3. Quel plettro

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"Ti prego, Lucas. Mangia" dissi per l'ennesima volta, esasperato.

Lui scosse la testa. "Ti prego, babe. Puoi farlo per me? Mangiamo il gelato dopo" cercai di mediare, ma Lucas non era mai stato come Thomas. Corromperlo con il cibo non mi avrebbe portato da nessuna parte. Soprattutto quando il problema era proprio il non voler mangiare.

Lucas scosse ulteriormente la testa e io mi passai una mano tra i capelli.

"Ma è buona. Come piace a te" dissi, guardando la carne ricoperta di formaggio fuso.

I suoi occhi si riempirono immediatamente di lacrime e potevo benissimo immaginare il perché: non era stata Spencer a cucinarla.

"Lucas" allungai la mano verso il suo viso, ma prima che potessi accarezzarlo, scoppiò a piangere.

Sospirai stancamente. "Vieni qui, amore" dissi e lui scese dalla sedia e mi raggiunse, continuando a singhiozzare. Lo presi in braccio e lui si aggrappò immediatamente al mio collo.

Nello stesso momento il rumore di un piatto che veniva spinto sul tavolo, mi fece voltare verso Thomas.

"Non ti ci mettere anche tu" lo guardai storto, notando il suo piatto praticamente intatto.

"Non ho più fame. Posso alzarmi?" mi chiese con un'espressione dura.

"No".

"Ma ho finito".

"Qui nessuno ha finito" stavo perdendo la pazienza. "Non ci alzeremo da qui fino a quando..." Lucas iniziò ad ansimare tra le lacrime e gli passai una mano sulla schiena. "Ssh, babe. Non è niente" cercai di farlo calmare con poco successo. Lucas iniziò a tossire e io mi alzai in piedi, tenendolo in braccio e iniziando a camminare per la cucina. "Ehi, ehi".

"Avevi detto che nessuno si sarebbe alzato!" esclamò il mio maggiore nel frattempo.

"Thomas!". Non volevo urlare, davvero. Non quando avevo Lucas in braccio che sembrava potesse farsi male da un momento all'altro solo con il suo pianto disperato. Ma era stato più forte di me.

"Perché devi obbligarmi? Ho un'età in cui potrei scegliere cosa è giusto per me!" mi accusò, alludendo anche al fatto che lo avessi "convinto" a non interrompere gli studi, per me, per se stesso e per suo fratello.

"Alzati. Togliti dalla mia vista. Muoviti" dissi, senza più un briciolo di pazienza.

"Grazie" disse ironicamente e tolse via il suo piatto, buttando il cibo intatto nella spazzatura, prima di uscire dalla stanza.

"Ehi, ehi, Lucas. Devi calmarti, amore. Non voglio che ti senta male" dissi, facendogli cerchi rassicuranti sulla schiena e baciandogli la testa.

Continuai a cullarlo per un po' e fortunatamente il suo pianto si alleviò. Poggiò la testa sulla mia spalla e chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire di tanto in tanto qualche singhiozzo morbido o qualche tirar su con il naso.

Andai a sedermi, sistemandomelo in grembo e lui tornò a mostrarmi il viso. Gli passai la mano sulle guance dolcemente, cercando di togliere le ultime tracce di lacrime.

"Mangia qualcosa per papà, per favore" tentai di nuovo, prendendo un piccolo pezzo di carne dal mio piatto con la forchetta.

"Non ho fame, papà" mi disse con voce bassa e piagnucolante.

"Lo so, tesoro. Ma devi mangiare qualcosa. Solo un po', coraggio". Gli portai la forchetta alla bocca e lui l'aprì riluttante.

Masticò il suo boccone e poi mi indicò. "Anche tu".

E così feci. Se dividere il pasto serviva per farlo mangiare, lo avrei fatto sempre senza esitare.

Riuscimmo a finire almeno il mio piatto e lo lodai per questo. Nonostante fosse poco, ero riuscito a fargli mangiare qualcosa.

Avrò Cura Di Te 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora