Capitolo 29

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Donna Stewart era la classica donna aristocratica ed indipendente.

La sua carriera era iniziata come assistente, per poi diventare un'imprenditrice vera e propria. Con più di cinque fidanzamenti e quattro matrimoni alle spalle, continuava la sua scalata per arrivare all'apice del successo.

Davanti a tutti si mostrava come la classica donna glaciale e che pensava solo al suo conto in banca. In realtà, dietro la sua maschera, c'era molto di più, solo che fingeva che non esistesse. Bugie, tradimenti, segreti, fallimenti.

Il suo più grande fallimento, e se n'era accorta troppo tardi, era stato come madre.

Da quando si era ritrovata incinta di sua figlia Spencer, una parte di sé, la più grande, la vedeva come un intralcio per la sua carriera. Quando ebbe saputo dell'inaspettata gravidanza, si era preoccupata prima della sua immagine, poi di ciò che provava la figlia.

Era un sabato come gli altri, ma Donna Stewart aveva deciso di andare a trovare la figlia che non vedeva da molto tempo.

Con il suo tailleur, il suo chignon ordinato e i suoi accessori, nessuno avrebbe mai pensato che stesse per andare a trovare la figlia.

Suonò il campanello e, in quel momento, si rese conto di quanto fosse stata inappropriata andare lì, su due piedi, senza neanche pensarci.

"Oh, salve signora Stewart" Jacob le aprì la porta, sorpreso di vederla ed un po' in imbarazzo.

"Ciao Jacob, mia figlia è in casa?" Cercò di non mostrare il nervosismo e di rispettare le sue regole riguardo la calma.

"Si, si, gliela chiamo subito. Ma prego si accomodi" entrò dentro la casa con sguardo curioso. Si guardò attorno, mentre vide gli altri salutarla mentre la facevano accomodare. Pochi secondi dopo, sua figlia Spencer scese le scale insieme ad un ragazzo. Aveva qualcosa di familiare e la prima cosa a colpirla, furono gli occhi.

Lo sguardo di sua figlia era freddo ed impenetrabile. La osservava semplicemente, senza ancora aver detto una parola.

"Che ci fai qui, mamma?"

La donna era incerta su cosa rispondere. Voleva chiederle scusa e prendersi le colpe per non esserci stata.

"Potremmo avere questa conversazione in.. privato?" Domandò guardando i cinque ragazzi che rimanevano con il fiato sospeso per vedere cosa sarebbe successo.

"Non ce n'è bisogno, sono parte della mia famiglia e rimangono" notò come sua figlia fosse cambiata. Qualsiasi atteggiamento, modo o movimento le ricordava che aveva perso un pezzo importante della sua vita. Vide come aveva tinto i capelli, come il suo viso somigliasse a quello di una bambina, ma con uno sguardo così freddo, da fartelo sentire anche solo guardandola.

"No, Spence, noi andiamo, okay? Per qualsiasi cosa chiamaci" sussurrò William prendendola dalle spalle e spostandole una ciocca di capelli. Le diede un bacio sulla fronte, per poi raggiungere le scale insieme agli altri.

"Chi è? Il tuo ragazzo?" Spencer strinse gli occhi, guardandola. Si domandava come mai fosse lì, davanti a lei, senza neanche darle una spiegazione. Era arrabbiata. Non era un mix di emozioni, solo arrabbiata.
"Non sono affari tuoi. Sei qui senza neanche una dannata spiegazione dopo quanto? Un anno? Forse due di completo menefreghismo riguardo la mia esistenza. Quindi adesso, invece di cercare di fare la mamma premurosa, dimmi il motivo per cui sei qui"

"Non trattarmi così, Spencer. Sono pur sempre tua madre, ti ho dato la vita" la bionda quasi rise a quell'affermazione.

"Per poi fregartene. Non mi sei mai stata accanto, ho visto più affetto verso gli uomini che dicevi di amare che verso di me! Io che ero tua figlia. E la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato quando avresti potuto dimostrarti una vera madre, ma non lo hai fatto" ricordava ancora ogni singola parola di quella conversazione. Vedeva ancora lo sguardo di completo sdegno da parte di sua madre.

Come un fiore d'inverno [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora