Capitolo 13 - The pact

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Appena entriamo in casa Andrew sbatte la porta con forza mentre io cammino velocemente per potermi andare a rifugiare nella mia stanza.

"Dove pensi di andare?" Cavolo ero quasi arrivata. In pochi secondi mi raggiunge e si appoggia di lato con la schiena alla porta, bloccandomi il passaggio. Inizia a fissarmi compiaciuto, con un'espressione soddisfatta e un ghigno impossibile da togliere.
Sono comunque più sollevata di notare questo suo cambiamento di comportamento che è nettamente migliore rispetto a quando eravamo in taxi.
Quando si comporta in modo scherzoso è quasi simpatico, quasi.
Il suo sopracciglio si alza e continua a squadrarmi insistentemente, per mettermi a disagio e so che lo fa apposta.

Giro i tacchi e mi dirigo verso la cucina, per mettere una qualsiasi cosa dentro lo stomaco, basta che sia cibo.

Rimane dietro di me seguendomi silenziosamente come un cagnolino mentre io non mi faccio problemi ad ignorarlo.
Apro il frigo e prendo una mela addentandola mentre mi siedo su uno sgabello; continuo a mangiarla facendo finta di niente pur sentendomi costantemente a disagio, avendo gli occhi di qualcuno puntati addosso tutto il tempo.
Mi sento sotto esame e odio questa sensazione, non sono libera di far nulla perché mi fissa e quando mi trovo in queste situazioni imbarazzanti inizio sempre a fare figuracce e a comportarmi in modo maldestro. Non che mi importi molto di quello che lui pensi di me, chiaramente.

"Che cos'hai tanto da guardare, si può sapere? C'è qualcosa che non va?" Non reggo più questo silenzio così strano, preferisco litigare e urlare a squarciagola piuttosto che stare zitta, il silenzio è qualcosa che non sopporto, mi lascia da sola con me stessa e subito mi ritrovo a riflettere su tutto quello che sta accadendo e non so quanto possa essere sano per me, non voglio arrivare ad avere un'altra crisi, devo imparare a contenermi.

"Mi chiedi pure se c'è qualcosa che non va? Seriamente, Jessica?" Ecco, quello spicchio di giocosità e allegria che gli avevo visto comparire prima è scomparso completamente, rimpiazzato dal solito Andrew acido e arrabbiato.
Sbuffo e giro la testa dall'altra parte, se vuole rimproverarmi lo faccia pure, ma io so di aver fatto la cosa giusta.
Se al supermercato Andrew non mi avesse vista chissà quante cose avrei potuto scoprire a quest'ora, ma perché deve sempre rovinare tutto?
Sento lo strusciare fastidioso della sedia, provocato accidentalmente, ma resto nella mia posizione fin quando un paio di dita ruvide percorrono la mia mascella fino ad arrivare sotto il mento e alzandomelo leggermente, non avendo via di scampo sono costretta a guardarlo e quando gli presto la mia attenzione lui già lo stava facendo con il suo solito sguardo serio e indagatore.

Successivamente prende la mela dalla mia mano mordendone un pezzo senza mai staccare gli occhi dai miei.
Non posso fare a meno di osservare i suoi lineamenti ora che è così vicino a me, mi ritrovo a percorrere con gli occhi tutte le linee dei suoi zigomi fino a scendere verso le sue labbra fine e rosee che sono impegnate a masticare ed infine la mia attenzione viene attirata dal movimento del suo pomo d'Adamo mentre ingoia la mela.
Mi sento come imprigionata, vorrei non guardarlo ma i miei occhi non ci riescono, sono inchiodati sulla sua figura che ora sta appoggiando la mela sul tavolo e quasi come a rallentatore lo vedo avvicinarsi ancora di più a me.
Sbatto le palpebre un paio di volte per provare a capire quello che sta succedendo, abbassa la testa fino a che i nostri occhi non si trovano uno di fronte all'altro alla stessa altezza e i nostri nasi si sfiorano.
Posa lo sguardo sulle mie labbra e in questo momento se riesco a non diventare rossa è quasi un miracolo.

"Non è finita qui." Sussurra lievemente mentre mi accarezza una guancia e in un batter d'occhio lo vedo uscire dalla cucina.
Espiro immediatamente, anche se non mi ero accorta di aver trattenuto il respiro per tutto questo tempo, troppo presa da altro.
Ora è ufficiale: non riuscirò mai a capire quest'uomo.

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