Capitolo 19 - Back to black

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"Tienimi un attimo questa." Senza neanche guardarlo gli passo la busta fiondandomi davanti ad una vetrina che vende abiti e accessori di ogni genere.

"Non prenderci gusto, oggi è l'eccezione." Mi ricorda per l'ennesima volta.
Alzo gli occhi al cielo facendogli il verso, ma restando ancora di spalle a lui, davanti alla vetrina. "Guarda che ti ho vista." Alle sue parole mi volto e lo trovo osservarmi con un sopracciglio alzato, le braccia incrociate al petto e da esse scendono tutte le buste che ho comprato oggi. In risposta mi limito a fargli la liguaccia e a varcare la soglia del negozio.

Dopo la brutta esperienza che ho passato per colpa della maionese, siamo tornati a casa e abbiamo passato il resto della serata a guardare una commedia stupida che non faceva neanche ridere.
Andrew mi ha spiegato che tutto quello che ho visto alla Camera Obscura era solo un'illusione, fatta apposta per i visitatori, ed ha come scopo quello di ipnotizzarti e catapultarti in un'altra realtà.
È stata un'esperienza strana, ma devo dire che mi è piaciuta.

Questo pomeriggio mi ha letteralmente costretta a fare shopping perché "non posso andare in giro sempre con i soliti stracci." Testuali parole.
Ma di certo non è colpa mia se non ho un'ampia scelta di abbigliamento.
Così ho comprato le cose necessarie come qualche paia di jeans, una felpa, qualche t-shirt e anche un altro paio di scarpe.

Mi guardo intorno ma mi accorgo che questo negozio non fa molto per me, alcuni accessori sono carini, ma per il resto ci sono per la maggior parte tute da militari o per sciare.
Improvvisamente mi ritrovo a camminare all'indietro verso la parte opposta del corridoio e mi rendo conto di essere stata presa per un polso e che Andrew mi sta trascinando come un sacco di patate.
Immediatamente mi stacco dalla sua presa, ma chi si crede di essere? Per lui esistono solo i gesti, le parole sono troppo faticose da usare.

"Smettile di trasportami come se fossi un sacco della spazzatura. E dove stai andando?" Continuo a seguirlo, ma neanche mi guarda, anzi affretta il passo.
Si ferma davanti ad uno scaffale e inizia a prendere una tuta completamente nera e dei guanti dello stesso colore, insieme ad una giacca di pelle, degli occhiali da sole e un cappello.

"Vai a provare questa." Mi passa - o meglio, mi lancia - la tuta, l'afferro perplessa, non capendo questo suo modo di comportarsi.

"Ma che ti prende? E poi perché devo provarla?"

"Avevi promesso nessuna domanda. Ora vai e prova quella tuta." Mi mordo l'interno guancia per frenare l'istinto di urlargli in faccia, ma ha ragione.
Non posso fare domande.
Mannaggia a me e a quel patto.
Ma ho l'impressione che anche se non esistesse, lui non mi avrebbe detto il motivo a prescindere.
Dopo essermi cambiata, mi osservo per qualche secondo con la tuta indosso, è molto aderente e ha delle tasche ai fianchi e una più piccola sul petto.
La misura è giusta e mi sento quasi una di quegli agenti segreti che devono compiere delle missioni importanti.
Sono sicura che Andrew abbia già qualcosa in mente, sennò a quest'ora non mi avrebbe fatto indossare questa tuta senza motivo.
Subito dopo scosto la tenda del camerino e immediatamente si volta, soffermandosi su tutto il mio corpo senza farsi troppi scrupoli.

"È perfetta. Tu ora cambiati, io vado a pagare il resto."

Perfetta.

Perfetta per cosa? Vorrei chiedergli.

Appena usciti ci siamo - o meglio, Andrew si è fiondato - dentro la sua macchina ed è sfrecciato per tornare a casa.
Durante tutto il tragitto non ho aperto bocca, lo vedevo, vedevo che era arrabbiato, c'era qualcosa che lo tormentava, che non lo lasciava in pace, ma non volevo infierire ancora di più così lo lasciai ai suoi pensieri.

"Domani torniamo a Londra." Esordisce di punto in bianco.
Distolgo lo sguardo dal finestrino per rivolgerlo a lui che continua a guidare, senza prendersi la briga di darmi altre spiegazioni.

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