L'accordo
Raggiungemmo la porta dell'ufficio del capo. Sarebbe dovuto essere l'ufficio di Justin, ma ovviamente adesso spettava a Daniel alloggiare lì, quando si trovava in America. Guardai Paul un'ultima volta. Lui mi fece segno di procedere, ma io non avevo il coraggio di affrontare la situaione. Rimasi immobile davanti alla porta, ero completamente paralizzata dalla paura. Avevo chiesto solo una vita normale con la persona che amavo. Era tanto?
Alla fine Paul fu costretto ad aprire da solo la porta, scansandomi di lato. Entrai con sguardo basso e Paul di richiuse la porta alle spalle.
-Quinn, che piacere rivederti.
Era la voce di Daniel, lo sapevo anche se non lo guardavo in faccia. Quella stessa voce aveva popolato molti dei miei incubi. Alzai gli occhi su Justin. Mi guardava senza dire nulla. Era in piedi accanto a Daniel, ma non sembrava che avesse subito maltrattamenti o cose del genere. Stava bene.
Quando feci per avvicinarmi a lui, Justin scosse debolmente la testa e si voltò leggermente verso Daniel, mi stava invitando a rispondere a suo saluto. Obbedii.
-Ciao Daniel.
Non lo vedevo da settimane ormai, ma il mio odio verso di lui era lo stesso di prima. Solo in quel momento mi accorsi che nella stanza non eravamo soli, sulla sinistra c'era Luke, tenuto al muro da un ragazzo indiano. Avevano sospettato anche di lui.
Luke si accorse che lo stavo guardando e, nonostante avesse le mani legate dietro la schiena e la faccia schiacciata alla parete, fece un mezzo sorriso.
-Ciao, Quinn, tutto bene?
Non sapevo cosa dire, ma ero così tanto sconvolta che l'unica cosa che riuscii a fare fu annuire e subito dopo mi sentii una stupida. Il suo tono era ironico, mentre io stavo "bene" lui era schiacciato contro una parete.
-Mi fa piacere che tu stia bene.
Daniel si mise a ridere e io mi sentii fortemente in imbarazzo. Non era bravo solo a farmi male fisicamente, mi distruggeva anche nell'animo. Mi voltai verso Justin in preda alla disperazione, ma non ottenni il suo appoggio, lui evitava il mio sguardo e preferiva osservarsi i piedi e di tanto in tanto Daniel. Aveva capito che c'era qualcosa che non andava in me.
-Comunque, ti ho convocato qui con i tuoi amici solo per spiegarti una cosa.
Daniel mi fece segno di avvicinarmi. Non sembrava particolarmente minaccioso, forse non aveva scoperto nulla, voleva davvero parlarmi di qualcos'altro. Ma allora perché Justin e Luke erano lì?
Feci un passo in avanti e Daniel mi accarezzò una guancia. Rabbrividii.
-Abbiamo fatto un patto io e il tuo ragazzo, ricordi?
Annuii. Non avevo idea di che cosa pensasse di me in quel momento, ma sicuramente riusciva a percepire la mia paura. Ma perché me ne preoccupavo? Del resto stavo per morire, giusto?
-Ecco, vedi, voi siete diventati miei dipendenti e questo vuol dire che dovete eseguire i miei ordini...
Il suo tono era calmo e seducente, sarebbe stato più facile se mi avesse urlato contro, invece così mi stava semplicemente mandando in paranoia.
-Andrò al lavoro ogni giorno, farò tutto quello che devo fare. Eseguirò tutti i compiti che mi assegnerai.
Non lo feci neanche finire di parlare. Stavo per scoppiare. In quelle condizioni non sarei mai riuscita a sopportare la tensione. Ero consapevole di essermi esposta troppo, ma volevo semplicemente che arrivasse al punto, senza quei giri di parole.
-Brava, ma non è quello che volevo sentirti dire.
Mi diede una pacca sulla spalla e sorrise, io rimasi immobile con il cuore in gola. Stava battendo così forte che iniziai a pensare che anche lui potesse sentirlo.
-Intendevo dire che il tuo strano comportamento mi porta a pensare che tu stia nascondendo qualcosa.
Justin corrugò le sopracciglia e alzò lo sguardo su me. Mi sentii ancora peggio, ma cercai di ignorarlo. Lui neanche sapeva nulla, si stava senttendo tradito forse?
-Non nascondo nulla.
Ero consapevole che le mie parole non lo avrebbero convinto. Daniel non avrebbe mollato l'osso facilmente, da quando lo conoscevo l'unico momento in cui l'avevo visto "perdere" era stato quando avevo ucciso Akash, lasciandolo senza parole.
-Tu credi che io mi sia scomodato per venire fino a qua dall'India solo per un sospetto?
Incrociò le braccia. Cosa inteneva dire? Che sapeva già qualcosa per certo? Indietreggiai.
-Hai lottato per più di sei mesi per stare con il tuo ragazzo, se non ci fosse stato alcun problema non credo che tu mi avresti dato modo di sospettare di qualcosa. Sarsti stata attenta a non suscitare la mia ira. Peccato che il tuo comportamento mi ha portato a formulare alcune ipotresi.
Mi sentivo con le spalle al muro, non sarei uscita da quella camera senza prima avergli detto la verità, lo sapevo.
-Io non nascondo nulla.
Ripetei, anche se sapevo che non era il modo giusto per argomentare, ma non trovavo davvero cosa dire.
-Quinn, ti chiedo solo di parlare.
Daniel avvicinò una mano pericolosamente al fodero del coltello che aveva all'altezza della cintura.
-Non ho nulla da dire.
Ribadii, sperando questa volta di convincerlo, ma Daniel sfilò il coltello dal foddero e velocemente afferrò Justin dalle spalle, puntandoglielo contro. Neanche Justin se lo aspettava, così rimase sorpreso e non riuscì a liberarsi. Mi pietrificai. Lanciai uno sguardo a Luke, quasi di pietà. Ma lui era messo peggio di tutti, e non sembrava potermi aiutare.
-Io gliel'ho detto che non hai nulla da nascondere e mi sono ritrovato così.
Luke semrava divertito, ma in realtà sapevo cosa intendeva dire "Io ho cercato di difenderti e mi hanno messo al tappetto, ma Justin potrebbe essere ucciso." Mi stava cercando di fare capire che se non volevo un ragazzo morto mi sarebbe convenuto parlare. Ma non voleva consigliarmi di farlo, stava solo spiegandomi le conseguenze delle mie azioni. Il ragazzo che lo teneva stretto al muro, comunque, gli diede un altro strattone e gli fece sbattere la fronte contro il muro.
-No.
Corsi nella sua direzione, ma Daniel richiamò la mia attenzione.
-Quinn, parla.
Con quel coltello puntato alla gola di Justin mi sembrava assurdo opporre resistenza. Stavo per dirglielo, ma fui bloccata dalla voce di Justin, che uscì strozzata.
-Non ha nulla da nascondere Quinn, altrimenti lo saprei.
Justin cercava di divincolarsi, ma senza nessun fine. Avrei potuto provare ad attaccare Daniel e ucciderlo, ma avevo solo un misero coltello e loro erano in due, in tre contando Paul.
-Tanto ormai loro sono finiti.
Daniel spinse il coltello contro la pelle di Justin e uscì un piccolo rivolo di sangue.
Guardai un'ultima volta Luke, osservava la scena, in silenzio, come se non ne facesse parte e fosse solo uno spettatore. Justin invece aveva un aria sofferente e impaurita, ma non si arrendeva, continuava a cercare di allontanarsi da Daniel. Non potevo fare nulla, l'avrebbe ucciso, lo sapevo. Era l'ultima cosa che avrei voluto, ma una lacrima mi scese giù per la guancia, non dovevo piangere.
