L'incontro
Quando tornai in camera mi sentivo a disagio per ciò che avrei dovuto fare, cosa avrebbe pensato Fhara di me? Non sapevo come affrontare lei e come dire ad Annie che l'avrei lasciata sola per un paio di giorni. Mi feci coraggio e aprii la porta. Ero convinta che le altre ragazze mi avrebbero ignorato, come facevano sempre tra di loro, invece la loro reazione mi spiazzò. Cominciarono a fissarmi e a mormorare tra di loro, imbarazzata feci finta di non accorgermene e mi chiusi la porta alle spalle. Mi voltai verso Fhara, che aveva la fronte corrugata che le conferiva un'aria dubbiosa. Stavo per avvicinarmi e dirle ciò che era successo quando qualcuno mi afferrò per le spalle. Quel tocco prepotente risvegliò il fuoco delle mie ferite e involontariamente urlai, divincolandomi. Pensai che fosse uno dei ragazzi della società, che magari era entrato nella stanza prima di me, ma che avevo ignorato nell'intento sfuggire agli sguardi delle altre ragazze. Quando lasciò andare le mie spalle e mi voltai nella sua direzione, capii che quella persona davanti a me era veramente qualcuno di importante, ma non era un ragazzo, era Ela.
-Novità?
Chiese lei digrignando i denti. Probabilmente il privilegio di andare in Russia era sempre stato suo e io glielo avevo sottratto. Non avevo paura di lei, anzi il modo in cui si sentiva superiore alle altre e si lamenasse per ogni minima cosa mi faceva provare solo disprezzo e ilarità nei suoi confronti. In ogni caso non avevo intenzione di litigare con lei proprio il giorno della partenza. Avevo altro a cui pensare. Ad esempio sarei riuscita a raggiungere la Russia e a schierarmi con Justin per vincere contro Daniel? Cosa sarebbe successo una volta che mi avrebbe vista?
-Cosa ci fai tu con questo?
Ela mi puntò un dito contro, allontanai la sua mano colpendola con un pugno,senza usare troppa forza.
-Non è stata una mia decisione e non ho voglia di discutere.
Mi voltai per andare a sedermi accanto a Fhara, ma Ela mi prese alla sprovvista, afferrandomi di nuovo per una spalla. Questa volta evitai di urlare, ma mi voltai ed ebbi l'impulso di colpirla con un calcio.
-Smettila di toccarmi.
Dissi con un tono più minaccioso di quanto intendessi.
-Non toccarla.
Sentii una vocina acuta e subito delle braccia sottili attorno alle gambe.
-Vai via Annie.
Le dissi dandole un colpetto sulla fronte. L'ultimo dei miei desideri era quello di vederla in mezzo a una rissa se le cose fossero degenerate. Annie, poco ubbidiente, si ritirò solo quando Fhara la richiamò a sé.
-Quel vestito è mio.
Disse Ela, come se non fosse successo assolutamente nulla.
-Non è vero. Tu sei grassa.
Urlò Annie, non potei fare a meno di sorridere e sentii una risata sommessa anche da parte delle altre ragazze che potevano capire l'Inglese. Non era perché la volessi far sentire più brutta o diversa da noi, ma volevo che soffrisse per il suo comportamento egoistico. Ad esempio Ela poteva rimpinzarsi di manicaretti, ma non le era mai venuta la brillante idea di portarcene un po' anche a noi, ciò la rendeva abbastanza impopolare nel nostro gruppo.
-Stai zitta pulce.
Urlò Ela. Lei era il tipo di persona che poteva scaraventare Annie con un semplice schiaffo.
-Non provare a rivolgerti mai più a Annie così.
Ringhiai.
-Altrimenti che mi fai?
Quella frase riecheggiò nella mia mente come un incitamento a colpirla. Aveva sorpassato il limite. Ela sembrò presa alla sprovvista e indietreggiò.
-Mi hai già rubato il fidanzato, non mi picchiare.
Ela diventò rossa e iniziò a mordersi il labbro, era sempre stata spavalda e non l'avevo mai vista così debole. Mi prese in contropiede. Facevo davvero così tanta paura quando mi mettevo d'impegno?
-Quinn, basta. Vieni a sederti.
Ordinò Fhara, indietreggiai senza voltare le spalle al nemico e mi sedetti accanto ad Annie, nella mia solita postazione. Fissai Ela per tutto il tempo in cui attraversò la stanza per raggiungere il suo posto a sedere, pentita di avermi affrontata.
-Quinn? Sei arrabbiata?
Chiese Annie, attirando la mia attenzione.
-No, è solo che non mi sento tanto bene.
Mi limitai a rispondere.
-Sei arrabbiata con me perché le ho detto che è grassa?
Non potei fare a meno di sorridere. Io mi disperavo perché sarei dovuta partire con un uomo che detestavo e lei credeva che il problema fosse quell' "insulto" a Ela. Fu proprio Annie in quel momento a ricordarmi che c'era sempre un lato positivo nella vita, anche nei momenti più bui. Mi resi conto che, soprattutto nell'ultimo periodo, ero stata più negativa che mai, era ora di cambiare atteggiamento. Ok, non avevo la certezza che i bigliettini fossero di Justin, non potevo sapere se mi amasse o no, ma a breve l'avrei rivisto e forse saremmo scappati insieme, ovviamente non prima di aver liberato anche tutte le altre ragazze che avrebbero voluto seguirmi.
-Assolutamente no.
Afferrai la sua mano, che tra le mie sembrava terribilmente piccola.
-Ragazze io non ci sarò per qualche giorno, parto stassera per la...
-Russia.
Concluse Fhara.
-Come fai a...?
-Succede ogni anno e sai da quanto tempo non vedo la luce del sole?
-Giusto.
Dissi morficata.
-E perché non ci va Ela? Non andare via.
Annie sembrava triste e mi abbracciò con tutta la forza che aveva, divincolandosi dalla presa di Fhara.
-Torno presto, non ti preoccupare.
Annie alzò la testa verso di me e i capelli le ricaddero dietro le spalle.
-Mi prometti che un giorno farai vedere anche a me cosa c'è fuori?
Mi si strinse il cuore, lei era nata lì dentro, non aveva mai visto la luce del sole, tantomeno un prato, dei fori, il cielo, le nuovole. Dovevo trovare un modo per fare scappare tutte quelle ragazze e una volta tornata l'avrei cercato. Dovevo farlo.
-Lo prometto.
Le dissi, il più siceramente possibile. Ciò che fece dopo Annie mi toccò profondamente. Allungò la sua mano verso la mia e mi porse il mignolo. Rimasi sbigottita da quel comportamento, era sempre ciò che avevo fatto io con Justin.
-Devi stringere in mio mignolo con il tuo.
Spiegò lei.
-Lo so.
Fu l'unica cosa che riscii a dire, allungai il mignolo verso il suo e lo strinsi. Mi chiesi se io fossi apparsa a Justin come lei appariva a me, debole e bisognosa di protezione.
Io avevo sempre mantenuto le promesse fatte a Justin ed ero ansiosa di scoprire se lo stesso valeva per lui. Comunque se mai fossi fuggita con Justin, poi avrei trovato un modo per liberare le ragazze. Una cosa era certa, ero stata impegnata in quel periodo, ma avrei dovuto aiutarle, soprattutto adesso che lo avevo promesso ad Annie.
**
I saluti con Annie e Fhara non furono particolarmente calorosi, loro sapevano che io non stavo andando in un posto pericoloso, anzi probabilmente erano più in pericolo loro, restando lì, che me partendo per la Russia. Chirag si occupò degli ultimi preparativi, così come aveva preannunciato Daniel. Durante tutto quel tempo la mia ansia e voglia di rivedere Justin aumentavano sempre di più. Dovevo essere positiva e partire dal presupposto che lui teneva a me, che i bigliettini erano suoi e che mi avrebbe salvata. Doveva farlo. Non poteva già partire sconfitta, non era mia usanza farlo, tutti mi dicevano che ero forte, e dovevo esserlo anche nelle questioni di cuore. Raggiungemmo la Russia con un aereo privato, il viaggio fu silenzioso. Chirag guardò fuori dal finestrino tutto il tempo e Daniel studiava delle carte con attenzione. Agitata e annoiata, avevo addirittura preso in considerazione l'idea di andare a fare un po' di compagnia al pilota. In più, con quel vestito stretto, la schiena mi bruciava in diversi punti e anche stare appoggiata alla spalliera del sedile non giovava alla mia salute. Ero felice del fatto che con non fosse venuto anche Akash, senza di lui tra i piedi mi sentivo più a mio agio.
Una volta atterrati in Russia la differenza di temperatura si fece sentire immediatamente. Avevo pensato di morire ibernata con quel vestitino rosso, ma Daniel mi aveva dato anche una pelliccia di pelle che mi copriva fino ai piedi. Al contrario del vestito, quella non sembrava fatta apposta per me. Era come se proteggermi dal freddo russo era un qualcosa di secondario, a cui avevano pensato più tardi. Quel clima e il cielo scuro mi fecero venire subito un senso di malinconia, quando avevo desiderato di uscire da quella società non avevo pensato a quello. Quel paesaggio non mi faceva pensare a nulla di buono, era troppo rigido anche per un Iberis.
La grande costruzione nella quale entrammo dall'esterno sembrava un magazzino, la porta si apriva su un salone alto e spazioso, al centreo della stanza si trovava un tavolo rotondo con diametro molto grande e attorno delle sedie. Nonostante ciò mi sembrava troppo piccolo per potere contenere tutti i capi dei paesi che avevo visto all'asta. Affiancati al muro si trovavano dei divani in pelle rossa. La loro posizione reciproca formava un angolo di novanta gradi. Aldilà dei divani si apriva la seconda parte della staza, nella quale si poteva accedere tramite un ampio arco. Lì c'era qualla che mi sembrava una cucina.
Avevo pensato di entrare e trovarmi in una stanza piena di altri uomini, e rimasi sorpresa quando scoprii che eravamo soli.
Una volta entrata mi tolsi la pelliccia perché faceva caldo e notai che lo stesso fece Daniel.
-Tieni.
Mi porse la sua giacca.
-Attaccale a quell'armadio.
Né indicò uno dietro la porta d'ingresso e io obbedii.
-Sarà compito tuo accogliere gli altri, ricoratelo.
E se non lo facessi? Pensai.
-Questo è il compito della ragazza del capo, e tu sei la ragazza del capo.
-Allora non potrebbero farlo le altre compagne dei capi delle altre società?
Chiesi seccata. Daniel rise.
-Devi farlo tu perché con "capo" non intendo il capo delle società delle altre nazioni, ma il capo vero e proprio di tutte le società.
Probabilmente assunsi un'espressione confusa perché lui si spiegò meglio.
-Ho il potere esecutivo solo sulla società indiana, ma sono io il capo più importanti tra tutti.
Se era lui superiore a tutti, allora perché era tanto ossessionato da Justin? Stavo per chiederlo quando mi mise un braccio attorno al collo.
-Comunque ricordati di comportarti come se mi amassi follemente. Quando mi toccherò la nuca significherà che dobvrai fare qualcosa di romantico per me. Venire tra le mie braccia dicendo che mi ami, darmi un bacio... insomma cose di questo genere.
Credevo che una volta arrivati gli altri non mi sarei mai comportata così e lui non avrebbe potuto fare nulla per evitare che io mi rifugiassi tra le braccia di Justin. Aveva detto che era una riunione di pace, non era legale portare armi in quel posto. Ricordai come una volta Justin mi avesse detto che sarebbe dovuto partire, ero così preoccupata per lui. Ma aveva detto la verità, che non avrebbe portato armi perché era solo una riniuone pacifica. Non avrei mai pensato che a distanza di circa un anno avrei partecipato ancehe io alla stessa riniuone. Lui mi aveva detto che, nonostante potessi andare con lui, non l'avrei fatto perché avrei dovuto occuparmi della società, in più aveva detto che per me sarebbe stato pericoloso. Mi chiesi se già sospettava dei piani oscuri di Daniel.
-Ehy, adesso vai sul divano a riposare, io farò lo stesso nella mia camera.
Mi diede una pacca sulla schiena e io mi incamminai verso la direzione in cui mi aveva spinto.
-Ah, e non pensare di fare la furbetta.
-Che intendi?
Mi voltai per guardarlo in faccia.
-Non pensare di scappare con Stati Uniti o di fare finta di non amarmi.
Mi sentii in imbarazzo. Come aveva capito che quella era proprio la mia intenzione?
-Altrimenti che succede?
Daniel incrociò le braccia al petto, quella posizione metteva in mostra tutti i suoi muscoli.
-Se mi obbedirai potrei offrire l'incolumità alle tue due amichette, non verranno mai più infastidite, mai. In più riceveranno dei pranzi speciali ogni giorno. Vivranno meglio di chiunque altro, altrimenti... Beh... tu non vuoi che soffrano, vero?
