ti dovrai preoccupare mai più di una cosa simile, ci sono io con te.
Lo disse come se fosse evidente, ma io scossi la testa. Non intendevo quello.
-Non hai capito.
Mi tirai su e sospirai, la vista mi si appannò di nuovo.
-Il problema è che non è detto che sia tuo figlio.
Indicai la mia pancia, che ancora era praticamente piatta. Per un momento Justin sembrò pensrae alla fine si alzò di colpo e corse contro la scrivania, come se dovesse prendere qualcosa di importante, ma in realtà si fermò lì davanti.
Avevo paura di quello che potesse fare.
-Calmati, ti prego, è già difficile così.
Al suono di quelle parole Justin afferrò lo schienale della sedia e la sbattè a terra con forza. Io sobbalzai e mi rannicchiai in un angolino del letto, piangendo. Justin si incamminò verso la porta e scorsi il suo viso. Aveva le guance rosse e gli occhi lucidi. Non era arrabbiato, solo ferito nel profondo. Teneva a quel bambino quanto me e, in meno di cinque minuti lo aveva perso.  


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