Capitolo 33 - Hold me tight

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Se n'è andato.

Se n'è andato e non so quando lo rivedrò. Non so se lo rivedrò, soprattutto.

Lacrime salate scendono indisturbate sulle mie guance, mischiandosi alle gocce della pioggia.

Ancora fisso la direzione in cui è appena passata la volante della polizia che aveva caricato Andrew, sperando nel profondo del mio cuore di poterla vedere tornare indietro.

La testa mi scoppia e non ho idea di quello che sta succedendo intorno a me, mi sento come paralizzata, intrappolata in questi centimetri di terreno, ad autocommiserarmi.

Avverto due braccia che mi avvolgono le spalle con un asciugamano e, poco dopo, un ombrello coprirmi la testa.

"Jess..." Aleeah sembra voglia richiamarmi, ma non ho le forze per fare niente, nemmeno per voltarmi a guardarla e a parlarle.
Vorrei solo che lui fosse qui.
Vorrei solo che fosse lui a stringermi.

Quelle due parole ancora rimbombano nella mia testa, all'infinito. E sono sicura che non le dimenticherò facilmente, affatto.
Ha detto di amarmi.

È successo veramente o me lo sono immaginata io?

Sembra tutto così surreale, come se vedessi ciò che mi sta accadendo intorno, ma dall'esterno, come se lo stessi osservando da lontano e non ne fossi partecipe io in prima persona. Vedo e sento, ma non metabolizzo, perché l'unica cosa che riesco a ripetermi ancora e ancora sono quelle due semplicissime parole che ha rivolto a me, solo a me.
Mi ha guardata negli occhi, ha annullato per quegli istanti lo spazio e il tempo, non avrei potuto distogliere lo sguardo nemmeno se avessi voluto, mi ha intrappolata nelle sue iridi e mi ha confessato ciò che io non ho avuto mai il coraggio di dirgli.

E ora non so neanche se lo rivedrò più, se potrò più avere la fortuna di incrociare i suoi occhi anche solo per sbaglio e a questa consapevolezza già mi sento soffocare, l'aria comincia quasi a mancarmi mentre incantata, resto a guardare immobile quella strada ormai vuota da cui è sfrecciata via l'auto che conteneva la persona che oramai fa parte di me.

Poi i miei occhi si spalancano all'improvviso, come presi da un'istantanea consapevolezza e l'ansia si rigetta come lava sulla mia pelle, provocandomi la pelle d'oca ovunque.
Strattono Aleeah che si trova ancora vicino a me, con l'ombrello a coprirci.

"Rachel, dov'è?" Bisbiglio quasi come avessi timore nel chiederlo.
Sorride debolmente e sposta gli occhi verso l'entrata, puntando l'indice sempre verso quel punto da cui proprio adesso sta uscendo il mio angelo, accompagnata da un poliziotto.

Immediatamente mi fiondo su di lei, mi abbasso sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza e qualche secondo dopo la stringo a me, così forte e lei mi stringe, così forte.
La sento appoggiare la testa sulla mia spalla, mentre restiamo così, delle lacrime di gioia bagnano il mio volto già precedentemente bagnato a causa della pioggia e un sorriso sincero scoppia sulle mie labbra.
Chiudo gli occhi e assaporo la sensazione di averla di nuovo qui con me, ma soprattutto, la consapevolezza e la sicurezza che ora non potrà accaderle più nulla, non credo esista cosa più appagante e gratificante di ciò.

"Jessy..." sussurra. La mia mano passa dall'alto al basso della sua schiena.

"Amore mio, stai bene, vero?" Mi scanso di qualche centimetro, appoggio le mani ricoprendo con esse quasi interamente il suo volto e accarezzandola con entrambi i pollici.
Analizzo il suo volto, preoccupata, sperando di non trovare alcun segno permanente di qualsiasi tipo e per fortuna non ne ho visti.

"Ora che ci sei tu, sì."

La stringo ancora, cullandola fra le mie braccia. È come se finalmente riuscissi a respirare regolarmente, dopo settimane, mesi, di apnea.
Qualche rumore cattura la mia attenzione e sposto lo sguardo verso le voci che ho udito. Immediatamente sorrido quando vedo alla nostra destra, radunate in un piccolo cerchio, il resto delle bambine. Vestite ancora con i camici bianchi come Rachel, le espressioni confuse e spaventate. I poliziotti provano a parlare con loro ma si limitano a fissarli e rimanere mute. Prendo la mano di Rachel e ci avviciniamo verso di loro. Appena ci notano le bambine si fiondano su mia sorella e poi abbracciano anche me.
Voglio cercare di distrarle, di far dimenticare loro già da subito quello che hanno subìto, perché più ricordano, più soffrono. E questa è l'ultima cosa che voglio.

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