Rimasi spiazzata, da lì a poco avrei avuto la possibilità di scappare con Justin e non potevo accettarla. Si trattava di scegliere tra la mia salvezza e la loro. Fhara aveva già perso una sorella e così ne avrebbe persa un'altra, sempre nel caso che non l'avrebbero uccisa prima. E Annie, beh lei era una bimba orfana sotto i sei anni, meritava di vivere. Le avevo promesso che avrebbe visto il cielo almeno una volta nella vita.
-Vero?
Ripeté Daniel con tono più minaccioso di prima.
-Esatto.
Risposi con tono secco, come se l'idea di bnon seguire i suoi ordini non mi fosse mai passata per l'anticamera del cervello.
**
La notte non riuscii a riposare in pace, nonostante fossi grata di avere un posto morbido dove dormire, non chiusi occhio. Mi sentivo troppo agitata, consapevole del fatto che il giorno seguente avrei rivisto Justin. Non sapevo come comportarmi, cosa gli avrei dovuto dire. In più non potevo permettermi di non seguire le indicazioni di Daniel, perché la vita di due persone innocenti dipendeva da me. Ero grata di non dover dormire con Daniel, il quale sembrava poco interessato a me, se non per portare Justin nella sua trappola,facendolo ingelosire. A mio parere Justin non ci sarebbe cascato subito, ma forse vedendomi innamorata di quell'uomo, avrebbe avuto qualche dubbio. Ancora non sapevo perché mi avesse venduto e mi avesse messo in quella brutta situazione, ma ero convinta che una volta davanti a lui avrei deciso se potevo ricominciare a fidarmi di Justin o meno.
**
La mattina Daniel e Chirag mi chieso di alzarmi e dandomi un'aggiustata ai capelli e al vestito mi alzai dal divano.
-Stanno arrivando, lo hano appena comunicato.
Spiegò Chirag.
-Ti ricordo che io sono il capo e il nostro compito è accoglierli, Quinn sei pronta?
Annuii e raggiunsi la porta, dopo un cenno di capo rivolto a Daniel. Sentimmo il campanello suonare e il mio cuore sussultò.
-Apri.
Mi incitò Daniel. Annuii e solo dopo aver girato la maniglia mi accorsi di quanto stessi tremando.Calma, non era la prima volta che Justin mi vedeva dopo la vendita.
-Calmati.
Dissi tra me e me. Credevo che sarei svenuta davanti a tutti, in quel momento. Misi una mano sul cuore e spalancai la porta. La prima persona che vidi fu un uomo alto e biondo, teneva a braccetto una donna altrettanto alta. Entrambi camminavano con aria altezzosa e sembravano sentirsi superiori agli altri. I due mi diedero in mano le loro pellicce senza neanche guardarmi in faccia e si incamminarono verso Daniel che li accolse con un gran sorriso. Loro si che riuscivano a far sentire le persone delle nullità. Sospirai, delusa e nello stesso tempo rasenerata che non fosse Justin. Feci per muovermi verso l'attaccapanni.
-Ehy, dove va signorina?
Disse qualcuno in inglese con un accento lento e marcato, doveva essere italiano. Mi voltai e mi accorsi che dietro di lui c'era una fila di persone che aspettavano di entrare. Era un uomo sulla quarantina, robusto, sorrideva e teneva per mano una donna con il suo stesso fisico. Quindi i due signori non erano soli, erano arrivati tutti insieme.
-Sei nuova, vero ragazza? Non ti preoccupare, ho portato pizza anche per te.
Mi diede una pacca sulla testa e se ne andò ridendo. Era simpatico, non sembrava neanche il capo di una società temuta. Anche la donna mi sorrise e mi salutò con la mano.
Ero consapevole di non avere abbastanza tempo per attaccare le pellicce all'armadio una alla volta, così aspettai di caricarne un buon numero sulle braccia prima di appenderli a quattro a quattro. Non guardavo neanche il faccia chi me li dava, ero troppo concentrata nel cercare di sorregere quei pesi.
Tutto quel gran movimento mi fece dimenticare il motivo perché ero stata veramente preoccupata, finché non me lo ritrovai davanti.
Inizialmente non lo riconobbi, aveva le guance scavate e sembrava più magro del solito. Il suo volto impallidì non appena mi vide e la sua bocca si aprì con stupore. Sentii il cuore battermi, tutti i miei muscoli gridavano di correre tra le sue braccia e non lasciarlo mai più. L'unica cosa che mi bloccò fu il fatto che i suoi occhi color miele scesero sul mio corpo lentamente e, dopo avermi osservato, Justin indietreggiò. Pensai che non gli piacessi più a causa delle cicatrici, o di tutto il peso che avevo perso. Non si era neanche scomodato a salutarmi. Fece per andarsene con tutta la giaccia, ma poi si ricompose e mi lasciò l'indumento sulle braccia. In quel momento sentii le gambe cedermi. E qello era stato il nostro primo incontro? Senza neanche un abbraccio o una parola? Ero sul punto di piangere, ma con un tono brusco qualcuno mi incitò, nella sua lingua, a prendere i loro cappotti.
Avevo immaginato quell'incontro in tantissimi modi, ma non avrei mai pensato che lui si sarebbe comportato in quel modo.
Fissai Justin camminare in silenzio fino a un gruppo di capi di altre società, mentre le mie speranze svanivano. Dopo che tutti erano entrati e io avevo posato gli ultimi indumenti, rimasi immobile accanto al muro a contemplare Justin, o meglio, a morire dentro.
"Quindi non scapperò con te oggi."
Pensai.
Guardai i nuovi arrivati. Erano circa quattordici senza contare le donne. Tra la folla improvvisamente una testa rossa spuntò, stava accanto a Justin e parlava animatamente. Paul.
Feci un passo in avanti, spinta dal desiderio di dire a Justin quello che avevo scoperto. Non si poteva fidare di Paul, aveva finto di essere nostro amico e alla fine avevo scoperto che era colpa sua se avevo quasi distrutto la società. Era alleato con Daniel, era lui il vero nemico. A pochi metri da loro mi fermai. Un momento, io non facevo più parte della sua società perché avrei dovuto aiutarlo?
Lanciai un'occhiata a Justin, sorrideva con gli altri. Era un sorriso finto, lo capivo dal fatto che non si formavano le rughe sotto gli occhi. Non stava provando felicità, stava solo muovendo le labbra.
Tra una battuta e l'altra mi lanciava delle occhiate e mi sentivo terribilmente a disagio, che pensasse che fossi troppo invadente?
In realtà un po' tutti sembravano sorridere per formalismo, non perché provassero davvero piacere nello stare là. Solo il sorriso dell'Italiano era sincero. Improvvisamente sentii Daniel chiamarmi, forse perché aveva captato il mio movimento verso Justin.
Avrei preferito mille volte restare a guardare Justin, finalmente adesso che lo potevo vedere in carne e ossa e non nei miei sogni, ma sapevo di non potere permettermelo. Mi incamminai verso Daniel e lo vidi sorridere, ricambiai con sforzo.
-Lei è la mia nuova ragazza.
Esordì stringendomi al suo petto in un caldo abbraccio. Era davvero difficile mentire a tutte quelle pesone, lottai per non crollare e urlare qualcosa del tipo "io ti odio". Non stava solo escogitando una esca per attirare Justin, ma mi stava nche spezzando il cuore.
-Dove è finita Ela?
Chiese l'uomo grassoccio Italiano.
-Beh, ho scoperto di amare molto più Quinn, lei è fantastica.
Mi diede un bacio sulla fronte, era bravo. Se non avessi saputo che odiava mee tutti gli Stati Uniti, gli avrei creduto.
-Quinn? Ma non sarà la stessa Quinn che ha messo in pericolo l'intero sistema delle società?
Chiese l'uomo alto cehe avevo incontrato prima con tono scettico, doveva essere tedesco. Davvero ero così tanto importante? Sarei passata alla storia come colei che sventò un'organizzazione mondiale a soli diciannove anni.
-Si, è lei, ma si è pentita e ha giurato fedeltà alla mia società.
Piano piano quasi tutti si erano voltati dalla nostra parte per ascoltare ciò che diceva Daniel. Tutti quegli occhi puntati addosso non mi aiutavano a scaricare la tensione. Io soffrivo perché Justin mi aveva quasi ignorato, se non disprezzato, ma lui mi stava vedendo tra le braccia del suo acerrimo nemico, come doveva sentirsi?
Daniel indicò appena sopra il vestito, il simbolo della società indiana. Imbarazzata mi portai una mano al collo per coprire il petto marchiato con un gesto che doveva sembrare il più naturale possibile.
-Io non mi fiderei di lei ugualmente.
Disse sempre lo stesso uomo.
-Non si comanda all'amore.
La faccenda stava diventando troppo sdolcinata.
-Chi l'avrebbe mai detto che alla fine avremmo conosciuto la Quinn, di cui abbiamo sentito parlare tanto? Allora Stati Uniti, volevi tenercela proprio nascosta, eh?
