12.

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Deboli



"Percorri l'intero corridoio, gira a sinistra, Annie sarà nella prima stanza a destra" Queste parole mi rimbombarono in testa per tutto il tragitto fino alla meta. Non sapevo cosa sarebbe successo una volta che avrebbero visto i video di me che camminavo nei corridoi e non avevo idea di cosa avrei fatto una volta entrata nella stanza che ormai si trovava davanti a me. Cosa avrei visto? Per la prima volta dopo tanto tempo sentivo il coraggio mancarmi e non sapevo esattamente cosa avrei voluto fare per aiutare Annie. Appoggiai l'orecchio alla porta. Sentivo un uomo parlare in indiano, non sapevo cosa stesse dicendo, credevo che fosse solo perché non si sentivano altre voci. Mi venne il dubbio di aver sbagliato stanza ed ero intenzionata ad andarmene quando una voce flebile e femminile sussurrò qualcosa. Fu quel suono a spingermi a proseguire, a darmi la forza per andare avanti. Senza pensarci più di tanto girai il pomello della porta ed entrai spalancandola. Lo feci con impeto perché sapevo che se avessi aspettato anche un secondo di più avrei cambiato idea.

Una volta che realizzai di essere nella stanza mi guardai intorno. Le pareti erano bianche, ma una era adornata con un tappeto persiano, l'arredamento era simile a quella che avevo visto qualche tempo prima dopo che mi ero calata giù dal condotto di aerazione.

Ripensai a come l'uomo di quel giorno stesse baciando la ragazza appoggiata al tavolo. Avevo sofferto a guardare quella scena, ma ciò che invece era davanti ai miei occhi in quel momento era dieci volte peggio. Annie era seduta a terra, con le gambe sottili incrociate e la testa china, il ragazzo che le faceva compagnia poteva avere si e no la mia età, era forse un po' più piccolo. Aveva la mano stretta in un pugno e quando si accorse della mia presenza si voltò verso di me digrignando i denti.
-E pensare che avevo paura.
Sorrisi. Mi ero preoccupata tanto ed era solo un ragazzo, prepotente, ma pur sempre un ragazzo.
-Chi sei tu?
Disse nervosamente.
-Vattene.
Urlò.
-Perché? Hai paura di prendertela con qualcuno della tua età?
-Non ho paura di prendermela con te, ti sto solo dando una chance.
Più che una chance sembrava avesse paura, forse una parte di lui si sentiva in colpa per ciò che aveva intenzione di fare alla bambina.
-Per favore.
Imitai una risata e mi avvicinai ad Annie. Lei alzò il volto verso di me, non sembrava aver subito niente di doloroso e i suoi occhi mi sorrisero. Scattò in piedi e mi abbracciò. Le misi una mano sullla testa che raggiungeva al massimo le mie coscie. La guardavo dall'alto, era bellissima.
-Davvero credi di poter venire nella mia camera e portarmi via così la persona che ho richiesto?
Il ragazzo ormai stava perdendo le staffe.
-Si.
Risposi scollando le spalle. Ero consapevole che questo lo avrebbe fatto arrabbiare ancora di più. Tutto ciò mi provocava solo divertimento. Sembrava non volesse controbattere così spinsi Annie verso la porta e le feci segno di uscire. Lanciai un'ultima occhiata al ragazzo. Era immbobile, ma era rosso di rabbia.
-Hai intenzione di dirmi o fare qualcosa o posso andare?
Il ragazzo rimase in silenzioa fissarmi, così ipotizzai che potevo andare via. Mi voltai e un secondo dopo lo sentii muovere alle mie spalle. Istintivamente mi abbassai, toccando il pavimento e feci bene. Sentii subito dopo un rumore metallico e vidi davanti a me un coltello da tiro caduto a terra. Simile a quello che avevo avuto io, che aveva avuto Justin, ma era meno affilato. Mi alzai e mi voltai verso il mio assalitore nel momento in cui stava per sferrare un pugno. Cercai di evitarlo, ma era veloce e mi colpì in pieno viso. Indietreggiai toccandomi lo zigomo dolorante.
-Lo dirò al capo.
Disse lui come se non sapesse cosa altro fare e come affrontarmi.
-O si, certo, il capo. Non sai fare nient'altro?
Cercai di non tradire la paura con la mia voce. L'aspettativa di rivedere Daniel non era allettante. Fortunatamente non stavo con lui da quando aveva inviato il video della mia tortura a Justin. Sapevo che se lui non gli avesse risposto io sarei tornata presto al suo cospetto per girarne uno nuovo. Pensai che avesse concesso a Justin un margine di tempo entro il quale decidere se venire o no a salvarmi, ma dubitavo che gli interessase ancora di me e immaginavo che alla fine sarei morta a causa delle torture a cui mi avrebbero sottoposto.
-Smettila di usare questi giochetti con me, non sono stupido.
Indietreggiò e prese un telefono dalla tasca. Mi chiesi se anche in quella società, come negli Stati Uniti, le chiamate fossero bloccate per l'esterno o loro potevano uscire liberamente.
-Non so di cosa tu stia parlando.
Sapevo che alla fine avrebbe chiamato Daniel, non voleva risolvere la questione tra di noi, ma tanto valeva prendere tempo.
-Non fare la finta tonta. Sai benissimo che qui tutti ti conosciamo, sei pericolosa, imprevedibile, inafferrabile. Non ho intenzione di rischiare.
Credevo di essere stata famosa solo tra le altre ragazze della società invece, probabilmente, mi conoscevano anche gli altri ragazzi, non avevo mai pensato che magari la mia relazione con Justin mi aveva fatta diventare famosa in tutto il mondo. Inoltre io conoscevo i segreti della società americana, ecco perché tutti avevano offerto tanto alla vendita. Allora sorgeva una domanda. Perché Justin mi aveva venduta? Io avrei potuto tradirlo e spifferare tutto su di lui agli altri, ma non si era preoccupato. Fosse credeva di potere giocare sul fatto che io ancora lo amavo.
A quel punto il ragazzo aveva già composto il messaggio e si accingeva ad inviarlo. Non avevo modo di evitare che parlasse, se non ucciderlo. Ma sicuramente i sospetti sarebbero ricaduti su di me visto che avevano le riprese in cui mi aggiravo per i corridoi, forse non era in caso mettermi in pericolo ancora di più.
-Annie, vattene in camera, io ti raggiungerò.
Le dissi voltandomi dalla sua parte.
-No, io non ti lascio.
Rispose con una vocina flebile, aveva gli occhi lucidi e sembrava spaventata.
-Non ti devi preoccupare, tornerò.
-Anche mamma me lo aveva detto.

Disse mettendosi due dita in bocca. Non avevo mai pensato all'eventualità che sua madre potesse essere morta. Credevo che la bambina fosse stata rapita, invece magari vivevano insieme lì da molto tempo. Mi abbassai, la strinsi tra le braccia per non farla piangere e cercai di calmarla.
-Io tornerò davvero, lo prometto. Per favore. Vai.
Le schioccai un bacio in fronte e mi rialzai.
-Mi delude il fatto che un ragazzo come te non voglia risolvere la situazione tra...
Mi bloccai quando girando su me stessa incontrai la figura di Akash accanto alla porta. Il ragazzo era spostato invece sulla destra e mi guardava con le braccia incrociate e uno sguardo di sfida. Si sentiva sicuro ora che c'era Akash a proteggerlo. Ebbi l'impulso di sputargli in faccia ciò che pensavo della sua codardia, ma optai per non farlo. Come aveva fatto a chiamarlo così velocemente? Se avessi avuto più tempo lo avrei colpito, avrei provato a impedire che lo facesse, ma non volevo che Annie mi vedesse comportarmi come loro, per questo mi ero preoccupata di mandarla via. Avevo così distrutto la mia unica possibilità. Mettere le mani su quel telefono sarebbe significato chiamare la polizia. E adesso Akash era lì, come materializzato dal nulla.
-Passavo di qui per caso e ho trovato la porta spalancata e c'era del baccano.
Spiegò Akash.
-Tu passi sempre dove ci sono io "per caso"?
Mi pentii subito della mia impertinenza. Effettivamente ogni volta che succedeva qualcosa arrivava Akash a dire che avevo provocato del baccano. Mi venne il dubbio che Daniel mi stesse tenendo d'occhio ventiquattro ore su ventiquattro. Ciò provava che tutti avevano paura delle mie potenzialità, compreso Daniel.
-Quinn, sempre tu. Mi stai davvero scocciando, non so come faceva Stati Uniti a sopportarti. Ah, e la bambina non va da nessuna parte, anche lei è coinvolta in questa storia.
Akash si avvicinò a me e, afferrandomi per i polsi, legò le mie mani con una corda spessa. Akash era molto più alto e muscoloso di me, ricordava la tipica guardia del corpo che spesso ci sono nei polizieschi. Solo la sua presenza in quella stanza bastò per abbassare la mia cresta. Non riuscivo a sopportare quando si trovava vicino a me. Avevo paura. Tanta paura. Ogni volta che vedevo la frusta con la quale si muoveva mi faceva riaffiorare brutti ricordi. Quando Justin ancora mi maltrattava, quando mi aveva frustata perché non gli volevo dire delle minacce di Mike. E ogni volta che Akash era accanto a me i miei sentimenti erano un misco di malinconia, terrore e tristezza.
Mentre facevo fatica a deglutire Akash mi tirò per un braccio e uscimmo dalla stanza. Annie camminava velocemente cercando di stare al passo con noi, sembrava avere paura e cercava di afferrre il mio vestito, ma io ero troppo veloce per lei. Le sorrisi e sembrò rasserenarsi. Io alla sua età non giocavo neanche con le pistole ad acqua e lei ne aveva conosciute di vere. In un certo senso mi sentivo in colpa. Come sarebbe cresciuta una persona che da bambina aveva provato tutto quel dolore ed era stata segnata da tutti quei traumi?

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