Daniel non spostava il coltello dal collo di Justin e sapevo che non sarebbe stato un problema per lui ucciderlo.
-Tanto lo sai già, perché vuoi ce lo dica ad alta voce?
Ero nella disperazione.
-Devi ammetterlo o io non potrò fare niente se non c'è una confessione.
Mi voleva punire? Uccidere? Forse era un ragionamento da egoista, ma se non gli avessi parlato del mio segreto, Daniel avrebbe ucciso Justin e come avrei potuto vivere io senza di lui? Se invece avessi detto la verità, Daniel mi avrebbe fatto fuori senza toccare Justin. E quella prospettiva mi sembrava la migliore perché una volta morta non mi sarei più preoccupata per il mio ragazzo.
-Sono incinta.
Urlai prima che potessi cambiare idea.Mi lasciai cadere sulle ginocchia a terra e rimasi immobile. Daniel liberò Justin e fece segno al ragazzo che teneva fermo Luke di liberarlo. Non avevo il coraggio di guardare Justin, mi stava giudicando sicuramente in quel momento.
-Uccidimi adesso.
Incitai Daniel senza neanche guardarlo, a testa china. Lui mi raggiunse, con ancora il coltello in mano. Sentivo le mani tremarmi e mi girava la testa. Ma avevo fatto la cosa giusta ad averglielo detto. Daniel alzò il coltello e pensai che mi volesse conficcare la lama nel cuore, invece con estrema calma la ripose nel fodero.
-Ma io non voglio ucciderti.
Mi porse una mano per aiutarmi ad alzarmi, ma io lo feci senza il suo aiuto. Come se nulla fosse Daniel ritirò la mano e sorrise.
Mi sarei dovuta sentire più tranquilla, ma non era così, perché se Daniel era felice significava che stava cercando un modo per farmi del male ancora di più di quanto avrebbe fatto uccidendomi.
-In realtà stavo per proporti un patto.
E dopo quelle parole ero passata definitivamente da "terrorizzata" a "infuriata". Come poteva permettersi di propormi un patto dopo che l'ultima volta che ne avevamo fatto uno, Daniel ci aveva privato della società e ci aveva portato a vivere in quel modo?
-Non voglio fare nessun patto con te, scordatelo.
Daniel non sembrava scomporsi, come se sapesse che alla fine avrei accettato. E io ero convinta a non farlo solo per farlo perdere una volta nella sua vita.
-Ascolta prima, almeno.
Propose.
-No.
Justin attirò la mia attenzione, sembrava da un momento all'altro avere preso più di dieci anni. Sembrava invecchiato a causa della stanchezza, la paura, forse anche per la notizia che gli avevo dato. Teneva la bocca socchiusa e le labbra erano incredibilmente violacee, anche la pelle era pallida.
-Ascoltalo almeno.
Justin fece un segno verso Daniel e io non potei dirgli di no, viste le condizioni in cui lo avevo ridotto. Infondo era colpa mia se stava così, avrei pouto parlargliene prima, per "prepararlo".
-Parla.
Il mio tono era volutamente brusco. Daniel annuì e sorrise con aria furba, gli stavo dando esattamente ciò che voleva.
-Ti dovrei uccidere, ma non lo farò se tu accetterai una condizione. Potrai vivere la tua vita normalmente, non lavorerai finché il tuo bambino non avrà due anni, potrei anche farti uscire qualche volta per stare da sola con il tuo ragazzo, vivrete come una coppia normale con un figlio. Non ti mancherà mai niente, mai.
Sembrava un sogno, era ciò che volevo più di ogni altra cosa al mondo, ma...
-Dove sta il trucco?Cosa vuoi in cambio?
Daniel alzò le spalle, come se fosse una cosa da niente.
-Solo una piccola cosa. Il bambino dovrà venire con me in India all'età di cinque anni.
Non ci pensai neanche un secondo.