Disse l'Italiano con tono scherzoso. Sicuramente non dubitava delle parole di Daniel, Voleva semplicemente coinvolgere nella discussione anche Justin. Cercai alla mia sinistra la sua espressione, ma era voltato e faceva palesemente finta di non aver sentito.
-Comunque io sono d'accordo con Stati Uniti, sarebbe meglio non averla tra i piedi.
Concluse l'uomo tedesco.
-Hai fatto bene a mandarla via, amico.
A quel punto posò una mano sulla spalla di Justin e lui non poté ignorarlo, si girò dalla nostra parte e assunse un aria interrogativa, come se non sapesse di cosa stessimo parlando. A mio parere quel comportamento era imbarazzante, non era possibile che non avesse ascoltato.
-Dicevamo solo che hai fatto bene a venderla.
Ripeté un altro uomo con i baffi, stava cercando di rispondere all'espressione interrogativa di Justin.
-Chi?
Chiese lui facendo il finto tonto. Era solo un "chi" ma risentire la sua voce dopo tanto tempo, senza il sottofondo metallico delle casse del computer, mi fece sorridere.
-Quinn.
Rispose Daniel come se fosse una cosa ovvia, e difatti lo era.
-Oh, certamente.
Rispose Justin distrattamente, stava per voltarsi di nuovo a parlare con Paul quando Daniel continuò.
-E' stata una fortuna che sei scappato via quel giorno, altrimenti lei adesso non starebbe con me.
Justin si voltò di colpo con i pugni stretti, la vena del collo si ingrossò e e i muscoli delle braccia si tesero. Spinse due uomini che lo separavano da Daniel e gli si avvicinò. Conscio di non potere usare la violenza in quel luogo, in quel momento, si fermò di colpo.
-Che cos'hai? Non ti scaldare.
Justin sembrò rilassarsi e il suo sguardo cadde su di me, che ero tra le braccia di Daniel. Abbassai lo sguardo, mortificata. Non voevo dargli l'impressione che amassi davvero Daniel, ma non potevo dirglielo esplicitamente.
-Non sono scappato via.
Disse con tono basso Justin.
-Correre verso la porta io lo chiamo scappare via.
Puntualizzò Daniel.
-Non avevo nient'altro da fare lì. Questo è il motivo per cui l'ho fatto.
Abbassò la testa e per un momento sembrò distrutto, solo un momento, poi si ricompose e affrontò lo sguardo di Daniel.
-Nient'altro da fare? Salvare la tua ex-ragazza non era nulla?
Non potevo dare torto a Daniel, Justin era stato codardo, e lo era tutt'ora. Sembrava avere paura di Daniel come se fosse il nemicco più temuto da fronteggiare.
-Per fortuna che non è finita nelle mani sbagliate.
Tagliò corto l'Italiano, tutti lo ignorammo, stavamo solo aspettando una risposta di Justin.
-Confidavo nelle sue capacità, pensavo che lo potesse fare da sola.
Mi guardò, mi chiesi se fosse un invito a salvarmi la pelle senza aspettare il suo aiuto perché non sarebbe mai arrivato. Non capivo quel suo strano comportamento e ogni parola in più mi faceva sentire peggio. Eravamo quindi arrivati alla conclusione che non avrebbe mai provato ad aiutarmi?
-Tu la sopravvaluti.
Disse fermo Daniel, come se per un momento si fosse dimenticato della simulazione, non stava dicendo qualcosa di carino su di me, non sembrava innamorato, più che altro impassibile.
-No, sei tu che la sottovaluti.
Disse Justin guardandomi dritta negli occhi per quello che mi parve il secondo più lungo di sempre. Quello sguardo era pieno di sofferenza, amore, malinconia, speranza. Sembrava che mi pregasse di fidarmi di lui ancora una volta e di essere forte ancora una volta. Mentre il mio cuore stava implodendo a causa di tutti i sentimenti contrastanti che provavo, annuii in modo da non farmi notare.
Prima di allontanarsi Justin mi posò una mano sulla spalla e mosse impercettibilmente le dita, come se mi volesse accarezzare.
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Madhouse
Fanfiction-Benvenuta. Un uomo con giacca e cravatta che conoscevo ormai molto bene mi fece accomodare nel suo studio. -Stenditi e rilassati. Attraversai l'ampia stanza, adornata con mobili di legno e tappeti dai colori caldi, e mi stesi sul divanetto di pe...