1. Buon compleanno

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Bip. Bip. Bip.

"Buon compleanno, Thomas".

Come puoi definirlo tale, papà? Mi trattenni dal dirlo ad alta voce. Non volevo farlo soffrire di più. Lui si era anche sforzato di farmi un piccolo sorriso.

Avrei dovuto ringraziare che si fosse ricordato che giorno era, piuttosto. Che non si fosse dimenticato del mio compleanno. Mi chiesi in effetti se lo avesse ricordato soltanto adesso nell'arco della giornata o se avesse trovato il coraggio di dire quelle parole soltanto allora.

Bip. Bip. Bip.

"Grazie, papà".

Diciassette era un numero sfigato. Compiere diciassette anni mi avrebbe portato altra sfiga? No, ti prego. Ne abbiamo avute già abbastanza.

Bip. Bip. Bip.

"Porti a casa tuo fratello?" mi chiese mio padre, passandosi una mano sugli occhi stanchi e di un blu così uguale al mio. Come se avessi modo di farlo. Mi mancava ancora un anno per poter prendere la patente.

"Zio Jake passa a prenderci tra poco. Anche se..." mi interruppi, guardando la dita di mio padre intrecciate a quelle della mamma sopra al lenzuolo bianco. Non avevo il coraggio di sollevare lo sguardo e poggiarlo oltre, sul suo viso pallido e completamente spento.

"Anche se...?" ripeté mio padre, incitandomi a continuare.

Lanciai uno sguardo alla figura addormentata di mio fratello, rannicchiato in posizione fetale sulla poltrona della stanza con la giacca di papà a coprirlo. Sospirai.

"E se dovesse svegliarsi?" chiesi alludendo al fatto che non riuscisse a dormire più se papà non era con lui nella stanza, preferibilmente nello stesso letto.

"Non lo farà. Era troppo stanco. In ogni caso sistemalo nel mio letto. Tornerò più tardi".

Erano già le undici e mezza e noi domani dovevamo andare a scuola. A che ora sarebbe tornato a casa lui? Sapevo che aveva bisogno del suo spazio, ma non poteva restare lì tutto quel tempo. Anche noi avevamo bisogno di lui.

"Va bene". Nello stesso momento il trillo del messaggio in arrivo sul mio cellulare ci interruppe. Lo tirai fuori dalla tasca e vidi che si trattava di zio Jake. Raggiunsi mio fratello e gli tolsi la giacca, prima di afferrarlo dolcemente e sistemarmelo in braccio. La sua testa si adagiò sulla mia spalla e lo sentii sospirare, ma il suo corpo continuò a restare rilassato e abbandonato, completamente immerso nel sonno. Dio, era così leggero, così facile da sollevare. Mi chiesi se mio padre si fosse accorto quanto il suo bambino di otto anni fosse dimagrito in un solo mese. Beh supponevo di sì, dato quanto tempo trascorreva in braccio a lui. Ma nonostante tutto non aveva ancora detto una parola al riguardo.

"Non si sveglierà. Sai quanto è pesante il sonno di Lucas" disse con lo sguardo fisso su di noi, come se fosse rimasto ancora al discorso di prima.

Mi diressi alla porta e prima di andar via non riuscii a trattenermi dal dire: "Non più, papà". E lo avevo soltanto sussurrato, ma in mezzo a quel silenzio affilato sapevo che lui mi aveva sentito perfettamente.

-

Salii nel sedile posteriore della macchina di mio zio, in modo che potessi sistemarmi senza staccarmi da Lucas.

L'uomo dai capelli biondi mi guardò dallo specchietto retrovisore e mi fece un piccolo sorriso, che io non riuscii a ricambiare. Riuscivo soltanto a pensare che nella mia classifica dei compleanni, quello era stato in assoluto il peggiore.

Per tutto il tragitto restammo in silenzio e io fui grato del fatto che lui non avesse cercato di forzarmi a conversare. Si fermò davanti alla nostra villa, dopo aver aperto il cancello con il telecomando e aver attraversato il vialetto.

Avrò Cura Di Te 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora