Capitolo 12 - Chases

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Mi sento una stupida, sono una stupida, mi sono lasciata di nuovo sopraffare dalle emozioni e sono crollata davanti a lui, di sicuro starà pensando che sono una che non fa altro che lamentarsi e piangere dalla mattina alla sera.
Ma d'altro canto sono contenta di averlo fatto, per me stessa, ed era da molto tempo che non facevo qualcosa per me.
Andrew se ne sta ancora girato con il cellulare in mano a fissarlo senza dire e fare niente, sembra paralizzato.
Un po' titubante mi avvicino e gli scuoto una spalla per svegliarlo.

"Tutto bene?" Gli chiedo. Immediatamente blocca il telefono e lo rimette in tasca, poi mi rivolge uno sguardo molto nervoso.

"Ehm sì, cioè no."

"Cosa intendi?" Domando confusa, ogni tanto questo ragazzo mi sembra uno psicopatico, magari lo è veramente. Magari lo sto diventando anch'io a forza di stare con lui.

"Tu... cazzo," si passa le mani fra i capelli, sposta gli occhi in alto ed espira sbuffando "devi nasconderti." Afferma gesticolando con le mani.

"No no anzi," mi blocca prendendomi il polso come se temesse che me ne andassi.
"Devi proprio andartene." Rimango sbalordita alle sue parole, non me lo aspettavo da lui, mi ha sempre voluta tenere qui a casa sua e perché proprio ora vuole che me ne vada?
Se anche questa volta non mi da spiegazioni giuro che...

"Sta per arrivare Tom." Continua, rispondendo alle migliaia di domande che si erano insinuate nella mia mente nel giro di pochi secondi.

"Ma come?..."

"Sì, sta per arrivare proprio adesso, sarà qui a momenti." Risponde, non lasciandomi finire di parlare.

"Lui pensa che tu sia scappata e se ti troverebbe qui sarebbe la fine."

"Perché non gli hai detto che mi ci hai portato tu, eh bastardo?" Era ciò che voleva e a quest'ora nè io nè lui saremmo stati nei casini, beh io relativamente.

"Perché è meglio che lui creda che tu sia scappata, così ora perderà tempo a cercarti a vuoto." Risponde come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

"E perché vuoi fargli credere questo? Sei un suo aiutante." Affermo, il tono di voce esce più velenoso di quanto avevo intenzione.

"Non c'è tempo per l'interrogatorio cazzo, ora ti porto via!" Urla e mi trascina fino alla porta.
Nel momento in cui la sua mano tocca la maniglia il campanello suona e Andrew lascia la presa imprecando sottovoce.

Sto andando completamente nel panico perché a questo punto non voglio che Tom mi veda, non reagirebbe bene e di sicuro non mi riporterebbe da mia sorella, sono stata un'ingenua a pensarlo.
Andrew si volta e mi guarda, capisce che sto lentamente diventando terrorizzata, ma lui resta calmo e serio.
Lo ammiro per quanto certe volte riesca a mantenere un autocontrollo invidiabile, senza farsi prendere dalla paura, riesce a gestire situazioni poco gradevoli con astuzia e sangue freddo.

"Okay, adesso io aprirò la porta e tu resterai dietro ad essa, poi silenziosamente uscirai, mi raccomando non fare cazzate." Mi avverte. Leggo dai suoi occhi che non avrebbe mai voluto effettuare questo piano, ma sembra l'unica soluzione possibile al momento.
Mi lancia un ultimo sguardo e faccio un cenno con la testa per fargli capire che sono pronta, mi spiaccico dietro al muro e trattengo il respiro mentre Andrew apre la porta fino a spalancarla cercando di coprirmi.

"Mio caro Andrew, era da un po' che non ci si vedeva." Eccola, la voce del vecchio farabutto, non mi è mancata per niente.

"Hai ragione Tom, vieni entra pure, ti offro qualcosa." Noto dargli una leggera pacca sulla spalla e lo porta nella direzione opposta, verso la cucina.

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