-E vivere quello che ho vissuto io lì? Mai.
Cercava di corrompermi con un delle proposte allettanti e poi mi chiedeva di abbandonare il bambino e tutti i miei privilegi, non sarei cascata nel suo tranello, non lo avrei mai fatto.
-Puoi anche uccidermi, non ho intenzione di accettare.
Per un breve momento Daniel sembrò davvero perplesso, poi Justin, che fino ad allora era stato a testa china a pensare, mi guardò.
-Accetta.
Disse semplicemente.
-Assolutamente no, come puoi chiedermi di fare una cosa del genere?
Justin sembrava convinto di quello che stava dicendo, anche troppo, perché stava iniziando a convincere anche me.
-Accetta.
Ripeté.
-Mi stai chiedendo di abbandonare nostro figlio solo perché non vuoi che io muoia.
Diedi voce ai miei pensieri, ma non ci riuscivo a crederci fino in fondo. Mi sembrava troppo anche per Justin.
-Non soffrirà in India, voglio solo che venga con me.
La voce di Daniel riusciva solo a farmi innervosire di più.
-Come faccio a sapere che dici la verità?
Urlai.
Daniel si avvicinò alla scrivania e prese un foglio bianco e una penna stilografica.
-Sarà tutto scritto nero su bianco.
Mi voltai verso Luke, lui doveva aver capito qualcosa che a me sfuggiva perché annuiva nella direzione di Justin e i due si lanciavano occhiate di intendimento.
-Accetta.
Ripeté Justin dopo che si accorse che la mia attenzione era riposta su di lui. Iniziavo a convincermi sul serio. Cinque anni senza probloemi. Cinque anni per me e Justin. Non avevamo mai avuto un arco di tempo così lungo di pace. Saremmo potuti uscire come due persone normali. Non avrei più lavorato per molto tempo e in più ancora non mi sentivo una vera e propria madre. Non provavo nessun affetto per quel bambino che mi stava facendo avere tanti problemi, eppure ero convinta che dopo la sua nascita non l'avrei potuto lasciare per nessun motivo.
-Non posso, mi maledirei per tutta la vita.
Scossi la testa e indietreggiai, ma Justin mi raggiunse e mi afferrò per un braccio. Mi guardò dritta negli occhi e mi poggiò una mano sulla guancia.
-Accetta, Quinn.
Rimase per diversi secondi in quella posizione a fissarmi. Lui non era mai stato egoista, se mi diceva di accettare non era perché non voleva vivere senza di me, ma perché lo faceva per me. Quelle occhiate di intendimento mi fecero supporre qualcosa. Justin aveva un piano.
E poi in cinque anni sarebbero potute cambiare molte cose, magari avremmo trovato un modo per tenere il bambino o per sconfiggere Daniel.
Anuii debolmente. Ma nessuno sembrò notarlo.
-Va bene.
Sussurrai.
Il viso di Daniel si colorò di vita.
-Bene abbiamo un contratto da scrivere.
-Me ne occupo io.
Justin si voltò verso la scrivania, dove Daniel era già chinato sul foglio bianco. Mi incamminai verso l'unico amico di cui sentivo di potere fidarmi in quel momento: Luke.
Mi appoggiai al muro accanto a lui e questo mi bastò per farmi sentire poco meglio.
-Hai fatto la cosa giusta.
Sussurrò. Mi accertai che il ragazzo indiano non ci sentisse e mi avvicinai ancora di più a lui.
-Ha un piano?
Speravo tanto che confermasse i miei sospetti, se Justin avesse avuto un piano avremmo sconfitto Daniel. Purtroppo Luke alzò semplicemente le spalle, non ne era sicuro neanche lui, ma se aveva avuto il sospetto come me, probabilmente era vero. Mi fidavo del suo sesto senso. Inaspettatamente una voce alla mia sinistra, però, rispose alle mie parole.
-Sì, prestò avrà un piano.
Era Paul che si era avvicinato e mi aveva sentito porre la domanda. Non sembrava preoccupato, ma se fosse stato davvero dalla parte di Daniel avrebbe dovuto dirglielo, perché stava coprendo Justin?
Paul fece finta di non aver notato la mia espressione confusa e si allontanò nuovamente. Mi voltai verso Luke in cerca di spiegazione. Ma lui non aveva intenzione di darmene, osservava Paul allontanarsi. Riuscivo a immaginare gli ingranaggi della sua mente lavorare ed elaborare una sua tesi del tutto diversa dalle mie. Chi era Paul? E cosa voleva? Era un pericolo che fosse al corrente di un possibile attacco di Justin a Daniel?
**
Rimanemmo per diversi minuti in silenzio. Le uniche voci che si sentivano erano quelle di Daniel e Justin che trattavano e rifinivano il contratto che avrei dovuto firmare. A parlare in realtà era più che altro Daniel, Justin per lo più annuiva o cercava di farmi avere più diritti. Era sempre più pallido, sembrava avesse visto un fantasma. Altre volte, invece, sembrava più sicuro che mai e esprimeva i suoi dissensi.
-Ok, Quinn. Abbiamo concluso.
Daniel mi fece segno di raggiungerli e io lo feci. Mi porse una penna e indicò il punto in cui avrei dovuto firmare. Non lo lessi neanche il foglio, mi fidavo dellle scelte di Justin. La mano mi tremava, ma io sperai con tutta me stessa che stessi facendo la scelta giusta. Firmai.
-Perfetto, adesso potete anche andare via. E' un onore fare affari con te.
Daniel sorrise e mi porse la mano. In realtà era contento perché avevo abboccato e avevo firmato il contratto. Non gliela strinsi. Daniel fece finta di nulla e la abbassò.
-Va bene. Allora ci si vede.
Daniel ci fece segno di uscire e non vedevo l'ora di farlo. Mi catapultai verso la porta, seguita da Justin e Luke. Una parte di me era felice, una volta varcata la soglia sarebbe comincita la mia vita "normale" con Justin. Ero serena. Aprii la porta e uscii quando Daniel mi richiamò.
-Quinn, puoi venire un secondo?
Cosa voleva? Avevo fatto tutto ciò che mi aveva chiesto. Guardai Justin, ma lui non sembrava spaventato o altro, si limitò solo a liberare il passaggio per farmi entrare di nuovo nell'ufficio. Daniel mi prese alla sprovvista, infatti mi cinse le spalle con un braccio, come se fosse un vero e proprio amico, e mi trascinò dall'altra parte della stanza. Poi cominciò a sussurrare.
-Sai, sono accadute tante cose quando tu eri ancora in India, ricordi?
Non riuscivo a capire dove stesse andando a parare. Ripensai ai miei giorni lì, ma proprio non riuscivo a capire cosa significasse quella frase.
-So che hai cercato di rimuoverlo non sono tutti bei ricordi.
In realtà ogni momento in quel terribile posto era un brutto ricordo. Non c'era stato nessun bel ricordo. Ovviamente tra i peggiori c'era stato il momento in cui mi aveva frustata, e sicuramente quando Akash aveva ucciso Fhara o l'ultimo mio giorno lì, quando avevo cercato un modo per prendere tempo perché sapevo che altrimenti sarei morta prima che Justin potesse avere la possibilità di provare a salvarmi. In quel momento capii. Sentii il mondo cadermi addosso e mi pentii di avere firmato il contratto, sarebbe stato meglio morire.
-Quinn, di chi è il bambino?
Chiese Daniel alla fine.
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Madhouse
Fanfiction-Benvenuta. Un uomo con giacca e cravatta che conoscevo ormai molto bene mi fece accomodare nel suo studio. -Stenditi e rilassati. Attraversai l'ampia stanza, adornata con mobili di legno e tappeti dai colori caldi, e mi stesi sul divanetto di pe...